Lo spoils system (traduzione letterale dall’inglese: sistema del bottino) è la pratica politica, nata negli Stati Uniti d’America tra il 1820 e il 1865, secondo cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione cambiano con il cambiare del governo.
Le forze politiche al governo affidano dunque la guida della macchina amministrativa a dirigenti che ritengono non soltanto che possano, ma anche che vogliano far loro raggiungere gli obiettivi politici. Nell’accezione più negativa, le forze politiche al governo distribuiscono a propri affiliati e simpatizzanti le varie cariche istituzionali, la titolarità di uffici pubblici e posizioni di potere, come incentivo a lavorare per il partito o l’organizzazione politica, e in modo da garantire gli interessi di chi li ha investiti dell’incarico.
Sebbene le linee generali di questa pratica si possano ricondurre alla nozione di clientelismo, l’espressione spoils system non implica, originariamente, una connotazione negativa o l’idea che tale distribuzione di cariche sia necessariamente un abuso.
Anche se l’espressione era già in uso di sicuro dal 1812, è stata resa famosa da un discorso del senatore William Marcy nel 1832, in cui, difendendo una delle nomine del presidente Andrew Jackson, disse: “To the victor belong the spoils of the enemy” (in italiano: “Al vincitore spetta il bottino del nemico”).
Allo spoils system si contrappone spesso il merit system (letteralmente: “sistema del merito”) in base al quale la titolarità degli uffici pubblici viene assegnata a seguito di una valutazione oggettiva della capacità di svolgere le relative funzioni, senza tenere conto dell’affiliazione politica dei candidati agli uffici. Un tipico esempio attraverso il quale si realizza il merit system è un concorso pubblico.
In particolare nel sistema statunitense, durante i primi 60 giorni di mandato, il Presidente degli Stati Uniti d’America copre direttamente 200-300 ruoli chiave dell’esecutivo, rimpiazzando elementi nominati dal mandato precedente. Le nomine istituzionali dette contratti di spoils system decadono nel momento in cui il rappresentante politico perde la carica.
Oggi parliamo del Consiglio dei ministri che ha indicato Daria Perrotta per il ruolo di capo della Ragioneria generale dello Stato. “Si tratta della prima donna a ricoprire questa carica”, ha spiegato il ministro Giorgetti, che ha spinto la sua nomina. Al momento Perrotta è a capo dell’ufficio legislativo dello stesso Giorgetti. La sua nomina, per essere ufficiale, deve prima passare dal vaglio della Corte dei Conti. Se il parere sarà positivo, Perrotta sostituirà Biagio Mazzotta.
Chi è Daria Perrotta, la carriera
Due lauree, una in Scienze politiche e una in Giurisprudenza, un master in Econometria applicata, una carriera tutta all’interno delle istituzioni: Daria Perrotta è la nuova guida della Ragioneria generale dello Stato, prima donna a ricoprire tale incarico.
Prenderà il posto di Biagio Mazzotta, dimissionario diretto verso la presidenza di Fincantieri.
Mazzotta è stato criticato dalla maggioranza per il caso Superbonus, non avendo previsto – è l’accusa più o meno esplicita che gli viene rivolta – il peso enorme che ha avuto sulle finanze pubbliche. La colpa imputata a Mazzotta sarebbe stata quella di non aver previsto ‘il mostro’ che ha divorato negli ultimi anni oltre 200 miliardi di euro di risorse pubbliche, pesando come un macigno sul deficit e sul debito pubblico e complicando il lavoro del Tesoro nella messa a punto delle ultime manovre. Le accuse, più o meno esplicite, sono state però sempre respinte dal diretto interessato che ha resistito al suo posto per oltre un anno.
Classe 1977, maturità classica al liceo Massimo di Roma – lo stesso di Mario Draghi – la carriera di Perrotta inizia come documentarista presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, ruolo che ha ricoperto dal 2000 al 2020. Durante questo periodo ha collaborato con Giancarlo Giorgetti, che ha presieduto la commissione in diverse occasioni. Perrotta ha inoltre lavorato come consigliere giuridico di Maria Elena Boschi, quando era ministra per le Riforme nell’esecutivo Renzi; è stata anche coordinatore delle attività dell’Ufficio di Segreteria del Consiglio dei Ministri nel primo governo Conte, e consigliere per gli Affari Economici di Dario Franceschini, ministro della Cultura. Successivamente è stata capo di Gabinetto a Palazzo Chigi, quando la carica di sottosegretario alla presidenza era stata affidata dal governo Draghi a Roberto Garofoli, e ha ricoperto il ruolo di sostituto procuratore generale presso la Procura lombarda della Corte dei Conti. Perrotta è anche presidente del Collegio dei revisori dei Conti del Coni e presidente del comitato di indirizzo Strategico del Fondo Repubblica digitale.
La scelta di Perrotta ha suscitato polemiche. Il Partito Democratico ha accusato il governo di spoil system, e ha richiesto una revisione dell’iter di nomina. In risposta alle critiche il ministro dell’Economia Giorgetti, interpellato ha detto: “Se la Ragioniera non arriva dalla Corte dei conti o dalla Banca d’Italia ho compiuto un peccato mortale? Ok, ho compiuto un peccato mortale. Siccome è brava, lo dicono tutti, ho pensato di indicarla. Tra l’altro ha lavorato anche con governi di altro colore. Se quelli delle opposizioni volevano fare una polemica dovevano cercare un altro terreno”.
‘Per Perrotta parla il suo curriculum, quindi professionalità, competenza e responsabilità. Tre caratteristiche che devono appartenere a chiunque sia chiamato a ricoprire un ruolo come quello del Ragioniere generale dello Stato. Non credo serva aggiungere altro’, ha detto il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, commentando in un’intervista al Corriere della Sera l’imminente nomina di Perrotta al vertice della Ragioneria generale dello Stato.
Si tratta della prima donna alla guida della Ragioneria, ma anche di una figura esterna al dipartimento, solitamente affidato a membri interni. E proprio questa “estraneità” ha provocato dissapori e malcontenti. In passato, come “esterni” si ricordano Vittorio Grilli e Daniele Franco, che – arrivato da Bankitalia – si fece affiancare proprio da Biagio Mazzotta, poi nominato Ragioniere quando Franco divenne ministro.
La Ragioneria generale dello Stato (in acronimo RGS) è un dipartimento del Ministero dell’economia e delle finanze della Repubblica Italiana.
Si occupa della predisposizione del bilancio di previsione e del rendiconto generale dello Stato (bilancio consuntivo), della tenuta della contabilità, della vigilanza sulla spesa pubblica – in particolare degli agenti contabili – e dell’accertamento delle entrate.
Riveste inoltre compiti di vigilanza sull’attività finanziaria e contabile degli enti pubblici e degli enti locali (attraverso l’esame degli atti deliberativi degli enti stessi, tramite ispezioni o a mezzo di propri revisori).
La Ragioneria generale dello Stato inoltre monìtora la spesa concernente il pubblico impiego, opera previsioni, stime e proiezioni correlate con le proposte legislative del governo.
Struttura organizzativa
È retta dal ragioniere generale dello Stato, dirigente generale con incarico di capo dipartimento. A livello centrale, opera attraverso gli Ispettorati, retti da dirigenti generali, e gli uffici centrali del bilancio (ex ragionerie centrali) allocati presso ogni ministero, che hanno competenza sulla contabilità dei singoli dicasteri. A livello locale opera invece attraverso ragionerie provinciali, che sovrintendono alla contabilità degli uffici territoriali dello Stato.