“Mi scuso da principio con chi aveva altre aspettative e speranze”, le parole di Elly Schlein in diretta su Instagram per presentare la Segreteria del Pd che, in verità, non convince in troppi dentro il Nazareno. Dopo un mese di trattative e litigi per trovare la quadra, alla fine la segretaria, tutta piazza e megafono, procedeva come un caterpillar asfaltando minoranze e opposizioni, a completo dispetto dell’inclusività. Elly vara una segreteria ‘monocolore’ con venti nomi che accusano la mancata collegialità. Insomma la Elly parte male.
“Elly Schlein aveva parlato di unità e pluralismo ma in realtà non si è voluta riconoscere la ricchezza delle differenze espresse dagli iscritti nel congresso dei circoli. Lavoreremo lo stesso a un Pd più coraggioso e coerente”. Così Cuperlo con un tweet al veleno. Non fa sconti alla nuova segretaria neppure l’ex ministra Paola De Micheli. “Elly Schlein ha ritenuto di non dare rappresentanza nella nuova organizzazione ad una parte vitale del partito. Espressa da due candidati al congresso. Lo ritengo un errore”, accusa la romagnola che non le manda a dire. “Così si rinuncia alla pluralità di idee che è sempre una ricchezza e un bene per tutti. Ma continueremo a lavorare nel Pd e per il Pd con lealtà e senso critico”.
Malumori espressi anche in Base riformista di Lorenzo Guerini, presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa. Guerini accusa il governatore dell’Emilia Romagna di aver trattato “da solo insieme a Baruffi e ad Alfieri” i possibili posti al sole. Al primo infatti è andata la casella della delega agli Enti locali, al secondo il dossier Riforme e Pnrr.
Mal di pancia anche per l’assenza di vicesegretari, non previsti dalla La Schlein, poi, non nomina vicesegretari visto che alla minoranza ne sarebbe toccato uno. Dalle critiche emerse non è affatto esclusa qualche uscita verso nuovi lidi centristi nelle prossime settimane. Il terzo Polo di Carlo Calenda, in lite con Renzi, li aspetta a braccia spalancate.
Ora che Schlein ha formato la sua segreteria non ci sono più alibi per rimandare idee, progetti e iniziative del cosiddetto “nuovo Pd”, e già dai prossimi giorni si dovrebbe cominciare a capire quale sia la lettura che il gruppo dirigente dà della situazione italiana e soprattutto come intenda mutare il corso delle cose: quale linea politica, insomma, perché fino ad oggi non si è capita.
La nuova segreteria è a somiglianza della leader con molte facce nuove e sconosciute, il che è un bene come segno di liberazione dei vecchi capibastone e i loro famigli. I più noti sono per lo più – diciamo con termine generico – di sinistra: Peppe Provenzano, Sandro Ruotolo, Cecilia Guerra, Pierfrancesco Majorino, Alfredo D’Attorre, Alessandro Zan, Marta Bonafoni (che dovrebbe essere la numero due, in quanto coordinatrice della segreteria) mentre i riformisti sono in netta minoranza.
Nel ‘nuovo’ Pd si può cogliere la radicalizzazione del Partito democratico, una sorta di neo-movimentismo che rompe decisamente con una lunghissima tradizione che ha sempre posto al centro il gioco politico, la ricerca di una sintesi e di una visione generale.
Alcune biografie parlano chiaro. Ruotolo viene da Sel, Guerra e D’Attorre da Articolo Uno, l’emergente Bonafoni vanta il classico movimentismo tra radio private, associazionismo, beni comuni, femminismo, ambientalismo: altro che Ds e Margherita.
Mentre il Partito democratico sancisce una volta di più il suo spostamento a sinistra, nel Terzo Polo ci si chiede cosa succederà dopo la decisione di Matteo Renzi di andare a dirigere Il Riformista, stando peraltro fuori dagli organismi dirigenti del Terzo Polo, decisione maturata in gran segreto e addirittura non nota nemmeno a Carlo Calenda il quale, a ragione, tiene a specificare che il nuovo quotidiano non sarà l’organo del partito.
È chiaro che la questione è tutta politica. Questa sorta di doppio binario (giornale e partito) nelle intenzioni di Renzi dovrebbe rappresentare una combinazione produttiva di idee, dibattito e finanche allargamento dell’area d’influenza del Terzo Polo – o come si chiamerà – soprattutto verso i moderati di destra, ma è anche possibile una confusione di messaggi e una sovrapposizione di ruoli fra lui e Calenda tale da complicare il tutto.
La mossa di Renzi, insomma, ripropone una volta di più l’esigenza di un chiarimento interno sulla linea del nascente partito, tenendo conto delle varie novità che stanno emergendo. Dunque anche in questo caso solo il tempo chiarirà come stanno realmente le cose e i ruoli dei due leader.
C’è da dire che le opposizioni vanno ognuna per conto loro addentrandosi in un labirinto politico di cui al momento non si scorge l’uscita.
Con la guerra alle porte, continua Tricarico, “Schlein non pare persona attrezzata in materia, tanto da non delegare ad alcuno le questioni in cui sarà chiamata a dare un contributo, auspicabilmente costruttivo, alle attività di governo, ad iniziare, come accennato, da una messa a punto della posizione italiana rispetto alla guerra russo ucraina. Ed alle conseguenze della guerra, come l’aumento delle spese militari, la inderogabile necessità di riorganizzare l’esercito, l’auspicata edificazione di uno difesa europea e così via”.
“Il tutto con, a fattor comune – prosegue il generale – il perdurare di una colpevole ed imperdonabile ignoranza della qualità dello strumento militare nazionale, quella che si ferma alla classificazione delle armi offensive e difensive e non va oltre”. Per Tricarico, “ci sono poi altre partite degne di forse maggiore attenzione perché afferiscono in maniera più diretta ed immanente alla sicurezza dei cittadini, delle imprese e del Paese nel suo complesso, quelle legate al crimine informatico. – evidenzia ancora il generale – Uno scenario criminale le cui insidie si moltiplicano e diversificano giorno dopo giorno, divenendo al contempo più complesse e difficili da individuare, comprendere e contrastare.
Schlein, per ora, non ha risposto al generale: è infatti in vacanza, perchè si è detta stanca dopo le primarie Pd. E questo già la dice tutta sull’adeguatezza del personaggio.