Il decreto sulla Pubblica amministrazione presentato in Aula dal governo di Giorgia Meloni ha incassato un primo voto di fiducia alla Camera dei Deputati. Gli onorevoli che si sono espressi a favore sono stati 203 (espressione degli eletti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia), solo 3 gli astenuti, mentre il numero dei parlamentari contrari si è fermato a quota 134.
Ben 149 gli ordini del giorno presentato dal Partito Democratico, dal Movimento 5 stelle, dal Terzo Polo e dal Movimento per le Autonomie: un modo per fare ostruzionismo e ritardare l’approvazione definitiva del provvedimento, che infatti è slittata alla seduta successiva.
Mentre la lunga fila di ministri e sottosegretari raggiungeva la postazioni riservate al governo, Elly Schlein è stata tra le prime a prendere la parola per attaccare l’operato dell’esecutivo. La segretaria del PD non ha usato mezze parole per esprimere il proprio pensiero, parlando di un “inasprimento della conflittualità con le toghe“.
Il riferimento è alla limitazione del cosiddetto controllo concomitante che il nostro ordinamento riserva ai magistrati della Corte dei Conti, con la maggioranza che ha deciso di escludere i lavori e i cantieri relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza dalle valutazioni dei giudici. È questa la voce ritenuta più importante tra quelle che compongono il testo al voto, assieme a quella che proroga la validità di quello che viene definito lo scudo erariale, riservato ai funzionari pubblici. Ed è proprio da quest’ultimo argomento che vogliamo partire per illustrare tutte le misure contenute nel decreto.
Decreto PA, prorogato lo scudo erariale per i dipendenti statali: cosa prevede lo strumento e quando entra in gioco
Fino al 2020 i dipendenti statali erano perseguibili per eventuali reati compiuti, come ad esempio la truffa ai danni della Pubblica amministrazione, oppure la sottrazione indebita di denaro – a meno che le loro azioni non fossero la diretta conseguenza di una forma di distrazione classificata come “accettabile”. A livello giuridico, questi casi rientrano nella fattispecie della colpa semplice, che si differenzia soprattutto dal dolo in quanto chi compie la scorrettezza non lo ha fatto con la volontà di arrivare a quel risultato.
Nelle altre situazioni invece – identificate dalla normativa vigente come reati di colpa grave – quasi sempre scattava l’iscrizione nel registro degli indagati del funzionario in oggetto, che veniva perseguito in sede penale o in quella amministrativa. Questo accadeva anche nel caso in cui (constatate le gravi negligenze nel suo operato), la persona interessata avesse avvallato e firmato il progetto per la costruzione di un’opera poi dichiarata inutile.
Ebbene, lo scudo interviene proprio in queste ultime situazioni descritte, limitando la responsabilità del lavoratore ai soli casi di dolo e quando si verificano omissioni gravemente colpose. Lo strumento – che in molti, dalle parti del Nazzareno, hanno iniziato a chiamare con il nome di “patente di impunità” – era stato introdotto con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, successivamente confermato anche da Mario Draghi e ora prorogato per la seconda volta con Giorgia Meloni premier.
Decreto PA, cosa cambia per i funzionari pubblici e quali figure verranno trattenute in servizio
Andando oltre queste 2 voci che costituiscono il corpus principale del decreto, uno dei capitoli più rilevanti riguarda il trattenimento in servizio – per un periodo in ogni caso non eccedente il 31 dicembre 2026 (per un totale quindi di 3 anni e mezzo) – dei dirigenti titolari di incarichi di funzione, ivi compresi quelli coloro che non siano dipendenti pubblici di ruolo. In sostanza, si permette allo Stato di mantenere al lavoro i profili e le personalità ritenute indispensabili per il buon funzionamento di alcuni ambiti specifici della Pubblica amministrazione.
La misura si delinea come molto importante perché consente di non mandare in pensione (o, per i lavoratori più giovani, di non trasmigrare verso le aziende private) alcune figure cardine della farraginosa e complicata macchina statale, che proprio nell’ultimo periodo – in particolare in quei posti ministeriali cruciali per il PNRR – ha visto la fuga di molti tecnici inseriti da anni all’interno dei dicasteri. Tra gli esponenti politici più critici verso l’operato del governo, c’è chi individua la causa di questo “fuggifuggi” nell’accentramento sulla persona di Raffaele Fitto voluto dalla stessa presidente del Consiglio per quanto riguarda l’andamento del Piano nazionale.
