Covid, Semplificazioni e transizione ecologica per rilanciare l’Italia

Per rispondere all’esigenza di ripartire dell’economia italiana, gli investimenti sulla digitalizzazione, la semplificazione del Fisco e l’adozione di strumenti come il cash back, sono elementi indispensabili. Ma bisogna fare di più, occorre un modo diverso di concepire il fisco. In una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo non possono essere gli adempimenti fiscali a dettare tempi e modi delle attività imprenditoriali di aziende e professionisti. Di riforma fiscale se ne parla da trent’anni ma nulla è stato mai fatto in concreto. Bisogna sfoltire il numero degli adempimenti e armonizzare tutte le semplificazioni introdotte nel corso degli anni”. Sono le parole di Giovanni Currò (M5s), vicepresidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, pronunciate nel corso del Cnpr Forum “Superare la crisi, quali ‘ingredienti’ per la ripresa?” organizzato dalla Cassa dei Ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.  “Occorre puntare decisamente alla piena utilizzazione delle dichiarazioni precompilate e delle fatturazioni elettroniche. Lo dobbiamo a tutti coloro che stanno soffrendo la crisi pandemica e ai tanti professionisti, in particolare quelli giovani, che spesso mi hanno fermato rammaricandosi che lo Stato si è dimenticato di loro. Anche non è proprio così. Abbiamo iniziato a realizzare nuovi strumenti per venire incontro alle loro esigenze. Prima dell’emergenza Covid 19 nulla di tutto ciò era prevedibile”.Sulla necessità di procedere con la modifica del Fisco si è espresso anche il leghista Massimo Bitonci, (Commissione Bilancio di Montecitorio): “Un’impresa assai ardua che in questo momento storico, con una maggioranza molto ampia, si potrebbe portare a termine arrivando alla semplificazione del sistema fiscale che a causa della sedimentazione delle norme e della mancanza di testi unici è sempre più complesso. In Italia siamo a un total tax rate complicato dove l’unica semplificazione è stata quella del regime forfettario senza iva fino a 65mila euro. Molto attrattivo per 1,5 milioni di partite iva. Ma non basta. Bisogna riformare l’Irpef, imposta progressiva che non rispetta più l’articolo 53 della Costituzione. Con 12 milioni di contribuenti che non presentano dichiarazione dei redditi, senza contare le persone a carico, serve un sistema che arrivi alla progressività dell’imposta sulle persone fisiche. L’Irap va cancellata e trasformata in addizionale regionale all’Ires. Ma c’è un tema legato all’anagrafe tributaria. La PA deve utilizzare un unico archivio con gli stessi dati per tutti gli adempimenti. Da non sottovalutare, infine, l’apporto che possono dare i sindaci con la loro esperienza sulla transizione ecologica in termini di salvaguardia dell’ambiente e di prevenzione per il dissesto idrogeologico”.Del nuovo codice della crisi d’impresa ha parlato Ylenja Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio: “Obiettivo della riforma è quello di salvaguardare il valore delle imprese anticipandone le crisi. Tutto questo viene affiancato da una vigilanza esterna stringente sulle imprese. L’idea iniziale è molto importante. E’ chiaro, però, che innestare la riforma oggi diventa un peso per imprese e professionisti. Bisogna distinguere tra chi ha subito la crisi dopo la pandemia e chi ha portato avanti una ‘mala gestio’. Si tratta di uno strumento nuovo e non rodato potrebbe rendere più gravoso il compito dell’Ocri. Sicuramente c’è la necessità per tutto ciò che accade in Italia di restringerne l’ambito di applicazione. Se proprio vogliamo sostenere le aziende italiane e i professionisti, pensiamo piuttosto ad alleggerirli dai costi fissi”.Di transizione ecologica ha parlato anche Mauro Del Barba, componente di Italia Viva in Commissione Bilancio alla Camera: “Per ottenere risultati concreti occorre che sia guidata dalle ‘imprese benefit’, quelle che come scopo hanno non solo la divisione degli utili ma anche l’impatto positivo sul bene comune delle loro attività. Nel nostro ordinamento sono previste dal 1 gennaio 2016. Il tema che fu posto introducendole era quello di far partecipare il mercato alla rivoluzione della sostenibilità. Dopo la crisi pandemica questo tema diventa centrale. