A Parigi si parla di clima, ma dietro le quinte sono ancora la Siria e la tensione tra Ankara e Mosca a tenere banco. Vladimir Putin ha scelto la capitale francese per accusare Recep Tayyp Erdogan di fronte ai grandi del mondo: ‘Ha fatto abbattere il nostro aereo per difendere i propri traffici petroliferi con lo Stato islamico’. Al presidente turco resta il sostegno formale della Nato, e la sensazione di essere messo all’angolo da una timida intesa tra il capo del Cremlino e Barack Obama sulla necessità di un avanzamento di una soluzione politica alla crisi siriana. L’accusa del capo del Cremlino arriva al termine di una giornata in cui Ankara non ha voluto di scusarsi per quanto accaduto al confine tra Turchia e Siria, e ha anzi chiesto a Mosca, con il premier Ahmet Davutoglu, di ritirare le sanzioni seguite all’incidente. Gli ha risposto da Mosca Dmitri Medvedev: ‘La nostra risposta e le azioni necessarie che abbiamo preso sono volte a garantire la sicurezza alla nostra gente e una reazione al comportamento aggressivo della Repubblica turca. Le misure speciali toccheranno una gran parte delle relazioni economiche’. Il premier ha assicurato che il governo sta procedendo con pragmatismo facendo in modo che le conseguenze maggiori siano sentite dalla parte turca, e tocchino solo in modo minimo gli interessi economici russi. A detta di Medvedev, la lista delle misure restrittive contro Ankara puo’ essere estesa ulteriormente qualora fosse necessario. Allo stesso tempo, il premier russo ha incaricato il governo di contattare i paesi partner dell’Unione economica eurasiatica perche’ collaborino con la Russia per evitare che si aggirino le limitazioni al trasporto e all’import dalla Turchia con particolari triangolazioni. Mosca, poi, sottolinea minacciosamente di aver equipaggiato diversi caccia in Siria con missili aria-aria e fa sapere di aver consolidato legami con due grandi nemici di Erdogan, ovvero i curdi e Benjamin Netanyahu. Vladimir Putin sottolinea il coordinamento militare tra i due paesi, necessario a evitare inutili incidenti durante le operazioni militari in Siria. Tocca, invece, al vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, definire amici il Kurdistan sirano e iracheno. ‘Noi manteniamo buoni rapporti con i nostri amici curdi in Iraq e in Siria, e continueremo a rimanere in contatto con loro’, ha affermato Bogdanov, che e’ anche rappresentate speciale di Putin per il Medio Oriente e l’Africa. Condividiamo il principio secondo cui i curdi, ha proseguito, debbono essere parte integrante di tutti gli sforzi per consolidare l’opposizione in una piattaforma democratica, destinata a partecipare al dialogo per il superamento dei conflitti in atto nei due Paesi. Frutta, verdura, carni bianche, turismo, scambi culturali e manodopera sono i settori colpiti dalle sanzioni a tempo indeterminato varate contro la Turchia dal governo russo, che ha sospeso inoltre l’attivita’ della commissione intergovernativa per la cooperazione economico-commerciale, con il possibile congelamento dei progetti per il gasdotto South Stream e della prima centrale nucleare turca. Sono quasi una ventina le categorie di alimenti messi al bando dal primo gennaio 2016: pollame e tacchino congelato, pomodori (42% dell’import totale di pomodori), cipolle, cavolfiori e broccoli, cetriolini, arance, mandarini e clementine (ma non i limoni, che sfiorano il 90% di quelli importati), uva, mele, pere, albicocche, pesche, prugne, fragole e fragoline, sale e garofani freschi. L’ortofrutta rappresenta circa un quarto dell’export turco in Russia. Vietati i voli charter e la vendita di pacchetti turistici in Turchia. Dal primo gennaio si ripristina anche il regime dei visti. Una misura adottata dopo aver raccomandato ai cittadini russi di non visitare la Turchia e a quelli che si trovano là di rimpatriare a causa della minaccia terroristica. Vietato assumere manovalanza turca dal primo gennaio, ma il ministero del Lavoro e quello dello Sviluppo economico proporranno, entro il 10 dicembre, una lista di enti russi che saranno esentati da questo divieto. Divieto e limitazioni a enti turchi e la lista di queste organizzazioni sara’ presentata dal ministero dello Sviluppo economico entro il 10 