Così le Regioni si spartiranno i 110 miliardi destinati alla sanità

Il Servizio sanitario nazionale (sigla SSN), nell’ordinamento giuridico italiano, identifica il complesso delle funzioni, delle attività e dei servizi assistenziali gestiti ed erogati dallo Stato italiano.

Prima della sua istituzione il sistema assistenziale-sanitario era basato su numerosi ‘enti mutualistici’ o ‘casse mutue’.  Il più importante tra di essi era l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie (INAM). Ciascun ente era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, erano obbligatoriamente iscritti allo stesso e, in questo modo, fruivano dell’assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro. Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all’essere cittadino ma all’essere lavoratore con conseguenti casi di mancata copertura; vi erano, inoltre, sperequazioni tra gli stessi assistiti, vista la disomogeneità delle prestazioni assicurate dalle varie casse mutue. Questo sistema era complessivamente e popolarmente chiamato mutua sanitaria, termine che in Italia è stato utilizzato per tantissimo tempo anche dopo il suo superamento tanto che ogni tanto è tuttora impiegato come sinonimo dell’attuale SSN.

La legge 13 marzo 1958, n. 296 – emanata durante il Governo Fanfani II – istituì per la prima volta in Italia il Ministero della sanità, scorporandolo dal Ministero dell’Interno. Con la legge 12 febbraio 1968, n. 132  fu riformato il sistema degli ospedali, fino ad allora per lo più gestiti da enti di assistenza e beneficenza, trasformandoli in enti pubblici, enti ospedalieri,  e disciplinandone l’organizzazione, la classificazione in categorie, le funzioni nell’ambito della programmazione nazionale e regionale ed il finanziamento.

La legge 17 agosto 1974, n. 386 estinse i debiti accumulati dagli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, sciolse i consigli di amministrazione dei primi e ne dispose il commissariamento, trasferendo i compiti in materia di assistenza ospedaliera alle regioni.

Infine la legge 23 dicembre 1978, n. 833 soppresse il sistema mutualistico ed istituì il ‘Servizio sanitario nazionale’, con decorrenza dal 1º luglio 1980.

Il diritto alla salute trova fondamento nell’art. 32 della Costituzione, e particolare applicazione nella legge 30 luglio 1998 n. 281.

A partire dagli anni ’80, il concetto di salute da bene universale e gratuito è progressivamente mutato in quello di bene necessario per l’equità (una concessione), come una fatto di equità verso i poveri, piuttosto che come un bene per tutti quelli che sono presenti nella società.

Il Decreto Bindi n. 229/1999 per il settore sanitario introduceva una disciplina, motivata dal potenziale conflitto di interesse, per i medici dipendenti in servizio presso le ASL con il divieto di svolgere attività privata all’interno delle strutture pubbliche (intra-moenia) o esternamente, e l’obbligo di scelta fra una delle due tipologie di attività. Successivamente, è stata reintrodotta la possibilità di svolgere attività pubblica e privata intra-moenia.

Con la trasformazione delle strutture pubbliche da Unità Sanitarie Locali (USL) in Aziende Sanitarie Locali (ASL), in concorrenza tra loro, entrano nel settore sanitario, come in altri ambiti della pubblica amministrazione, logiche nate e proprie delle aziende private, quali l’attenzione al costo e al risultato ed alla qualità del servizio erogato.

Attraverso esso viene data attuazione all’art. 32 della Costituzione italiana che sancisce il ‘diritto alla salute’ di tutti gli individui. Si pone dunque come un sistema pubblico di carattere ‘universalistico’, tipico di uno stato sociale, che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, finanziato dallo Stato stesso attraverso la fiscalità generale e le entrate dirette, percepite dalle aziende sanitarie locali attraverso ticket sanitari (cioè delle quote con cui l’assistito contribuisce alle spese) e prestazioni a pagamento.

Esso è costituito sostanzialmente dai vari servizi sanitari regionali, dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale e dallo Stato, volte a garantire l’assistenza sanitaria ovvero la tutela o salvaguardia della salute dei cittadini, qualificato dalla legge italiana come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.

In base al principio di sussidiarietà, il servizio sanitario è articolato secondo diversi livelli di responsabilità e di governo: livello centrale – lo Stato ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte sistema di garanzie, attraverso i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); livello regionale – le Regioni hanno la responsabilità diretta della realizzazione del governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del Paese.

Le Regioni hanno competenza esclusiva nella regolamentazione ed organizzazione di servizi e di attività destinate alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Aziende Sanitarie Locali e delle aziende ospedaliere, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie nel rispetto dei principi generali fissati dalle leggi dello Stato.

Le Regioni hanno raggiunto l’accordo sulla spartizione delle risorse del Fondo sanitario nazionale per il 2017: 110 miliardi di euro in totale che dovranno dare benzina ai servizi sanitari regionali per l’anno in corso.

Il mio  è un giudizio positivo per tre motivi, ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Prima di tutto per la tempistica. Anche quest’anno abbiamo chiuso il riparto relativo ai fondi per la sanità a febbraio. Questo nonostante la normativa prevista e i vincoli siano più stringenti rispetto al passato. Secondariamente,  ha proseguito Bonaccini, è molto importante che questa ripartizione abbia consentito di avviare un primo passo verso la revisione dei criteri, considerando prima di tutto la popolazione anziana, ma dando un primo segnale concreto all’indice di deprivazione per quelle regioni in cui l’età media della popolazione risulta nettamente inferiore alla media nazionale.

Infine sono particolarmente lieto che non sia mancato un forte segnale di solidarietà interregionale, nell’ambito del riparto infatti abbiamo tenuto conto della particolare e drammatica situazione che stanno vivendo le regioni colpite recentemente dal terremoto destinando a queste zone circa 10 milioni in più.

La proposta delle Regioni sarà ora inoltrata al ministro della Salute. Dopo la sua approvazione potrà iniziare l’erogazione delle risorse.

Naomi Sally Santangelo

 

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