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non può mancare di sostenibilità. Il PNRR deve dare risalto alle società benefit di cui l’Italia è leader, incentivandone la nascita e favorendone la crescita. Il nostro Paese deve essere leader nella competizione del futuro che coniuga interesse privato e benessere pubblico. L’Europa con il ‘green deal’ va in questa direzione, e noi dobbiamo guidare il processo”.La difficile situazione delle imprese italiane, con la contestuale necessità di ricorrere a misure efficaci di sostegno è stata tracciata da Paolo Longoni, consigliere d’amministrazione della Cnpr: “Siano molto preoccupati dal dato Istat che segnala il rischio default per il 48,5 per cento delle imprese italiane. Con questi numeri, l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa è a dir poco azzardata. La metà delle aziende rischia di chiudere e serve una cura forte e immediata per scongiurare questo disastro. Da un lato le semplificazioni, non solo quella fiscale. Ma l’intero complesso di norme che attiene alla vita del Paese. In Italia tutto è complicato, in particolar modo quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione. Va rivisto il reato di abuso d’ufficio, va rivista la competenza della Corte dei Conti in tema di danno erariale. E tutte quelle norme che limitano fortemente le attività dei dirigenti pubblici che, come risposta, non firmano più nulla. Se non liberiamo la PA, non si fanno passi in avanti. Per ciò che riguarda il PNRR voglio sottolineare come la sua applicazione e la sua incisività dipendono anche dal grado di partecipazione e di coinvolgimento di tutti i protagonisti. Non si può parlare di Fisco senza ascoltare chi è deputato ad applicarlo, di previdenza senza ascoltare le Casse e di crisi d’impresa senza chi la vive quotidianamente. Serve un punto di contatto tra politica e società civile, professioni e casse”.Le difficoltà di un Fisco pesante e poco armonioso sono state elencate da Giusto Balletta (Odcec Palermo). “Nel 2020 commercialisti e aziende – ha sottolineato – hanno dovuto provvedere a 2036 adempimenti nel corso dell’anno, 170 mensili con un picco di 283 nel mese di novembre. Dati onerosi e pesanti che condizionano gli studi professionali e la redditività delle aziende. Abbiamo in media 36 adempimenti a settimana che costituiscono un fardello insopportabile. Dobbiamo farci trovare pronti al grande processo di transizione ambientale e digitale che ci troveremo di fronte e che l’Europa sostiene con una quantità di fondi mai visti prima. Serve un rapporto sinergico tra imprese e professionisti – ha concluso Balletta – per vincere questa sfida che modifica assetti patrimoniali e finanziari delle aziende”.

Per rispondere all’esigenza di ripartire dell’economia italiana, gli investimenti sulla digitalizzazione, la semplificazione del Fisco e l’adozione di strumenti come il cash back, sono elementi indispensabili. Ma bisogna fare di più, occorre un modo diverso di concepire il fisco. In una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo non possono essere gli adempimenti fiscali a dettare tempi e modi delle attività imprenditoriali di aziende e professionisti. Di riforma fiscale se ne parla da trent’anni ma nulla è stato mai fatto in concreto. Bisogna sfoltire il numero degli adempimenti e armonizzare tutte le semplificazioni introdotte nel corso degli anni”. Sono le parole di Giovanni Currò (M5s), vicepresidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, pronunciate nel corso del Cnpr Forum “Superare la crisi, quali ‘ingredienti’ per la ripresa?” organizzato dalla Cassa dei Ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.  
“Occorre puntare decisamente alla piena utilizzazione delle dichiarazioni precompilate e delle fatturazioni elettroniche. Lo dobbiamo a tutti coloro che stanno soffrendo la crisi pandemica e ai tanti professionisti, in particolare quelli giovani, che spesso mi hanno fermato rammaricandosi che lo Stato si è dimenticato di loro. Anche non è proprio così. Abbiamo iniziato a realizzare nuovi strumenti per venire incontro alle loro esigenze. Prima dell’emergenza Covid 19 nulla di tutto ciò era prevedibile”.
Sulla necessità di procedere con la modifica del Fisco si è espresso anche il leghista Massimo Bitonci, (Commissione Bilancio di Montecitorio): “Un’impresa assai ardua che in questo momento storico, con una maggioranza molto ampia, si potrebbe portare a termine arrivando alla semplificazione del sistema fiscale che a causa della sedimentazione delle norme e della mancanza di testi unici è sempre più complesso. In Italia siamo a un total tax rate complicato dove l’unica semplificazione è stata quella del regime forfettario senza iva fino a 65mila euro. Molto attrattivo per 1,5 milioni di partite iva. Ma non basta. Bisogna riformare l’Irpef, imposta progressiva che non rispetta più l’articolo 53 della Costituzione. Con 12 milioni di contribuenti che non presentano dichiarazione dei redditi, senza contare le persone a carico, serve un sistema che arrivi alla progressività dell’imposta sulle persone fisiche. L’Irap va cancellata e trasformata in addizionale regionale all’Ires. Ma c’è un tema legato all’anagrafe tributaria. La PA deve utilizzare un unico archivio con gli stessi dati per tutti gli adempimenti. Da non sottovalutare, infine, l’apporto che possono dare i sindaci con la loro esperienza sulla transizione ecologica in termini di salvaguardia dell’ambiente e di prevenzione per il dissesto idrogeologico”.