dicembre. Riduzione da 8000 a 2000 dei permessi annuali ai trasportatori turchi. Sospesa la cooperazione culturale e gli scambi universitari. Le sanzioni non riguardano per ora il settore finanziario, degli investimenti e i prodotti manifatturieri. Ankara, pero’, resta un partner fondamentale nella coalizione contro il terrorismo internazionale. Il Dipartimento di Stato americano suggerisce l’urgenza di una de-escalation della tensione tra Turchia e Russia, pur affermando che i jet di Mosca violarono lo spazio aereo turco. Per Washington, inoltre, i russi stanno intensificando i raid contro l’Isis, cosi’ come vorrebbe la Francia: ‘Non vi puo’ essere alcuna possibile ambiguita’ sugli obiettivi da perseguire. Deve trattarsi soltanto della distruzione del Daesh’, ha messo in guardia il portavoce del ministero degli Esteri, Romain Nadal, usando l’acronimo in lingua araba equivalente a Isis. Malgrado l’inedita ‘alleanza’ formalmente allacciata in funzione anti-Isis, non e’ la prima volta in cui la questione jihadista suscita polemiche tra i due Paesi. Nadal alludeva in particolare ai bombardamenti di Mosca contro i moderati ribelli siriani di etnia turcomanna, sostenuti dalla Turchia e accusati di essere coinvolti nell’abbattimento di un caccia russo da parte di aerei da guerra di Ankara. Un altro nodo resta, infine, e riguarda Bashar Assad. Putin e Obama, guardandosi di nuovo negli occhi dopo il G20 di Antalya, ne hanno parlato. Per Il presidente americano, il capo di Stato siriano deve lasciare il potere. Il capo del Cremlino rinvia a Vienna, al prossimo vertice dei ministri degli Esteri: ‘Li’ troveremo punti di convergenza’. In realtà tra Washington a Parigi è stato ancora più chiaro che sulla Siria e lotta all’Isis nessuna strategia comune Russia-Stati Uniti sembra essere all’orizzonte. In compenso l’amministrazione americana si muove. In America ha infatti parlato il capo del Pentagono alla Camera e in Francia il presidente degli Stati Uniti ha incontrato il presidente turco Erdogan. Emerge anche oggi che fra Obama e il presidente russo non c’è alcun accordo sulla sorte di Assad e sui ribelli da appoggiare in chiave anti-Isis. ‘Non penso ci dobbiamo illudere che la Russia colpisca solo target dell’Isis’, ha precisato il presidente americano. Si continuerà insomma ognuno per proprio conto e non vi sarà un solo nemico. Mentre a Parigi Obama diceva di non aspettarsi una svolta a 180 gradi della strategia di Putin sulla Siria, il capo del Pentagono Ash Carter annunciava in un’audizione davanti alla commissione difesa della Camera che gli Stati Uniti sono pronti a espandere le operazioni in Siria con l’invio di forze speciali. Carter ha aggiunto che gli Usa invieranno un corpo di spedizione specializzato in Iraq sempre per sostenere la lotta all’Isis. ‘Vinceremo questa guerra’, ha risposto Carter alla Commissione al repubblicano che chiedeva se si sta vincendo con l’Isis. Le forze speciali statunitensi in Siria e in Iraq compiranno blitz, libereranno ostaggi raccoglieranno informazioni di intelligence e sono pronte a catturare i capi dello Stato islamico, ha spiegato Carter. In Iraq le forze speciali agiranno in coordinamento con l’esercito locale e i curdi peshmerga. La grave crisi di oggi, tra il ritorno del terrorismo islamico in Occidente e l’avanzata dello Stato Islamico fino alle porte dell’Europa, affonda le sue radici nei tanti e madornali errori fatti nei decenni scorsi dai governi delle principali potenze mondiali. Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, ricorda, pensando alla guerra tra Iraq e Iran, che quando si sbaglia la prima volta si continua a sbagliare, errore dopo errore, fino alle guerre a Saddam e Gheddafi. Tutti contro tutti. Da un mese era cominciata la guerra in Iraq promossa soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Ai primi di giugno c’è stata la riunione del G8 in Francia e nel corso di una cena, Prodi ricorda che alla fine di una discussione Putin si alzò dal tavolo e grido a Blair: ‘You are not God‘ (tu non sei dio). La guerra in Iraq spaccò l’Europa e frantumò tutte le alleanze. Ascoltare oggi Blair scusarsi perché quelle maledette armi di distruzione di massa non esistevano lascia un peso enorme.
Roberto Cristiano