Il Parlamento europeo ha votato a maggioranza una mozione che chiede di inserire l’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. La mozione, passata con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astenuti, è stata presentata da S&D, Renew, Verdi e Sinistra e sostenuta anche da una quarantina di eurodeputati del Ppe. Il testo, di fatto, vorrebbe estendere all’intera Unione la linea adottata dalla Francia a inizio marzo con l’inserimento del diritto all’aborto in Costituzione.
Dopo l’inserimento nella Costituzione francese, della garanzia della libertà per le donne di ricorrere all’aborto, è la Pontificia Accademia per la Vita che, in una nota sottolinea di sostenere la posizione già esposta dalla stessa Conferenza Episcopale francese (CEF) che il 29 febbraio scorso, aveva ribadito che “l’aborto, che rimane un attentato alla vita fin dall’inizio, non può essere visto esclusivamente nella prospettiva dei diritti delle donne”, rammaricandosi che “il dibattito avviato non abbia menzionato le misure di sostegno per coloro che vorrebbero tenere il proprio figlio”.
Quindi la presa di posizione ufficiale della Pontificia Accademia per la Vita, non fa altro che ribadire che “proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un diritto a sopprimere una vita umana”. L’organismo vaticano si rivolge, quindi, “a tutti i governi e a tutte le tradizioni religiose”, perché diano “il meglio affinché in questa fase della Storia, la tutela della vita diventi una priorità assoluta, con passi concreti a favore della pace e della giustizia sociale, con misure effettive per un universale accesso alle risorse, all’educazione, alla salute”.
Secondo la Santa Sede “la tutela della vita umana è il primo obiettivo dell’umanità e può svilupparsi soltanto in un mondo privo di conflitti e lacerazioni, con una scienza, una tecnologia, un’industria a servizio della persona umana e della fraternità”.
La nota termina con una citazione di Papa Francesco (pronunciata nel corso dell’Udienza Generale del 25 marzo 2020), laddove Bergoglio affermò che per la Chiesa cattolica, “la difesa della vita non è un’ideologia, è una realtà, una realtà umana che coinvolge tutti i cristiani, proprio perché cristiani e perché umani”.
L’inclusione dell’aborto nella Costituzione ha un ampio consenso anche tra la popolazione francese, oltre l’80% degli intervistati in diversi sondaggi la sostiene. Il ricorso all’aborto è già garantito nel diritto francese dalla legge Simone Veil, approvata nel 1975, ma inserirlo nella Costituzione renderebbe più difficile una sua revoca da parte di governi contrari.
Per parte italiana la risoluzione è stata approvata con i voti di Pd, M5S, Verdi e Azione, ai quali si aggiunge il voto di Alessandra Mussolini, unica della delegazione azzurra che si è espressa a favore. Per il resto, tutto il centrodestra ha votato compattamente contro. La mozione non è vincolante e una modifica della Carta richiederebbe un voto unanime da parte di tutti gli Stati membri. Dunque, ciò che chiede non solo non è all’ordine del giorno, ma non ha prospettive di esserlo. Ciononostante, il testo ha un suo specifico significato politico.
Il voto “è un indicatore inquietante di quale progetto sociale abbiano in mente le sinistre per il futuro dell’Europa”, si legge in una nota del copresidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo Nicola Procaccini, del capodelegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles Carlo Fidanza e dell’eurodeputato di FdI Vincenzo Sofo, componente della commissione Libe. “Come FdI abbiamo sostenuto la mozione presentata dall’Ecr, che l’aula ha bocciato, che respinge la proposta di modificare la Carta dei diritti fondamentali in modi che potrebbero limitare o violare i diritti umani, e che esprime preoccupazione perché tali discussioni vanno oltre le competenze europee”. “Questa risoluzione – hanno aggiunto – ha un approccio ideologico e pericoloso, non solo contro il diritto alla vita, ma anche contro i Trattati europei, che attribuiscono questi temi alla competenza esclusiva di ogni Stato membro. Spetta infatti ai cittadini di ogni Nazione, scegliendo con il voto i propri governi e parlamenti, esprimersi sui temi etici”.
Sul caso, quanto mai divisivo, è intervenuta anche la responsabile del Dipartimento famiglia della Lega, Simona Baldassarre, che ha espresso “sconcerto”. “Sarebbe fuorviante, come fa la sinistra, semplificare il dibattito ad un semplice ‘aborto sì’ o ‘aborto no’”, ha detto, sottolineando che nel testo, tra l’altro, “si attacca frontalmente un diritto come l’obiezione di coscienza in Italia e si esortano gli Stati membri a garantire ‘un’educazione sessuale e relazionale completa’ nelle scuole, non curanti del ruolo primario della famiglia nell’educazione”. “Mi chiedo, ma invece di pensare tanto all’interruzione di gravidanza, non sarebbe più importante capire le ragioni che portano tante donne ad abortire? Cosa fa l’Ue per aiutare una ragazza madre o una famiglia in difficoltà ad evitare l’aborto?”, ha concluso l’esponente leghista. L’associazione ProVita Onlus, poi, ha parlato di “giorno tragico per l’Europa”.
In particolare, la mozione chiede la modifica dell’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali che con la dizione secondo cui “ognuno ha il diritto all’autonomia decisionale sul proprio corpo, all’accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi servizi sanitari senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale”. Il testo, inoltre, esorta i Paesi Ue a depenalizzare completamente l’aborto in linea con le linee guida dell’Oms del 2022 e a rimuovere e combattere gli ostacoli all’aborto, invitando la Polonia e Malta ad abrogare le loro leggi e altre misure che lo vietano e lo limitano. Poi l’attacco diretto all’obiezione di coscienza e, come d’abitudine nei testi sostenuti dalla sinistra italiana, l’attacco al nostro Paese nella parte in cui si sostiene che “in Italia l’accesso all’assistenza all’aborto sta subendo erosioni, e che un’ampia maggioranza di medici si dichiara obiettore di coscienza, cosa che rende estremamente difficile de facto l’assistenza all’aborto in alcune regioni”. Infine un passaggio sulle donne in stato di povertà, per le quali si chiedono agli Stati membri interventi per rimuovere “barriere legali, finanziarie, sociali e pratiche e restrizioni all’aborto” che le colpiscono in maniera particolare.