ROMA. La Bce non può essere considerata responsabile delle perdite subite dai detentori di titoli greci nel 2012, in occasione del cosiddetto “haircurt”, la riduzione del debito greco. Lo ha dichiarato la corte di giustizia europea, in una causa intentata da più di 200 detentori privati di titoli greci ( essenzialmente cittadini italiani). Questi hanno chiesto al tribunale Ue di condannare la Bce, a risarcire il danno loro causato per un ammontare di 12 milioni di euro. Secondo i ricorrenti l’Eurotower, avrebbe violato la buona fede e le legittime aspettative degli investitori privati, nonché il principio di certezza giuridica e il principio di uguaglianza di trattamento. L’accordo del 15 febbraio 2012, stabiliva che i titoli del debito greco detenuti dalla Bce, e dalle banche centrali nazionali sarebbero stati scambiati contro nuovi titoli aventi valore nominale, tasso d’interesse e date di scadenza e di pagamento degli interessi identici a quelli dei titoli scambiati, ma con numeri di serie e date di emissione diverse. Contemporaneamente, le autorità greche e il settore privato concordavano uno scambio volontario e un taglio del valore nominale dei titoli scambiati del 53,5%. Inoltre, con decisione del 5 marzo 2012, la Bce aveva stabilito come garanzia per le operazioni creditizie dell’Eurosistema, di subordinare l’utilizzo dei titoli del debito greco che non raggiungono la soglia minima di qualità creditizia alla prestazione, da parte della Grecia a favore delle banche centrali nazionali, di un rafforzamento creditizio, sotto forma di programma di riacquisto. Secondo i cittadini, con il pretesto dei suoi compiti di politica monetaria, la Bce si sarebbe riservata uno status di creditore di rango privilegiato a danno del settore privato. Il tribunale Ue ha stabilito, che gli investitori privati non possono avvalersi del principio di protezione della buona fede né del principio di certezza giuridica in un ambito come quello della politica monetaria, inoltre gli investitori privati avrebbero dovuto conoscere la situazione economica altamente instabile, che determinava la variazione dei valori dei titoli greci. In merito alle dichiarazioni pubbliche di esponenti della Bce, queste “ avevano un contenuto generico e provenivano da istituzioni che non era competente a decidere di un’eventuale ristrutturazione del debito pubblico di uno stato membro, non fornivano assicurazioni precise e incondizionate provenienti da fonti autorizzate capaci, di creare legittime aspettative”. Infine, il tribunale stabilisce che il principio generale di uguaglianza di trattamento non può essere applicato, dato che i risparmiatori da un lato e la Bce dall’altro, non si trovano in una situazione comparabile di fronte alla crisi greca.
Fabio D’Amora