Decreto legge giustizia approvato del cdm, ma fortemente annacquato sui magistrati

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge in materia di giustizia. Nel dl però non ci sono le misure che riguardano la cybersicurezza. Le nuove norme, inizialmente inserite nella bozza, sono state accantonate in attesa di ‘ulteriori approfondimenti tecnic'”, spiegano le fonti. Alla riunione non era presente il ministro dei Trasporti e vicepremier, Matteo Salvini, assente per motivi familiari.

Il decreto giustizia è un provvedimento atteso che promette di riformare il sistema giudiziario italiano tuttavia, nonostante le aspettative, alcune norme significative sono state escluse, suscitando reazioni contrastanti tra gli operatori del settore. In particolare, la cosiddetta norma bavaglio per i magistrati, che avrebbe previsto l’avvio di azioni disciplinari in caso di inosservanza del dovere di astensione, è stata stralciata. Questa decisione è stata accolta con soddisfazione dalle associazioni di categoria, che avevano espresso forti preoccupazioni riguardo a possibili limitazioni alla libertà di espressione dei magistrati. Si era parlato nei giorni scorsi di introdurre una norma che avrebbe messo in moto l’azione disciplinare per quelle toghe non allineate con l’esecutivo. Il testo prevedeva l’avvio di un procedimento per quelle toghe che «non si fossero astenute per gravi ragioni di convenienza». Una frase, secondo l’Associazione nazionale magistrati, generica e minacciosa che avrebbe creato un cortocircuito negli apparati giudiziari del Paese. Le toghe, questa la loro preoccupazione, avrebbero dovuto cucirsi la bocca per evitare l’obbligo di astensione al primo verdetto collegato in qualche modo ad una loro esternazione, magari sulle politiche migratorie o sui paesi sicuri. È andata in un altro modo e la tempesta, annunciata, non c’è stata. Il ministro Carlo Nordio aveva fatto trapelare la sua contrarietà alla norma che non gli sarebbe mai passata per l’anticamera del cervello. Alla fine, il decreto giustizia non contiene nulla di quello di cui si era discusso. Forse, Palazzo Chigi ha voluto scansare un altro braccio di ferro su un tema obiettivamente scivoloso e dai confini incerti: facile prevedere che i magistrati avrebbero disapplicato la norma pensata per punire i loro presunti eccessi. La sostanza è sempre la stessa. Una parte della magistratura contesta frontalmente le disposizioni del governo, con motivazioni all’apparenza tecniche ma in realtà politiche o che, comunque, possono essere lette come una sfida all’esecutivo. È successo ora con i migranti, ma le ragioni di frizione sono state innumerevoli nel tempo. E tutti i tentativi di rendere le regole più stringenti e severe sono di fatto naufragati, fra polemiche e grida sugli attacchi all’autonomia e all’indipendenza della magistratura.

Un’altra norma che non ha trovato spazio nel decreto riguarda la cybersecurity. L’ipotesi di trasferire la gestione dei reati informatici alla Superprocura antimafia è stata definitivamente accantonata e questa scelta ha sollevato interrogativi sulla capacità del governo di affrontare le sfide legate al cybercrime, un fenomeno in costante crescita. Sebbene il ministro abbia accennato alla possibilità di conferire poteri di coordinamento a un’agenzia, resta da vedere come verranno gestiti i reati informatici in un contesto di crescente vulnerabilità. Il decreto ha perso per strada anche il capitolo cybersicurezza: qui, secondo fonti di Palazzo Chigi, sarebbero necessari «ulteriori approfondimenti». Di fatto, è stata Forza Italia a mettersi di traverso alla nuova norma che prevedeva l’attribuzione alla Dna, la procura nazionale antimafia, del potere di impulso e coordinamento delle indagini sul nuovo reato di estorsione informatica, introdotto in giugno. Oltre all’arresto obbligatorio per alcune fattispecie criminali. Per Forza Italia è un controsenso accrescere il potere della Dna quando è proprio lì che è scoppiato lo scandalo degli spioni, con gli accessi abusivi del finanziere Pasquale Striano.

