Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati nel primo processo. Per me questi nove anni di silenzio sono stati un muro insormontabile». Inizia così la deposizione del carabiniere Francesco Tedesco al processo Cucchi-bis di fronte alla Corte di Assise. Le sue parole fanno venire giù un muro di menzogne, omertà e cameratismo che ha tenuto per 9 anni.
Il supertestimone, imputato per omicidio preterintenzionale insieme con i colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, racconta il pestaggio avvenuto nella caserma Appia della compagnia Casilina la notte dell’arresto per possesso di stupefacenti, il 15 ottobre del 2009.
«Al fotosegnalamento – racconta Tedesco – Cucchi si rifiutava di farsi prendere le impronte, Di Bernardo lo colpì con uno schiaffo in pieno volto e una spinta. Lui cadde e D’Alessandro gli diede un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano». Tedesco ricorda il rumore della testa che sbatte sul pavimento. A quel punto «D’Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via». Tedesco aiuta Cucchi a rialzarsi. «Gli chiesi come stesse. Rispose: Sono un pugile, sto bene. Ma lo vedevo intontito».
È un racconto drammatico ma liberatorio per il vicebrigadiere che ammette di aver avuto paura di parlare, soprattutto dopo la sparizione della sua relazione di servizio. «Dire che ho avuto paura è poco. Quando il 29 ottobre 2009 sono stato costretto a non parlare, mi sono trovato in una morsa dalla quale non sarei potuto uscire. Ero solo».
«Una sera mi chiamarono al telefono Di Bernardo e D’Alessandro. Mi dissero: Fatti i cazzi tuoi su quello che è successo, mi raccomando». Dopo la morte di Cucchi Tedesco aveva chiesto al suo superiore, il maresciallo Roberto Mandolini, che comandava la caserma Appia, come dovesse comportarsi.
«Lui mi rispose: tu non ti preoccupare, devi dire che stava bene. Devi continuare a seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere. Ho percepito una minaccia nelle sue parole». Poi la decisione di dire la verità, nove anni dopo: «Quando il maresciallo Riccardo Casamassima aveva cominciato a parlare, ho capito che quel muro stava cadendo».
«Il racconto di Tedesco è stato devastante per me e per i miei genitori – dice Ilaria Cucchi dopo l’udienza – ma dopo 10 anni di menzogne e di depistaggi in quest’aula è entrata la verità». In serata, il ministro degli Interni Matteo Salvini è intervenuto sulla vicenda, confermando la linea dura: «Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa, ma non accetto che l’errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono: sempre dalla parte delle Forze dell’Ordine».