Parte dalla scuola e dalla Rai il rinnovamento culturale del Paese. Perciò, nel giorno in cui il Consiglio dei ministri approva il ddl di riforma del sistema dell’istruzione e fa un primo esame delle linee guida di riforma della tv pubblica, Matteo Renzi “sfida il Parlamento” a fare bene, ma soprattutto a fare “presto, perché l’Italia non ha tempo da perdere”. Non c’è tempo da perdere per i centomila precari che il ddl “La buona scuola” prevede siano assunti da settembre. Ma non può aspettare oltre neanche, spiega il premier, la trasformazione della Rai in “una delle più grandi imprese culturali d’Europa”, con un capo azienda indicato dal governo e un cda eletto dal Parlamento in seduta comune. Nel giorno in cui 50 mila studenti protestano nelle piazze e dopo primo esame, con rinvio, la scorsa settimana, il Consiglio dei ministri approva il ddl di riforma della scuola che lunedì, assicura Renzi, sarà in Parlamento. E quasi a sottolineare l’importanza del passaggio, al termine del Cdm il premier illustra la riforma con dieci slide. Su sfondo a righe e a quadretti, sono scritti in corsivo rosso i principi cardine del ddl, a partire dall’autonomia delle scuole e dei presidi, che saranno “come allenatori” di una squadra e gestiranno l’organico funzionale dei docenti, con la scomparsa dal 2016 della figura del supplente. Compariranno invece per la prima volta, accanto agli scatti di anzianità, scatti legati al merito con 200 milioni che saranno stanziati a partire dal 2016. Ogni insegnante avrà 500 euro per le sue spese culturali, come libri, musei e musica. E le scuole potranno ricevere il 5 per mille ma anche uno “school bonus”. Resteranno gli sgravi alle paritarie, ma – precisa Renzi – solo fino alle medie. E saranno rafforzate arte, musica, educazione motoria e l’inglese, che dalle elementari dovrà essere insegnato da maestri con padronanza perfetta. E poi naturalmente c’è l’intervento più atteso, quello per l’assunzione di 100mila precari delle graduatorie a esaurimento, dopodiché si entrerà solo per concorso. Perché le assunzioni possano avvenire a settembre bisogna approvare al più presto la legge e per questo c’era stata forte pressione per un decreto. Ma Renzi si dice convinto che il Parlamento ce la possa fare e lancia un appello che è anche una sfida: “Abbiamo ricevuto una positiva disponibilità di altri partiti e siamo pronti a correre insieme al Parlamento: se vogliono fare meglio di noi lo facciano, basta che facciano presto perché l’Italia non ha tempo da perdere”. Se i tempi si allungassero troppo, spiegano fonti di governo, il premier sarebbe pronto ad avocare a sé l’intervento con un decreto. Percorso parallelo per la riforma della Rai. Così come quella della scuola deve essere una “rivoluzione concettuale”, quella della tv pubblica deve essere una rivoluzione “culturale”. Così come per la scuola si interviene con ddl, allo stesso modo Renzi, dopo aver accarezzato l’idea di un decreto, affida al Parlamento, che sarà decisivo, la riforma della Rai, di cui il Cdm ha esaminato le linee guida per proseguire, con la possibile approvazione, la prossima settimana. “Non vogliamo mettere le mani sulla Rai ma dare ossigeno all’azienda”, mette in chiaro Renzi, dopo le accuse ricevute dall’opposizione. Per far quello, aggiunge, bastava nominare il prossimo cda. E invece l’idea del leader del Pd è affidare la guida dell’azienda, che avrà un canale culturale senza pubblicità, a un capo nominato dal governo e confermato da un consiglio di amministrazione più snello di quello attuale ma con un membro scelto dai dipendenti e gli altri eletti dal Parlamento in seduta comune, “come il presidente della Repubblica”, a sottolineare l’importanza della Rai per il Paese. Fuori la politica dalla Rai, conclude il premier chiudendo alla proposta del M5S, “non vuol dire sorteggio dei membri del Cda, perché sarebbe l’abdicazione della politica, e saranno i più bravi a guidare la Rai”. La proposta di riforma della Rai proposta da Renzi al Cdm non piace, infatti, al Movimento cinque stelle che boccia l’ipotesi di nomina dell’Ad affidata all’esecutivo. “Siamo aperti al dialogo, assicura Roberto Fico, presidente della commissione di Vigilanza Rai, ma il governo resti fuori”. La proposta del M5S, spiega, “Si prende tutte le responsabilità di dividere definitivamente il potere politico dall’azienda di servizio pubblico e se poi Renzi vuole mascherare la nomina da parte del governo dell’Ad come responsabilità e non come lottizzazione governativa, allora questi giochi li lasciamo alla propaganda politica. La Rai va inquadrata come un quarto potere che è di controbilanciamento ai poteri costituiti, quindi non può avere un ad nominato dal governo, come se fosse un’azienda dei trasporti pubblici, le Poste o l’Eni. Su questo e su altri settori, il governo può prendersi la propria responsabilità, ma sulla Rai dobbiamo, con una procedura chiara e trasparente, garantire l’indipendenza totale. Rimaniamo aperti al dialogo in Parlamento, nelle commissioni competenti, per cercare di trovare, con proposte di legge presentate, dei punti comuni, ma che siano sempre all’insegna di accordi a rialzo e mai al ribasso. Vogliamo iniziare a discutere sulle cose soprattutto su quelle sulle quali siamo d’accordo, sicuramente su una rete senza pubblicità e di alto profilo culturale. Su questo Renzi ci trova d’accordo. Se il governo ne rimarrà fuori, credo che in Parlamento si possa fare un buon lavoro, visto che la Rai è esclusiva materia parlamentare”.
Riprova
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