Un nuovo studio pubblicato su ‘Scientific Reports’ rivela in che modo morirono gli abitanti di Pompei durante l’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 dopo Cristo. Lo studio, intitolato “The impact of pyroclastic density currents duration on humans: the case of the AD 79 eruption of Vesuvius” è stato condotto dall’Università degli Studi di Bari – Dipartimento Scienze della Terra e Geoambientali, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il British Geological Survey di Edimburgo.
Secondo quanto rivelato dallo studio, le ceneri vulcaniche trasportate dalle correnti vennero inalate dagli abitanti di Pompei, provocando asfissia. Il tutto, stando alle ricostruzioni, avvenne nel giro di un quarto d’ora di tempo. I ricercatori hanno svolto studi sui depositi piroclastici presenti all’interno degli scavi archeologici di Pompei, dove è stato da poco restaurato l’affresco del giardino della Casa dei Ceii, arrivando a determinare i parametri fisico-meccanici delle rocce. Attraverso i dati ottenuti, è stato sviluppato un modello matematico che ha permesso di effettuare simulazioni numeriche riguardo quella che è considerata come una delle più grandi catastrofi della storia dell’umanità.
L’obiettivo del lavoro era quello di sviluppare un modello che consentisse di quantificare l’impatto dei flussi piroclastici sugli abitanti di Pompei. I flussi piroclastici rappresentano il fenomeno più devastante delle eruzioni esplosive: possono essere paragonati alle valanghe perché si generano a partire dal collasso della colonna eruttiva e scorrono lungo le pendici del vulcano a grande velocità e alta temperatura, con un’altissima concentrazione di particelle.
Lo studio condotto dal Dipartimento Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università degli Studi di Bari, insieme con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il British Geological Survey di Edimburgo a Pompei, uno dei luoghi Patrimonio dell’Unesco in Italia, ha portato alla conclusione che il passaggio delle correnti piroclastiche è avvenuto in un lasso di tempo compreso tra i dieci e i venti minuti.
Il modello elaborato per la ricerca pubblicata su ‘Scientific Reports‘ assume un valore ancora più importante perché essere applicato anche ad altri vulcani attivi, allo scopo di comprendere la durata dei flussi piroclastici e i danni da un’eruzione anche a distanze dove la temperatura e la pressione delle correnti piroclastiche non provoca più effetti dannosi per l’uomo e per l’ambiente.