Uniti nel dire il falso sulla morte di Stefano Cucchi. Anzi, sembra che si stato proprio ordinato di mentire e l’ordine sarebbe arrivato dall’alto. Ora otto carabinieri, tra cui il generale Alessandro Casarsa (all’epoca dei fatti capo del Gruppo Roma) e il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma), rischiano il processo per la morte del giovane romano. I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. Per la procura “la catena di falsi sulla salute” sarebbe partita dal comandante Casarsa.
Per il pm Giovanni Musarò, i militari “attestavano il falso in un’annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Stefano Cucchi, tratto in arresto dai militari del comando stazione di Roma Appia e tradotto presso le celle di sicurezza del comando di stazione Tor Sapienza nella notte fra il 15 e il 16 ottobre”. Per l’accusa il falso fu confezionato “con l’aggravante di volere procurare l’impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso”.
Le accuse riguardano anche Francesco Cavallo, all’epoca dei fatti tenente colonnello capoufficio del comando del Gruppo Roma. Luciano Soligo, già maggiore e comandante della Compagnia Montesacro, Massiliano Colombo Labriola, ex comandante della stazione di Tor Sapienza. Poi ancora Francesco Di Sano (all’epoca in servizio a Tor Sapienza), Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo) e il carabiniere Luca De Cianni, l’unico a cui è contestata la calunnia.