Infine, elenchiamo 3 (macro) provvedimenti contenuti nel decreto che lo caratterizzano a livello strutturale e che hanno conseguenze dirette sulla vita di milioni di cittadini:
viene individuato un numero di posti prestabilito (differente da bando a bando, ma indicabile attorno al 15% del totale) da assegnare ai volontari del servizio civile universale nelle procedure di concorso pubblico per i ruoli non dirigenziali e negli istituti di supporto agli enti locali (contestualmente, aumentano anche i posti riservati alle persone con disabilità);
viene fissato a 36 mesi il periodo massimo di aspettativa non retribuita per i dipendenti pubblici, mentre è ampliata la platea dei Comuni che possono utilizzare personale assunto a tempo pieno di altre amministrazioni locali;
vengono messe a punto diverse assunzioni straordinarie che riguardano i lavoratori più giovani (studenti fino a 24 anni titolari di contratti di apprendistato, di formazione e lavoro) e la Polizia di Stato (che vede il proprio organico incrementarsi di 302 unità complessive, destinate in maniera proporzionale in tutte le regioni d’Italia a seconda della carenza attuale), mentre ci sono anche altre modifiche che riguardano i dirigenti scolastici, che d’ora in avanti avranno meno problemi nell’ottenimento dello spostamento presso un’altra sede (anche al di fuori dell’odierna regione di arruolamento).
L’Agenzia per l’Italia Digitale, il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio e Infocamere hanno inaugurato il nuovo INAD: Indice Nazionale dei Domicili Digitali. Nei piani dell’Agid l’INAD è una pietra miliare nei rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, nonché nel faticosissimo e lunghissimo processo di digitalizzazione della PA italiana.
Come ha dichiarato il Sottosegretario di Stato con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, “Si tratta di un progresso importante. Il domicilio digitale, insieme alla Piattaforma Notifiche, ci consentirà di compiere un passo avanti fondamentale per la digitalizzazione del Paese e la semplificazione dei rapporti tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione“.
Che cos’è l’INAD
Come dice il nome stesso, l’INAD è un indice all’interno del quale verranno inseriti tutti i domicili digitali scelti dai cittadini italiani e dalle aziende che operano nel tessuto economico del nostro Paese.
L’INAD prevede anche delle apposite interfacce, attualmente in fase di test, tramite cui la Pubblica Amministrazione potrà accedere all’elenco e trovare il domicilio digitale di ogni cittadino, impresa o ente di diritto privato che ne ha scelto uno.
Che cos’è il domicilio digitale
In parole molto semplici: il domicilio digitale è l’equivalente digitale del nostro domicilio fisico, cioè un posto online dove la Pubblica Amministrazione può inviare notifiche e atti evitando di inviare una raccomandata A/R al nostro domicilio fisico.
Il domicilio digitale è quasi sempre una casella di Posta Elettronica Certificata ed è già obbligatorio per professionisti ed imprese, mentre al momento non c’è l’obbligo di eleggere un domicilio digitale per i privati cittadini.
Ci sono, però, diversi vantaggi del domicilio digitale che non andrebbero sottovalutati. Scegliere un domicilio digitale, infatti, ci permette di ricevere tutte le comunicazioni da parte di tutti gli enti pubblici con cui abbiamo a che fare in un unico posto: la nostra PEC.
Le comunicazioni arrivano prima, non si pagano le spese di notifica, non è necessario comunicare il nuovo domicilio se ci trasferiamo in un’altra casa, in un altro Comune o in un’altra Regione.
Cosa cambia con INAD
INAD sarà pienamente attivo dal 6 luglio 2023 e tutti i domicili digitali già dichiarati alla PA saranno rintracciabili, tramite il codice fiscale del cittadino o del professionista.
Dal 6 luglio, quindi, gli uffici pubblici che devono inviare una comunicazione hanno l’obbligo di verificare se esiste un domicilio digitale del cittadino a cui tale comunicazione è destinata. Se c’è, allora l’atto verrà mandato solo in forma digitale e verrà ricevuto in tempo reale.
Come registrarsi all’INAD
L’inserimento nell’INAD è automatico per tutti coloro che hanno eletto il proprio domicilio digitale. Per eleggerne uno è necessario visitare il portale https://domiciliodigitale.gov.it e registrarsi utilizzando lo SPID, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).
Dopo la registrazione, il sistema chiederà di inserire un indirizzo PEC che diventerà il nostro domicilio digitale, che diventerà consultabile a partire dal 6 luglio 2023.