Il ministero dell’Economia ha pubblicato sul suo sito il Def, il Documento di economia e finanza approvato in Consiglio dei ministri. La versione finale conferma le indicazioni generiche sulla flat tax così come sulle clausole di salvaguardia da disinnescare per evitare il tanto temuto aumento dell’Iva. Le premesse, scritte dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, sottolineano un aspetto critico, ovvero la necessità di trovare “coperture di notevole entità”. Risorse che serviranno proprio per mettere in campo la flat tax e scongiurare l’aumento dell’Iva. Sul primo punto, la prossima legge di Bilancio, da varare entro la fine dell’anno, dovrà far partire “il processo di riforma delle imposte sui redditi (flat tax) e di generale semplificazione del sistema fiscale”. Manca, però, una stima dei costi per il piano del governo sulla tassa piatta. Per ora l’ipotesi è che servano almeno 12-15 miliardi. Da aggiungere ai 23 necessari per evitare l’aumento dell’Iva.
“Non si è mai pensato di aumentare l’Iva per fare la flat tax. Che senso avrebbe?”, ha detto il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini a Rtl 102.5. Salvini è tornato anche sull’obiettivo di avere “meno burocrazia e meno tasse. Già da quest’anno le partite Iva fino a 100mila euro avranno una dichiarazione dei redditi ultra semplificata. Se messi a parità di condizioni i nostri imprenditori non hanno rivali nel mondo”. Quanto alla pace fiscale si farà “già da quest’anno. Conviene agli imprenditori, che hanno dichiarato, e allo Stato”.
“Il profilo delineato per l’indebitamento netto – ha scritto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nella prefazione al Def 2019 -, anche alla luce degli oneri necessari al rifinanziamento delle cd politiche invariate (missioni di pace, pubblico impiego, investimenti), richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità. La legislazione vigente in materia fiscale viene per ora confermata nell’attesa di definire le misure alternative di copertura e di riforma fiscale nel corso dei prossimi mesi, in preparazione della Legge di Bilancio 2020”.
In un colloquio con Repubblica e con la Stampa, il premier Giuseppe Conte ha detto che “sarebbe un errore ritrarsi in una logica di austerità che porterebbe conseguenze ancora più pesanti”. “Stiamo affrontando un quadro economico complicato”, ammette il premier, che però poi aggiunge: “Se guardiamo agli ultimi dati disponibili nel primo trimestre dell’anno l’Italia sta mostrando una performance promettente”. “Dobbiamo perseguire con una politica che, in un quadro di sostenibilità finanziaria, preveda incentivi, semplificazioni, misure di sostegno alle imprese e all’occupazione. Fin qui abbiamo seminato, ora dobbiamo raccogliere i frutti”, afferma.
L’idea è quella di trovare le risorse grazie ai tagli di spesa e alla revisione dei bonus fiscali. Il governo, in realtà, non fa molto affidamento sulla spending review, da cui si attende di ricavare un miliardo in tre anni. Meglio potrebbe andare coi tagli ai ministeri, i famosi due miliardi accantonati su richiesta di Bruxelles con la legge di Bilancio, che ora tornano a essere considerati a tutti gli effetti e che servono per evitare che il deficit salga oltre al 2,4% (e non più il 2,04% inizialmente preventivato a causa della mancata crescita). Ma per arrivare alle cifre richieste servono ben più risorse, motivo per cui la soluzione più probabile e in parte già annunciata è quella delle tax expanditures, cioè i 70 miliardi che vengono spesi in bonus fiscali per aiutare i contribuenti e le imprese attraverso detrazioni, deduzioni e regimi agevolati.
Il governo punta anche sulle privatizzazioni e sulle dismissioni di immobili. Per le privatizzazioni stima entrate da 32 miliardi nel triennio, di cui 17 già quest’anno. L’obiettivo è ridurre il debito pubblico con queste due operazioni, ma già quest’anno sale nonostante tenga conto di 17 miliardi provenienti dalle privatizzazioni (inseriti nella legge di Bilancio e corrispondenti all’1% del Pil). Il problema, però, è che la strada è ancora in salita e il piano non è stato neanche programmato. Poi l’esecutivo stima di poter recuperare altri 10 miliardi tra il 2019 e il 2020. Per le dismissioni, invece, la manovra prevedeva 1,2 miliardi nel triennio. Ora diventano quasi 4 in tre anni. In questo caso, però, un pacchetto di cessione per le caserme della Difesa è stato già pensato.