La Danimarca ha annunciato di voler introdurre la leva militare obbligatoria femminile entro il 2026, diventando il terzo paese europeo (dopo Svezia e Norvegia) a diffondere la parità di genere assoluta all’interno del proprio esercito. Una scelta che, in questo determinato periodo storico, permettere di far spazio ad una serie di considerazioni.
Intanto, i Paesi europei a mantenere la leva militare obbligatoria sono (oltre a Svezia e Danimarca): Austria, Cipro, Estonia, Finlandia, Grecia e Lituania. In Italia, lo scorso anno si è parlato di reintrodurre la leva o “naja”, in cambio di crediti per l’esame di maturità, agevolazioni universitarie e di altro genere. Ma dal 2005, così come oggi avviene in tutti gli altri Paesi europei non citati sopra, l’arruolamento e la partecipazione all’esercito sono su base volontaria.
Chiarito che la leva è ancora una realtà abbastanza diffusa (in Europa, così come nel resto del mondo), resta da capire perché è importante mantenerla attiva ed implementarla nel 2024, quando mai, nel corso di questo (per ora breve) millennio, abbiamo avuto bisogno di così tanta pace. La premier danese, Mette Frederiksen, risponde a questa domanda dicendo che la Danimarca ha intenzione di “riarmarsi per evitare la guerra”. Il prolungamento del periodo di leva (da 6 a 11 mesi) e la volontà di estenderla anche alla popolazione femminile nascono, quindi, solo dall’esigenza di rendere più efficiente ed inclusivo il sistema di difesa nazionale.
Se è effettivamente così, perché tutti gli altri paesi europei non si impegnano a mantenere la leva obbligatoria? Guardando all’Italia, per esempio, la Legge Martino (con cui è stata sospesa, ma non eliminata la leva) è nata con l’intento di avviare l’esercito ad un percorso di professionalizzazione e adattamento ad un paradigma bellico sempre più tecnologico. Un investimento soltanto in favore di giovani uomini volenterosi e decisi ad entrare a far parte dell’esercito.
Perché in Italia non si è mai discusso realmente di leva femminile. In Danimarca, nel corso del 2023, le donne hanno rappresentato il 25% degli arruolati volontari; qui, invece, solo il 7% dell’organico è donna. Il motivo di questa evidente disparità è, principalmente, culturale: il 28% delle donne italiane crede che la carriera militare non sia minimamente conciliabile con gli impegni familiari. Ma in un Paese in cui, secondo l’EIGE (European Institute for Gender Equality), siamo 4 punti sotto la media europea di punteggio per la parità di genere, nessuna carriera risulta conciliabile con l’immensa disproporzione di impegni familiari tra uomo e donna.
Ecco quindi che, in una Danimarca al quinto posto tra i 152 paesi più impegnati nella lotta alla disparità di genere e con una partecipazione femminile nell’esercito relativamente alta, questo provvedimento rappresenta solo l’ennesimo tassello pronto ad incastrarsi in una visione più ampia ed inclusiva del Paese. E tutti i Paesi che hanno deciso, per i motivi più disparati, di far affidamento sulla leva obbligatoria, sono chiamati a seguire il modello danese, per una rappresentazione sempre più equa anche nella difesa nazionale.
di Alice Franceschi