Tra le novità introdotte dal decreto, spiccano le misure a favore delle donne vittime di violenza. È stato potenziato l’uso del braccialetto elettronico, con l’obiettivo di garantire un monitoraggio più efficace delle persone sottoposte a misure restrittive. La polizia giudiziaria avrà il compito di verificare l’operatività di questo strumento, con la possibilità di revocare gli arresti domiciliari in caso di violazioni. Questa misura rappresenta un passo importante nella lotta contro la violenza di genere, ma sarà fondamentale monitorarne l’efficacia sul campo. ‘La lotta del governo alla violenza contro le donne non si ferma. Con il decreto giustizia varato oggi dal Consiglio dei ministri e’ stata ulteriormente potenziata l’efficacia dell’utilizzo dei braccialetti elettronici come strumento di controllo delle misure cautelari’, dichiara Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalita’ e le Pari Opportunita’. ‘Da un lato – prosegue – sono state esplicitate le procedure di accertamento che la polizia giudiziaria deve compiere per verificare il corretto funzionamento dello strumento per ogni singolo caso, imprimendo peraltro un’accelerazione con la fissazione a 48 ore del termine entro cui questi accertamenti devono essere compiuti. Dall’altro, sono state inasprite le conseguenze in caso di comportamenti che artatamente determinino un malfunzionamento del braccialetto. Si tratta di un ulteriore passo avanti – conclude Roccella – per rendere ancora piu’ efficaci la prevenzione e il contrasto di questa piaga, fermando le situazioni di violenza prima dell’irreparabile. La lotta del governo alla violenza contro le donne non si ferma. Con il decreto giustizia varato dal Consiglio dei ministri è stata ulteriormente potenziata l’efficacia dell’utilizzo del dispositivo come strumento di controllo delle misure cautelari». Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, rilancia attenzione e operato del governo: «Da un lato – prosegue – sono state esplicitate le procedure di accertamento che la polizia giudiziaria deve compiere per verificare il corretto funzionamento del braccialetto elettronico per ogni singolo caso, imprimendo peraltro un’accelerazione con la fissazione a 48 ore del termine entro cui questi accertamenti devono essere compiuti. Dall’altro, sono state inasprite le conseguenze in caso di comportamenti che artatamente determinino un malfunzionamento del braccialetto elettronico. Si tratta di un ulteriore passo avanti – conclude Roccella – per rendere ancora più efficaci la prevenzione e il contrasto di questa piaga, fermando le situazioni di violenza prima dell’irreparabile».

Il decreto giustizia introduce anche modifiche significative nel settore dell’edilizia carceraria. Il commissario straordinario avrà ora la facoltà di approvare progetti per nuovi istituti penitenziari senza necessità di intesa con le regioni. Questa semplificazione potrebbe accelerare la costruzione di nuove strutture, ma solleva interrogativi sulla qualità e sull’adeguatezza degli spazi carcerari. Inoltre, il decreto prevede il rinvio del rinnovo dei Consigli giudiziari e introduce deroga temporanea per i magistrati assegnati a procedimenti di famiglia, in vista dell’istituzione del nuovo tribunale.

Le elezioni dei Consigli della Cassazione sono state rinviate al 2025 Tra le misure introdotte dal decreto sulla giustizia, vi è la proroga del termine per le elezioni dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Pertanto le elezioni previste per l’anno 2024 sono differite al mese di aprile 2025.

C’è chi si chiede se in questo modo il Paese possa realmente fare dei passi avanti ma, intanto, il decreto Giustizia ha ottenuto il via libera, con una norma mancante che potrebbe generare malumori nella maggioranza per la mancanza di ‘norma bavaglio’. Perché si chiamava ‘norma bavaglio’? Il motivo è semplice: l’introduzione di un illecito disciplinare, indirizzato alle toghe non intenzionate ad astenersi dai procedimenti nel caso in cui “sussistano gravi ragioni di convenienza”. Una modifica sostanziale, che amplia nettamente il novero dei casi, in aggiunta a quella che è già l’astensione obbligatoria prevista dalla legge.nSecondo i critici della norma, l’obiettivo sarebbe stato quello di rimuovere determinati fascicoli dalle scrivanie di magistrati ritenuti “politicizzati”. Sarebbe stato dunque impossibile fronteggiare dei casi specifici, laddove fosse stata precedentemente presa posizione in pubblico (convegni, libri, documenti e/o interviste). Un esempio calzante in merito è quello dei richiedenti asilo in Albania. Uno dei capitoli più spinosi e complessi di questa maggioranza. La destra si è espressa in massa in merito, con uno scontro a distanza con Silvia Albano, tra i giudici di Roma che hanno bloccato i trattenimenti in corso. Ecco le parole di Matteo Salvini: “Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano, dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione Comunista. Sono un problema per l’Italia”. Ecco, dunque, la presunta ‘convenienza’, che sarebbe stata giudicata da Nordio, in caso di passaggio della norma, fino a una potenziale azione disciplinare dinanzi al Consiglio superiore della magistratura. Da qui, potenzialmente, il passo verso ammonimento e rimozione dall’ordine non sarebbe stato poi così lungo.

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