Il sesto pacchetto di misure contro Mosca è pronto a colpire, alcune non entreranno in vigore da subito. I flussi e la distribuzione dell’oro nero cambierà radicalmente
A quasi un mese dall’annuncio dell’embargo al petrolio russo, diramato il 4 maggio scorso, la Commissione europea è pronta a rendere operativo il sesto pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca per l’invasione dell’Ucraina.
Le misure, varate dopo l’accordo tra i 27 Stati membri, riguardano anche gli altri combustibili fossili (gas e carbone) e l’import-export di diverse merci. Alcune, però, non entreranno in vigore da subito, mentre altre prevedono delle eccezioni.
L’embargo al petrolio russo: quando inizia e come funziona
Che quella delle forniture energetiche russe verso l’Europa fosse una questione delicata lo si era capito da tempo. Tra incertezze e trattative prolungate, alla fine la linea dura ha lasciato spazio a quella della “prudenza”. L’embargo Ue sulle importazioni di petrolio russo via mare scatterà infatti fra otto mesi, e non a fine anno come stabilito in principio (qui trovate un’analisi dello stop al petrolio russo: cosa succederà alla benzina).
Non solo: il Consiglio europeo ha concesso anche esenzioni speciali temporanee ad alcuni Paesi. Si tratta della Repubblica Ceca (per 18 mesi sui prodotti petroliferi) e della Bulgaria (fino al 2024). Non è stato invece indicato il termine della deroga per il greggio consegnato attraverso l’oleodotto Druzhba (che, per una tragica ironia, significa “amicizia”), di cui beneficiano Ungheria, Slovacchia, Polonia e Germania.
Come cambiano flussi e sistema di distribuzione
L’Ue dipende per il 22% dal petrolio russo, l’Italia per l’11%. Dopo l’accordo al vertice europeo sull’embargo, il prezzo dell’oro nero ha registrato un netto rialzo il 31 maggio, schizzando ai massimi. Questo perché il piano dell’Ue comporta un profondo cambiamento nel sistema di produzione e distribuzione del petrolio (a inizio maggio l’Europa appariva spaccata: ecco chi ha detto no e perché).
Innanzitutto perché Bruxelles ha introdotto “misure di emergenza” in caso di interruzione della fornitura di energia da parte di Mosca, che consentono ad alcuni Paesi Ue di acquistare il greggio russo (più economico). La mossa accoglie le richieste dal leader ungherese Viktor Orban che, non avendo uno sbocco sul mare, pretendeva più “garanzie” da parte dall’Ue. La maggior parte del flusso di petrolio verso il cuore del Vecchio Continente passa però in un ramo dell’oleodotto che attraversa Polonia e Germania. Entrambi i Paesi si sono detti disposti a fare a meno della loro quota, quando a fine 2022 scatterà lo stop. Nel complesso si tratta di un’enorme quantità di petrolio in meno, pari a oltre il 90% del greggio importato dalla Russia (qui trovate i Paesi che importano più petrolio da Mosca. E l’Italia?).
Archiviata la fornitura russa, gli Stati Ue dovranno chiudere al più presto gli accordi coi Paesi africani pronti a garantire il greggio, con Nigeria, Angola e Camerun in cima alla lista. Secondo i dati di Petro-Logistics, nel mese di aprile le importazioni europee di petrolio di origine africana sono aumentate del 17%.
Carbone e merci: cosa prevedono (tutte) le sanzioni
Prima dell’ultimo pacchetto di sanzioni, già il quinto approvato l’8 aprile introduceva importanti misure che riguardano altre fonti energetiche e che presto diventeranno attive. Tra queste spicca il divieto, a partire da agosto, di acquistare, importare o trasferire nell’Ue carbone e altri combustibili fossili solidi, originari o esportati dalla Russia. Il testo prevede anche il divieto di accesso ai porti comunitari per le navi battenti bandiera russa.
L’impianto sanzionatorio colpisce il regime di Putin anche in altri ambiti. Si vieta ad esempio alle imprese logistiche russe e bielorusse di trasportare su strada merci nell’Unione europea. Come riporta il Corriere della Sera, Bruxelles estende inoltre il divieto di esportazione a settori strategici come computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica di alta gamma, software, macchinari sensibili. Ma la lista nera del Made in Russia non si conclude qui: è stato disposto anche il divieto di import di legno, cemento, fertilizzanti, prodotti ittici e liquori.
La questione gas: cosa ci aspetta
Sul gas l’Italia porta a casa un punto importante nella partita che la vede particolarmente esposta (insieme alla Germania) per quanto riguarda le forniture russe. Il nostro Paese “è stato accontentato sul tetto al prezzo del gas e sulle sanzioni a Mosca, che dureranno a lungo e avranno il massimo impatto a partire dall’estate”, ha dichiarato il premier Mario Draghi a Bruxelles.
L’obiettivo del Governo è quello di dare finalmente uno scossone al rincaro del gas, che da ottobre ha iniziato a mettere in ginocchio imprese e famiglie. Le maggiori resistenze all’apertura al price cap erano state avanzate da Germania, Olanda e altri Paesi del Nord Europa.
Alla fine il Consiglio europeo ha però invitato la Commissione – si legge nel documento finale – “a esplorare anche con i nostri partner internazionali le modalità per contenere l’aumento dei prezzi dell’energia, compresa la possibilità di introdurre, ove opportuno, tetti temporanei ai prezzi delle importazioni”. La prossima tappa di questo percorso è fissata nel vertice in programma a fine giugno.
Il lapsus di Draghi sul gas: cosa ha detto il premier
Al termine della conferenza stampa a Bruxelles, il presidente del Consiglio si è reso protagonista di un siparietto “simpatico” proprio sulla questione del gas. Dopo aver parlato di guerra in Ucraina e dei rischi di una crisi alimentare che potrebbe abbattersi su milioni di persone, Draghi cerca di sdrammatizzare scherzando col suo staff.
“Aspettate – si rivolge ai giornalisti subito dopo essersi congedato – Giugliano voleva dicessi qualcosa…”. E infatti ecco avvicinarsi svelto Ferdinando Giugliano, consigliere in forza al team che si occupa di comunicazione, che gli bisbiglia qualcosa all’orecchio. “Ah, ecco… Invece di dire embargo del petrolio ho parlato di gas: vedevo che mi faceva delle facce”, afferma Draghi mimando la preoccupazione del suo consulente, tra le risate in sala. Un lapsus che la dice tutta sulla persistenza della questione energetica nei pensieri delle istituzioni.
Colpo alle banche e al patriarca Kirill (poi rientrato)
Non solo petrolio, gas e merci: il sesto pacchetto di sanzioni dispone anche l’esclusione dal sistema di pagamento internazionale Swift di tre banche russe. Tra queste ci sono anche Sberbank, il principale istituto di credito del Paese, e la seconda banca della Bielorussia.
Nel mirino dell’Ue finiscono anche tre emittenti tv russe e altre influenti personalità. Fino all’ultimo, prima di un ripensamento in fase di definizione del testo, in cima alla black list c’era anche il patriarca Kirill, guida della Chiesa ortodossa russa. Sono ancora presenti invece i militari responsabili delle atrocità compiute a Bucha e in altre aree dell’Ucraina. Infine le compagnie assicurative e le società di consulenza europee non potranno più offrire servizi per le società russe.