De Vito non risponde al gip

Si è avvalso della facoltà di non rispondere l’ormai ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito arrestato ieri per corruzione nell’ambito di un filone dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma. De Vito, comparso questa mattina davanti ai magistrati per l’interrogatorio di garanzia, non ha risposto alle domande del gip ma chiederà, secondo quanto riferito dal suo difensore, Angelo Di Lorenzo, di essere ascoltato nei prossimi giorni per chiarire la sua posizione. “Sono stato nominato due ore fa – ha spiegato il legale – dopo la rinuncia di un collega. Ci serve il tempo per organizzare una difesa compiuta. A lui ho detto di riflettere e poi chiedere un nuovo interrogatorio per fare chiarezza”.

“Non ho percepito nessuna tangente, ma solo compensi per attività professionali. Curavo operazioni e transazioni che si svolgono di norma nella pubblica amministrazione”. Così Camillo Mezzacapo ha risposto alle domande del gip secondo quanto riportato dal suo difensore Francesco Petrelli al termine dell’interrogatorio a Regina Coeli. Mezzacapo è stato arrestato ieri insieme a Marcello De Vito. Mezzacapo, ha spiegato il suo difensore, “ha risposto alle domande e ha chiarito ogni aspetto. Ha spiegato solo di aver svolto attività professionali che nulla avevano a che fare con l’attività politica di De Vito”. “Ha chiarito, inoltre, che la Mdl non è una società cassaforte e – ha detto l’avvocato – non è in alcun modo riconducibile a Marcello De Vito”. “Faremo ricorso al Riesame” ha fatto sapere il legale Petrelli.

“I politici ce li abbiamo, ce li abbiamo” dice l’avvocato Camillo Mezzacapo parlando con l’architetto Fortunato Pititto, legato all’imprenditore Statuto e finito agli arresti domiciliari in un’intercettazione che compare nell’ordinanza di ieri che ha portato in carcere De Vito e l’avvocato. Il progetto riguarda la costruzione di un albergo presso l’ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere e Mezzacapo rassicura Pititto in merito al “buon esito dell’operazione”.

“Grave fenomeno corruttivo che si è realizzato ai vertici di Roma Capitale” scrive il gip nell’ordinanza, sottolineando due visioni della vicenda, “quella del privato e quella del pubblico funzionario solo apparentemente opposte ma in realtà uguali e convergenti”. “Solo un’analisi complessiva consente di apprezzare la effettiva gravità delle condotte ed il contesto relazionale estremamente articolato nel quale le stesse si realizzano”. “Quel che appare agli occhi dell’osservatore – si legge nell’ordinanza – ancor prima che del giudice è un quadro desolante in cui sia il privato che il pubblico ufficiale si ritengono centrali percependo quanto altro da sé come meramente strumentale alla realizzazione dei propri interessi e del proprio profitto il cui conseguimento essi perseguono nella piena consapevolezza della illiceità dei loro comportamenti”.

 

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