Cucchi, oggi comincia ultimo atto per il pestaggio

Stefano Cucchi fu arrestato il 15 ottobre del 2009 per spaccio di droga. Dopo sette giorni morì nel padiglione penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Da quel momento è iniziata la lunga battaglia per la verità. Dei genitori e della sorella. Degli avvocati di parte civile. Oggi in Cassazione si decide, dopo 13 anni, sulla condanna a 13 anni per i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Sono accusati di omicidio preterintenzionale. Secondo quanto stabilito sinora dalla giustizia sono stati loro a picchiare Stefano. Il pg Tomaso Epidendio ha spiegato nella sua relazione scritta come la sentenza di appello mostri “un dato certo su cui converge una mole impressionante di elementi probatori di vario genere: la circostanza che Cucchi”, insomma, è stato “‘pestato’ (perché questo è l’unico termine compatibile con l’entità delle lesioni refertate) quando si trovava alla stazione dei carabinieri di Roma Casilina dove era stato portato per il fotosegnalamento subito dopo il suo arresto”. Gli altri due militari dell’Arma hanno pene minori. Il solo maresciallo Roberto Mandolini, con una condanna a 4 anni, rischia la custodia cautelare. Lui risponde del reato di falso. Invece Francesco Tedesco (che ha preso 2 anni e sei mesi), il carabiniere che ha parlato di quanto avvenuto nelle camere di sicurezza della caserma Casilina al momento del foto segnalamento di Stefano. Mandolini all’epoca dei fatti era comandante di stazione. Tra meno di 72 ore, il sette aprile, è prevista poi la sentenza nel processo sui presunti depistaggi seguiti alla morte di Stefano. Sul banco degli imputati ci sono otto carabinieri, accusati a vario titolo e a seconda delle posizioni di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. Per loro il pm Giovanni Musarò ha chiesto condanne che vanno dai 7 anni a un anno e un mese. “C’è stata un’attività di depistaggio ostinata, che a tratti definirei ossessiva. I fatti che siamo chiamati a valutare non sono singole condotte isolate ma un’opera complessa di depistaggi durati anni”, aveva spiegato il magistrato nella requisitoria dello scorso dicembre.

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