Covid e l’ eredità di Arcuri: un conto da 203 milioni di danni per le mascherine

Il danno devastante fatto  dalla struttura commissariale per il Covid guidata da Domenico Arcuri,  lo dovranno pagare i cittadini. Parliamo di  oltre 203 milioni di euro, più spese legali. A tanto infatti ammonta la cifra che la Presidenza del Consiglio, in solido con il ministero della Salute, è chiamata a risarcire alla Jc electronics Italia srl, una società che ha sede a Colleferro, in provincia di Roma, cui il Tribunale civile di Roma ha dato ragione nell’ambito di una causa intentata in merito a una fornitura di mascherine da circa 8 milioni di pezzi finita con la rescissione del contratto da parte della struttura commissariale. “Dopo i disastri dei governi Pd – 5stelle, causati da superbonus e altre mancette, raccogliamo ancora i frutti della catastrofica gestione del Covid”, ha commentato il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti.

A dare notizia della vicenda è La Verità, ricostruendo la catena di errori e leggerezze emersa in sede giudiziaria e che ha portato i giudici a dare ragione alla società. Secondo quanto ricostruito dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, nel marzo 2020 Jc electronics aveva firmato un contratto con la Protezione civile per la fornitura di mascherine, poi trasferito, come tutti gli altri, alla struttura commissariale dopo l’arrivo di Arcuri. A questo punto iniziano i primi problemi, legati a fatture non pagate. La Jc electronics rivendica la correttezza di tutte le procedure e l’assolvimento di tutti gli obblighi contrattuali, compresa la validazione delle mascherine prima da parte dell’Inail e poi dell’Agenzia delle Dogane, e lamenta di aver dovuto provvedere con risorse proprie per garantire la fornitura; la struttura commissariale contesta con comunicazioni ufficiali la validità delle certificazioni tecniche e poi risolve dapprima in parte e successivamente del tutto il contratto, chiedendo anche il ritiro delle mascherine che considera viziate da irregolarità.

Secondo quanto emerso, la struttura commissariale per la rescissione del contratto si sarebbe appellata alla mancanza di validazione delle mascherine da parte del Comitato tecnico scientifico, al quale non risultava la documentazione tecnica che invece la società sosteneva di aver fornito. “Ma dal procedimento civile è emerso che il diniego del Cts era dovuto a un difetto di comunicazione interna tra uffici”, scrivono Fabio Amendolara e François de Tonquédec, che firmano l’articolo, spiegando che “l’approvazione dell’Inail era stata trasmessa alla struttura commissariale ma, per un errore del responsabile del procedimento, Antonio Fabbrocini, la documentazione non era stata inoltrata al Cts”. Lo stesso Fabbrocini. secondo quanto si legge su La Verità, avrebbe ammesso la leggerezza, avvenuta “per mera svista, o non me ne sono proprio accorto, oppure ho pensato che fosse la stessa email precedente”. “Test seguenti condotti dalle Dogane, su richiesta del successore di Arcuri, il generale Francesco Figliuolo, hanno confermato la conformità delle mascherine agli standard previsti all’epoca dell’importazione”, si legge ancora nell’articolo, che ricorda anche come la causa civile intentata dalla Jc electronics fosse stata preceduta da un’inchiesta penale, poi archiviata.

L’ipotesi dell’accusa, poi mai arrivata in aula, era che Arcuri potesse aver gestito le importazioni di mascherine in modo da favorire l’attività di mediatori dell’imprenditore Vincenzo Tommasi e del giornalista – poi scomparso nel luglio dello scorso anno – Mario Benotti, determinando quella che secondo la tesi dell’accusa era “una sorta di esclusiva delle importazioni”. Tuttavia ritennero che non vi fossero elementi sufficienti a dimostrare l’intenzionalità delle azioni e dunque a procedere penalmente. Archiviata quella causa, è invece andata avanti quella civile il cui esito è il conto da 203.012.065 euro più 119mila euro di spese legali recapitato alla Presidenza del Consiglio.

Di “ennesima beffa ai danni dello Stato sulla nebulosa gestione del Covid”, ha parlato Foti. “E indovinate di chi è la responsabilità? Dell’ex commissario straordinario alla gestione della pandemia, Domenico Arcuri, il luminare voluto dai grillini che avrebbe preso accordi con una ditta fornitrice di mascherine, volendo favorire qualcuno in particolare, non curandosi delle criticità tra le quali, gravissima, l’assenza di certificazioni”, ha proseguito l’esponente di FdI, sottolineando che “grazie alla Commissione parlamentare d’inchiesta, che non vuole sostituirsi alla magistratura, verrà fatta chiarezza su molte vicende che suscitano legittime perplessità e dubbi sulle modalità con cui è stata affrontata la pandemia, anche e soprattutto per rispetto del personale sanitario e parasanitario che ha fatto l’impossibile per salvare vite umane, ma anche per le vittime e i familiari. Questo strumento sarà di certo utile perché i governi futuri non compiano gli stessi errori del passato e rappresenta un atto di giustizia – ha concluso Foti – nei confronti degli italiani che chiedono e meritano chiarezza su una delle pagine più buie della Nazione”. Di “devastante eredità di Dem, 5Stelle e della struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri” ha parlato, tra gli altri, anche il deputato di FdI e membro della Commissione Covid, Francesco Filini, annunciando che “già nella seduta di domani mattina chiederemo al presidente Lisei di acquisire tutti gli atti relativi alle commesse e procedere con un ciclo di audizioni”.

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