Cos’è un cercapersone, come funziona e come può esplodere

Il cercapersone, conosciuto in inglese come “pager” o “beeper”, è un dispositivo elettronico portatile utilizzato principalmente per ricevere brevi messaggi di testo o avvisi. Diffuso a partire dagli anni ’50 e molto popolare tra gli anni ’80 e ’90, il cercapersone ha trovato applicazione in diversi contesti, come ospedali e strutture sanitarie. Con l’avvento degli smartphone l’uso del cercapersone è andato gradualmente riducendosi, anche se rimane ancora in uso in alcune situazioni particolari.

Recentemente i cercapersone sono tornati alla ribalta a causa di un evento tragico: il 17 settembre centinaia di pager utilizzati dai membri del gruppo paramilitare libanese Hezbollah sono esplosi simultaneamente, causando diverse vittime.

Come funziona un cercapersone tascabile o pager

Il funzionamento di un cercapersone è relativamente semplice. Si tratta di un dispositivo che riceve segnali radio contenenti messaggi o notifiche inviate da una centrale o da un server dedicato. Quando un messaggio viene inviato il cercapersone emette un segnale acustico, una vibrazione o accende una luce per avvisare l’utente. Nei modelli più avanzati, l’utente può visualizzare messaggi di testo o numeri di telefono e, in alcuni casi, rispondere o effettuare chiamate verso numeri predefiniti.

Il cercapersone non ha bisogno di una connessione a internet o di copertura di rete cellulare, poiché utilizza frequenze radio per le comunicazioni. Questa caratteristica lo rende particolarmente utile in aree con scarsa copertura di rete o in situazioni di emergenza, dove le infrastrutture di comunicazione tradizionali potrebbero non funzionare. Inoltre non trasmette continuamente la posizione dell’utente, rendendolo più difficile da tracciare rispetto a un telefono cellulare.

Questa semplicità tecnica e la mancanza di funzionalità di geolocalizzazione hanno reso i cercapersone popolari tra gruppi che cercano di evitare la sorveglianza elettronica. Un esempio recente è l’uso da parte di Hezbollah, che ha scelto di distribuire questi dispositivi ai propri membri dopo aver deciso di limitare l’uso degli smartphone. Gli smartphone, infatti, possono essere facilmente tracciati attraverso segnali GPS o reti cellulari, rendendo i loro utenti vulnerabili agli attacchi da parte di agenzie di intelligence come il Mossad israeliano. I cercapersone, invece, offrivano una maggiore sicurezza in termini di tracciabilità, pur mantenendo la capacità di inviare messaggi veloci e affidabili.

Cercapersone esplosi dopo la manomissione: il caso

Il 17 settembre il Libano è stato scosso da un evento drammatico: centinaia di cercapersone utilizzati dai membri di Hezbollah sono esplosi contemporaneamente in varie località del paese, tra cui la capitale Beirut e la valle della Beqaa. L’esplosione ha causato almeno 18 morti e circa 4000 feriti. La dinamica dell’incidente ha subito posto sospetti su un possibile attacco deliberato, con diverse teorie che sono state avanzate per spiegare l’origine delle esplosioni.

Il modello di cercapersone coinvolto, identificato come AR924, era stato acquistato da Hezbollah dalla Gold Apollo, una compagnia con sede a Taiwan. I dispositivi erano stati distribuiti ai membri dell’organizzazione da pochi mesi, dopo che Hezbollah aveva deciso di abbandonare l’uso degli smartphone per questioni di sicurezza. È emerso che questi cercapersone potevano essere stati manomessi o sabotati prima di essere consegnati.

Una delle prime ipotesi riguardo alle esplosioni è legata a un possibile surriscaldamento delle batterie al litio, un fenomeno noto in dispositivi elettronici moderni, si sa che i power bank possono esplodere. Le batterie al litio, se sottoposte a stress eccessivo, possono surriscaldarsi e, in alcuni casi, esplodere. Ma gli esperti hanno rapidamente scartato questa teoria come causa principale dell’incidente. La spiegazione più probabile è che le esplosioni siano state causate da una microcarica esplosiva inserita all’interno dei dispositivi, attivata a distanza tramite un segnale radio.

Secondo alcune fonti di intelligence la microcarica esplosiva sarebbe stata inserita nei cercapersone durante la fase di produzione o distribuzione. Questi ordigni sarebbero stati innescati da un messaggio inviato simultaneamente a tutti i dispositivi coinvolti. In questo modo i cercapersone avrebbero suonato per alcuni secondi prima di esplodere, causando danni devastanti tra gli utenti che li portavano addosso.

Un’altra ipotesi suggerisce che i cercapersone potrebbero essere stati attaccati tramite un malware installato nei dispositivi. Questo attacco hacker sulla batteria, attivato da un messaggio di testo, avrebbe potuto sovraccaricare i circuiti del cercapersone, causando il surriscaldamento della batteria e infine l’esplosione.

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