Depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale

Depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale. Anzitutto il ballottaggio, che così come configurato dall’Italicum,  scrive la Consulta,   rischia di comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto.

E ancora: ‘Una lista può accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito, al primo turno, un consenso esiguo, e ciononostante ottenere il premio, vedendo più che raddoppiati i seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno. Da tali disposizioni dunque si produce un effetto distorsivo analogo a quello individuato dalla Consulta nella sentenza contro il Porcellum.

Inoltre per la Corte costituzionale ben può il legislatore innestare un premio di maggioranza in un sistema elettorale ispirato al criterio del riparto proporzionale di seggi, purché tale meccanismo premiale non sia foriero di un’eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa.

In questo caso, però, la Corte ravvisa una ‘lesione’ della Costituzione per le concrete modalità dell’attribuzione del premio attraverso il turno di ballottaggio,  laddove prefigura stringenti condizioni che rendono inevitabile la conquista della maggioranza assoluta dei voti validamente espressi da parte della lista vincente.

Sulla soglia di sbarramento introdotta con l’Italicum la corte Costituzionale dice invece che non è irragionevolmente elevata e non determina di per sé, una sproporzionata distorsione della rappresentatività dell’organo elettivo.

 La Corte evidenzia che non può’ essere la compresenza di premio e soglia, nelle specifiche forme ed entità concretamente previste dalla legge elettorale, a giustificare una pronuncia di illegittimità del premio: ben vero che qualsiasi soglia di sbarramento comporta un’artificiale alterazione della rappresentatività di un organo elettivo, che in astratto potrebbe aggravare la distorsione pure indotta dal premio.

Per la Consulta inoltre sono necessarie maggioranze parlamentari omogenee in quanto la Costituzione, se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non lo devono ostacolare

Se le parole della Corte portano indicazioni utili alle Camere, un elemento di freno e confusione giunge dal confronto interno al Pd: un eventuale congresso anticipato porterebbe al congelamento della legge elettorale fino alla scelta del nuovo segretario e della sua linea politica.

Ieri la Commissione Affari costituzionali ha avviato l’esame delle 18 proposte di legge elettorale finora depositate. Il presidente e relatore, Mazziotti, le ha illustrate facendo una premessa che ha riecheggiato il monito del presidente Sergio Mattarella: il sistema che la Corte consegna, con le due sentenze del 2014 e dello scorso 25 gennaio, anche se è applicabile, non e’ omogeneo tra le due Camere, poco coerente nei suoi principi fondamentali, inidoneo a salvaguardare l’obiettivo della stabilita’ dei governi.

Insomma guai ad andare a votare con i due sistemi usciti dalle due sentenza; un monito rafforzato dalla Corte Costituzionale nelle sue motivazioni. Per altro la tentazione del voto a giugno senza una nuova legge elettorale sembra stato scartato anche da Matteo Renzi e da M5s che ne erano stati gli alfieri.

Ma la Consulta ha chiarito anche un aspetto importante del ballottaggio, da lei bocciato nell’Italicum: così come era stato congegnato è lesivo del principio di rappresentanza, perché non pone una soglia minima per accedere al secondo turno. Questo significa che sistemi con un doppio turno sono teoricamente ancora in campo, anche se andrebbero articolati diversamente.

Ma con l’attuale bicameralismo sono tecnicamente difficili da realizzare.

In ogni caso già martedì la Commissione Affari costituzionali deciderà il calendario della legge elettorale, con Danilo Toninelli di M5s, che sollecita un ‘cronoprogramma’ che garantisca l’approdo in Aula il 27 febbraio.

A ingarbugliare tutto è però il dibattito interno al Pd, che terrà la propria Direzione lunedì, alle quale si attende una parola di Matteo Renzi in risposta alla minoranza. Questa ha condizionato il proprio assenso alla legge elettorale alla tenuta del Congresso del Partito e al proseguimento della legislatura fino alla sua scadenza, febbraio 2018.

I renziani hanno cominciato a chiedere l’anticipo del congresso in modo da concluderlo con le primarie entro luglio. Percorso su cui frenano i bersaniani. Se dunque lunedì Renzi avviasse le procedure congressuali, è difficile pensare che il Pd abbia una posizione unitaria sulla legge elettorale prima che dalle primarie esca il segretario e la sua linea. La legge elettorale procederebbe alla Camera con calma, con audizioni di esperti e approfonditi dibattiti, ma la sua definizione slitterebbe. Invece un accordo in extremis tra Renzi e la minoranza, oggi difficile da prevedere, aprirebbe le porte ad un iter più rapido, verso una legge con premio alla coalizione anziché alla lista, un sistema che piace agli alleati del Pd e anche a Fi.

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