Ddl Zan e Voltaire: ‘Il meglio è nemico del bene’

Le piazze italiane si riempiono di manifestanti pro e contro il ddl Zan. Sara Giudice e Max Andreetta raccontano le storie di due giovani che per il loro orientamento sessuale hanno subito discriminazioni e violenze.

Intanto, tra chi si oppone all’approvazione della legge Zan, c’è chi dice: ‘Non c’è tutta questa urgenza perché non c’è un reale pericolo’.

Oltre 460mila firme a sostegno del disegno di legge Zan contro l’omotransfobia sono state consegnate  simbolicamente in Senato dai promotori della campagna “Da’ voce al rispetto“, per spingere una rapida approvazione del testo anche a Palazzo Madama, di fronte allo stallo in commissione Giustizia e all’ostruzionismo del centrodestra sul provvedimento.

Dopo l’abbinamento del provvedimento a prima firma Ronzulli-Salvini al testo Zan già approvato a Montecitorio, con il rischio di allungare ulteriormente i tempi, l’appello dei promotori delle due petizioni on line targate “Dà voce al rispetto” (con le firme raccolte su All Out e Change.org) è quello di passare direttamente in Aula per superare l’ostruzionismo. “Non c’è più tempo da perdere, vogliamo che questa legge sia approvata e che venga approvata così com’è”, ha rilanciato Rosario Coco, segretario di Gaynet. Non senza mandare un messaggio a chi, all’interno del fronte che ha già approvato il ddl Zan alla Camera, come i renziani Italia Viva, continua a cercare mediazioni e a invocare trattative per sbloccare lo stallo: “Ogni modifica significherebbe tornare alla Camera e quindi affossare questo provvedimento“, insistono. Era stato lo stesso capogruppo renziano Davide Faraone a parlare di “diverse posizioni su cui è necessario provare a fare sintesi invece che procedere con la dannosa dinamica del derby che non porta da nessuna parte” e a invocare un ‘tavolo politico’: “Possibile che debbano esistere solo le posizioni estremiste fra chi dice di non toccare nulla e Pillon?”, aveva ribadito.

Nonostante il caos che ha generato, i punti del disegno di legge sono ben definiti: il principio che guida tutti gli articoli è quello della «prevenzione e del contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Il testo comprende anche delle dovute precisazioni, per evitare interpretazioni errate: per «sesso», ad esempio, si intende il sesso biologico o anagrafico (ovvero quello con cui si nasce); per «genere», invece, si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona, che sia «conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso»: si tratta dunque della tutela della libera espressione individuale, a prescindere dalle aspettative della società.

Arriviamo poi al termine «orientamento sessuale», per cui si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi. Per «identità di genere», infine, si intende il genere che ciascuno sente di avere, anche se non corrisponde al sesso di origine: questo vale a prescindere dall’aver concluso o meno un percorso di transizione, ovvero di «cambiamento» del proprio sesso.

Il disegno di legge prevede il via libera ai centri antidiscriminazione e a una giornata nazionale contro l’omofobia. Quest’ultima, in particolare, da celebrare il 17 maggio, avrebbe una finalità educativa anche nelle scuole elementari, con attività mirate a promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e a contrastare i pregiudizi. L’istituzione della giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia si andrebbe ad aggiungere a una vera e propria strategia nazionale tesa a individuare misure educative e di istruzione, in coordinamento costante con gli amministrazioni locali e le associazioni che si occupano di questo tema. I centri antidiscriminazione darebbero invece riparo e sostegno alle vittime, sull’esempio di quanto fatto per difendere le donne (più difficilmente gli uomini) vittime di stalking. Il disegno di legge si chiude con le rilevazioni statistiche sulle discriminazioni e sulla violenza.

Tra i punti più problematici il comma d) dell’articolo 1 sul significato di «identità di genere», che recita così: «L’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». Per alcuni questa norma cancellerebbe il dualismo uomo-donna a vantaggio di una auto-percezione individuale, per la quale non verrebbe richiesta una forma di stabilità.

