Il Movimento Cinque Stelle agita la maggioranza: davvero i pentastellati vogliono mettere in crisi l’esecutivo del premier?
Dopo la mossa dei Cinque Stelle, che hanno abbandonato la Camera nel momento in cui si votava il dl Aiuti – passato lo stesso – e la salita del presidente del Consiglio Mario Draghi al Quirinale – una specie di prova generale in vista di una possibile crisi di governo – gli occhi sono tutti puntati su quanto potrebbe succedere oggi.
Tra poche ora infatti si vota il dl Aiuti, stavolta al Senato: dentro c’è il via libera al termovalorizzatore di Roma, che i Cinque Stelle non vogliono. E poi sul provvedimento, che va convertito entro venerdì, c’è la fiducia: forte la tentazione dei pentastellati di non votarlo, ma così cadrebbe l’esecutivo.
Uno scenario ha a che fare con la fuoriuscita del Movimento Cinque Stelle dal perimetro della maggioranza. Numeri alla mano, una maggioranza, anche al Senato, ci sarebbe ancora, anche senza i pentastellati. Si tratterebbe naturalmente di sostituire i ministri M5s. Gli equilibri, a questo punto, potrebbero essere riscritti a favore del centrodestra.
Questo è ciò che forse auspicava Berlusconi quando ha chiesto al premier una verifica della maggioranza: però non è detto che il Partito Democratico accetti di stare in un esecutivo in cui a trainare sono Berlusconi e la Lega.
Cade l’esecutivo? Mario Draghi ha escluso una maggioranza diversa da quella attuale
Ci sarebbe anche da ricordare che è stato proprio Draghi a dire che non avrebbe guidato un governo in questa legislatura senza l’appoggio del Movimento: si è complicato la vita da solo, perché, se volesse mantenersi fedele a tale proposito, dovrebbe, dopo l’eventuale fuoriuscita di Conte e dei suoi, fare la valige e lasciare Palazzo Chigi.
Però nessuno vede l’addio dell’ex banchiere come una strada davvero percorribile, non con la crisi economica e sociale attualmente in corso: inflazione, pandemia, guerra.
Un altro scenario vede l’astensione parziale dei più anti Draghi tra i senatori grillini. Significherebbe secondo gli analisti una buona notizia per il governo ma pessima per la leadership dell’avvocato pugliese: la sua guida sarebbe a questo punto messa in discussione.
C’è anche da ricordare, in chiusura, che una rottura con Draghi significherebbe per il Movimento anche far naufragare ogni speranza di un’alleanza in chiave elettorale con Pd. Con i numeri dell’M5s in termini di preferenze di voto nei sondaggi, potrebbe essere la fine di ogni chance, per il Movimento, di contare qualcosa negli equilibri post voto politico.
Ma è ancora più difficile rompere dopo che il presidente del Consiglio ti ha dato abbastanza ragione sull’urgenza di un intervento a favore del potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati: come fai adesso a trovare una scusa credibile per prendere cappello?
All’incontro con i leader di Cgil Cisl e Uil insieme al presidente del Consiglio c’erano Andrea Orlando, architetto della possibile soluzione sul salario minimo agganciato ai più comuni contratti, Stefano Patuanelli e Giancarlo Giorgetti – entrambi silenti – e il più draghiano di tutti, Renato Brunetta: cioè i tutti i partiti di una coalizione che fibrilla mentre promette soldi ai lavoratori. A memoria del cronista, una situazione inedita. Su questo fa leva un preoccupatissimo Enrico Letta che ha visto il premier ed è impegnato a evitare il deragliamento della legislatura proprio in questo momento. Il Nazareno come al solito appoggia Draghi ma ancora non ha capito che dimensione avrà l’intervento finanziario.
Conte sta facendo il “tergicristallo”, ossia corre da una parte e dall’altra – mentre, al di là della rete, Draghi non si scompone – costretto a sparare colpi a casaccio, con metà dei suoi fan che lo incitano a tirare sempre più forte e l’altra metà che gli consiglia di rallentare il ritmo, e così il buonuomo si trova ad essere pressato su entrambi i fianchi, una condizione impossibile che non gli consente di ragionare.
Draghi spiega come al solito per filo e per segno perché occorra un intervento «urgente» (non ha quantificato ma ha parlato di cuneo fiscale, salario minimo, rinnovo dei contratti, misure di contrasto all’aumento dei prezzi) viene da chiedere ai grillini cosa c’è che non va.
Gliel’ha proprio sbattuto sul muro, il premier: insomma, se soffrite a stare al governo, ditelo.
C’è l’ipotesi che i contiani non votano la fiducia sul dl Aiuti ma senza ritiro dei ministri, rinvio di Draghi in Parlamento e ricomposizione della maggioranza. Ma tutto è ancora aperto. Finché l’avvocato del populismo non farà marcia indietro rendendosi conto che far saltare il governo nel momento in cui propone soldi per il Paese è da dissociati. Lavoro da psichiatria…