Del nuovo codice della crisi d’impresa ha parlato Ylenja Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio: “Obiettivo della riforma è quello di salvaguardare il valore delle imprese anticipandone le crisi. Tutto questo viene affiancato da una vigilanza esterna stringente sulle imprese. L’idea iniziale è molto importante. E’ chiaro, però, che innestare la riforma oggi diventa un peso per imprese e professionisti. Bisogna distinguere tra chi ha subito la crisi dopo la pandemia e chi ha portato avanti una ‘mala gestio’. Si tratta di uno strumento nuovo e non rodato potrebbe rendere più gravoso il compito dell’Ocri. Sicuramente c’è la necessità per tutto ciò che accade in Italia di restringerne l’ambito di applicazione. Se proprio vogliamo sostenere le aziende italiane e i professionisti, pensiamo piuttosto ad alleggerirli dai costi fissi”.
Di transizione ecologica ha parlato anche Mauro Del Barba, componente di Italia Viva in Commissione Bilancio alla Camera: “Per ottenere risultati concreti occorre che sia guidata dalle ‘imprese benefit’, quelle che come scopo hanno non solo la divisione degli utili ma anche l’impatto positivo sul bene comune delle loro attività. Nel nostro ordinamento sono previste dal 1 gennaio 2016. Il tema che fu posto introducendole era quello di far partecipare il mercato alla rivoluzione della sostenibilità. Dopo la crisi pandemica questo tema diventa centrale. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non può mancare di sostenibilità. Il PNRR deve dare risalto alle società benefit di cui l’Italia è leader, incentivandone la nascita e favorendone la crescita. Il nostro Paese deve essere leader nella competizione del futuro che coniuga interesse privato e benessere pubblico. L’Europa con il ‘green deal’ va in questa direzione, e noi dobbiamo guidare il processo”.
La difficile situazione delle imprese italiane, con la contestuale necessità di ricorrere a misure efficaci di sostegno è stata tracciata da Paolo Longoni, consigliere d’amministrazione della Cnpr: “Siano molto preoccupati dal dato Istat che segnala il rischio default per il 48,5 per cento delle imprese italiane. Con questi numeri, l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa è a dir poco azzardata. La metà delle aziende rischia di chiudere e serve una cura forte e immediata per scongiurare questo disastro. Da un lato le semplificazioni, non solo quella fiscale. Ma l’intero complesso di norme che attiene alla vita del Paese. In Italia tutto è complicato, in particolar modo quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione. Va rivisto il reato di abuso d’ufficio, va rivista la competenza della Corte dei Conti in tema di danno erariale. E tutte quelle norme che limitano fortemente le attività dei dirigenti pubblici che, come risposta, non firmano più nulla. Se non liberiamo la PA, non si fanno passi in avanti. Per ciò che riguarda il PNRR voglio sottolineare come la sua applicazione e la sua incisività dipendono anche dal grado di partecipazione e di coinvolgimento di tutti i protagonisti. Non si può parlare di Fisco senza ascoltare chi è deputato ad applicarlo, di previdenza senza ascoltare le Casse e di crisi d’impresa senza chi la vive quotidianamente. Serve un punto di contatto tra politica e società civile, professioni e casse”.
Le difficoltà di un Fisco pesante e poco armonioso sono state elencate da Giusto Balletta (Odcec Palermo). “Nel 2020 commercialisti e aziende – ha sottolineato – hanno dovuto provvedere a 2036 adempimenti nel corso dell’anno, 170 mensili con un picco di 283 nel mese di novembre. Dati onerosi e pesanti che condizionano gli studi professionali e la redditività delle aziende. Abbiamo in media 36 adempimenti a settimana che costituiscono un fardello insopportabile. Dobbiamo farci trovare pronti al grande processo di transizione ambientale e digitale che ci troveremo di fronte e che l’Europa sostiene con una quantità di fondi mai visti prima. Serve un rapporto sinergico tra imprese e professionisti – ha concluso Balletta – per vincere questa sfida che modifica assetti patrimoniali e finanziari delle aziende”.

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