C’è poi il problema della sovrapposizione terminologica tra sesso e genere: il parametro per l’assegnazione dei diritti, previsto dalla Costituzione, oggi è infatti il termine «sesso» e non «genere».

Altro nodo da sciogliere è quello legato all’articolo 1, comma a), in cui non sarebbe chiarito in cosa esattamente debbano consistere (o non consistere) le condotte antigiuridiche. «Estendendo una legge già presente dal ‘94, nessuno si è mai chiesto in cosa consista discriminare e fare violenza per motivi etnici o religiosi perché è chiaro: se domani mattina urlo in piazza ‘picchiate quel prete perché è cattolico’, posso essere inquisito. Se qualcuno dice che non è d’accordo sul matrimonio omosessuale non è invece una discriminazione e non è penalmente rilevabile», conclude Piazzoni. «Su questo però ci sono tante sentenze che hanno chiarito fino all’ultimo dettaglio come deve essere applicata la legge Mancino: ci deve essere un collegamento immediato, diretto e comprovato tra l’eventuale violenza subita dalla persona e colui che ha istigato a questa violenza. Se non c’è, non si applica. Non mi pare che tutti i razzisti di questo paese vengano messi in galera, è un problema che viene sollevato ad arte solo per cercare di bloccare la legge».

Parlare di bloccare la legge lascia intendere che l’approvazione del ddl zan vuol dire che si tenta di bloccare il ‘meglio’ senza considerare quello che affermava Voiltaire: ‘il meglio è nemico del bene’.

Ad esempio,  andrà a processo per avere citato la Bibbia l’ex ministra finlandese Paivi Rasanen. Dopo due anni di indagini il procuratore ha chiesto che Rasanen venga processata per discorsi di odio contro gli omosessuali. L’articolo 10 del Codice penale finlandese include anche l’orientamento sessuale come argomento di incitamento all’odio. Paivi Rasanen rischia una pena fino a due anni di carcere.

Il caso di Paivi Rasanen è emblematico

La notizia, che dovrebbe destare allarme in tutte le coscienze libere, mostra un’impressionante parallelismo con il dibattito in corso in Italia sulla legge Zan che inasprisce le pene per l’omotransfobia. E rispetto alla quale in tanti hanno fatto notare che potrebbe andare a colpire la libera espressione delle opinioni. Proprio come accaduto in Finlandia.

Di quale grave reato si parla, che grande colpa aveva commesso  la Rasanen? Semplice,  aveva citato la Bibbia  in un tweet il versetto biblico “maschio e femmina li creò”. Inoltre, in una trasmissione radiofonica, aveva risposto così a chi le domandava cosa avrebbe pensato Gesù degli omosessuali: “Ho sottolineato – ricostruisce l’accusata – che tutti gli uomini, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, sono sullo stesso piano di fronte a Dio. Sono tutti preziosi, seppur peccatori e bisognosi dell’opera redentrice di Gesù per ottenere la vita eterna”.

Non è un caso isolato. Anche Juhana Pohjola, vescovo della Chiesa luterana finlandese, è stato accusato dal procuratore generale di “incitamento all’odio”. Aveva sostenuto  “che il matrimonio è inteso solo tra un uomo e una donna. Questo è ciò che la chiesa cristiana ha sempre insegnato e insegnerà sempre”.  Timothy Quill, Segretario Generale del Consiglio Luterano Internazionale, ha commentato che “le implicazioni della decisione di incriminare Juhana Pohjola e Päivi Räsänen sono chiare: se le autorità sono disposte a farlo a un rispettato pastore, medico e vescovo eletto, nonché a un membro del Parlamento ed ex ministro degli Interni, questo invia un messaggio di paura e intimidazione a tutti in Finlandia”.

I cristiani rischieranno il carcere per esprimere le loro idee?

Sarà il caso di riflettere bene su quanto sta accadendo in Finlandia prima di sacrificare la libertà di espressione ai dogmi dell’ideologia Lgbt.

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