Decreto Green Pass e il ‘doppiopiedismo di Matteo Salvini’

Un passo avanti sul decreto Green Pass alla mattina, il caso nel voto segreto in Aula alla sera. Mario Draghi e il governo incassano il ritiro da parte di tutti i partiti della maggioranza – Lega inclusa – , degli emendamenti al dl sul certificato verde in votazione alla Camera. E’ il grimaldello che permette al governo di non porre la fiducia sul provvedimento. Ma nella maggioranza la tensione resta altissima. Ma mentre Palazzo Chigi va in questa direzione, anche in virtù di un patto con Matteo Salvini, il Carroccio vota alla Camera alcuni emendamenti di Fratelli d’Italia sul decreto in esame. Matteo Salvini, infatti, annuncia che la Lega è pronta a votare gli emendamenti di Fdi. E, sul primo voto segreto in Aula spuntano fuori 134 sì alla proposta di soppressione del Green Pass avanzata dal partito di Giorgia Meloni. Voti che, in buona parte almeno, non possono che provenire dalla Lega.

“E’ un partito inaffidabile per il governo, chiediamo chiarezza”, attacca il segretario del Pd Enrico Letta. La tensione, complice anche il voto delle amministrative ormai alle porte, è destinata a crescere rischiando di rallentare il percorso sulle riforme indirizzato dal presidente del Consiglio. Ma Draghi non sembra essere intenzionato a deviare la strada del governo rispetto alle tensioni parlamentari. Sono tre, al momento, i macro-temi su cui il premier si muoverà nei prossimi giorni. L’estensione del Green Pass ai dipendenti pubblici e privati, la riforma della concorrenza e la riforma del fisco. Sulla prima misura il premier potrebbe stringere già nelle prossime ore: la filosofia è quella di allargare alle altre tipologie di dipendenti pubblici e privati un obbligo che è già realtà per categorie come medici o insegnanti. Una cabina di regia ad hoc, tuttavia, non risulta ancora convocata. Potrebbe, forse, cadere a ridosso del Cdm che varerà il decreto.

Matteo Salvini ha un piede nella maggioranza e un altro nell’opposizione.  Non rischia per questo visto che se da un lato ritira gli emendamenti leghisti presentati alla Camera al decreto Green pass perché sa di non essere determinante nei numeri parlamentari. Quindi, una strizzata d’occhio a Mario Draghi e, al contempo, tende la mano a Giorgia Meloni,  anche perché a ottobre ci saranno le elezioni amministrative e i due insistono sullo stesso mercato elettorale.

Non sono modifiche di poco conto, stiamo parlando, giusto per fare un esempio, dell’abolizione del certificato verde per entrare nei ristoranti al chiuso.

Ma la sua è una condotta in cui si cerca di tenere dentro tutte le posizioni della Lega senza scontentare né i governatori dell’asse Fedriga-Zaia né l’ala giorgettiana e iper-governista dei lumbard.

Arianna Manzi

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