Deputato della Lega contro Silvia Romano: “È una neo-terrorista”. Bagarre alla Camera

Il caso Silvia Romano infiamma la Camera dopo che il deputato della Lega Alessandro Pagano ha definito la giovane come una neo-terrorista.

 Pagano era intervenuto per parlare di un ordine del giorno legato al decreto contro la crisi coronavirus. Usando come sponda l’assenza delle istituzioni al funerale di un poliziotto morto, ha piazzato l’affondo contro Silvia Romano: “Quando è tornata una neo-terrorista, perché questo è El Shabaab, sono andati ad accoglierla“.

Le dichiarazioni di Pagano hanno scatenato una vera e propria bagarre. La vicepresidente della Camera Mara Carfagna ha definito inaccettabile l’intervento del deputato della Lega, ma la condanna della presidente della seduta non ha spento le polemiche. Urla, insulti e tensione tangibile tra i banchi, con i deputati della maggioranza che si sono scagliati contro il leghista. Pagano si è difeso facendo sapere di essersi limitato a citare un quotidiano italiano. “Volevo evidenziare la differenza dell’atteggiamento verso alcuni luoghi di culto, anche dell’Islam moderato…“, prova a difendersi il deputato della Lega.

Dura la risposta di Fiano, in quota Partito democratico: “È inaccettabile calunniare una ragazza prigioniera di una banda di terroristi. In assenza di qualsiasi prova di fatto, Silvia Romano è stata interrogata e nulla è emerso e non è accettabile che venga tacciata di un reato secondo il codice penale italiano ed è inaccettabile che qualcuno pensi che in quest’Aula si spossa permettere di calunniare una persona che per 18 mesi è stata prigioniera dei terroristi“.

‘I 4 milioni di dollari pagati dallo Stato italiano per il riscatto di Silvia Romano aiuteranno Al-Shabaab a finanziare le proprie attività terroristiche’, a chiarirlo è lo stesso portavoce dei tagliagole somali, Ali Dhere, in una clamorosa intervista concessa a Repubblica.

Quei soldi, ha spiegato al telefono, “in parte serviranno ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la jihad, la nostra guerra santa. Il resto servirà a gestire il Paese: a pagare le scuole, a comprare il cibo e le medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano”.

Ali Dhere ha parlato anche della conversione all’Islam di Silvia, che tornata in Italia ha spiegato di volersi far chiamare Aisha.  “Da quanto mi risulta Silvia Romano ha scelto l’Islam perché ha capito il valore della nostra religione dopo aver letto il Corano e pregato”.

Al rapimento della cooperante italiana, ha detto ancora il portavoce, hanno partecipato “decine di persone”, ma non è stato organizzato dai vertici del gruppo: “C’è una struttura in seno ad Al Shabaab che si occupa di trovare soldi per far funzionare l’organizzazione, la quale poi li ridistribuisce al popolo somalo. È questa struttura che gestisce le diverse fonti d’introiti”. Tra cui, appunto, i rapimenti di occidentali.

Il portavoce spiega poi perché Silvia non è stata maltrattata: “Silvia Romano rappresentava per noi una preziosa merce di scambio. E poi è una donna, e noi di Al Shabaab nutriamo un grande rispetto per le donne”. “Abbiamo fatto di tutto per non farla soffrire, anche perché Silvia Romano era un ostaggio, non una prigioniera di guerra.

I prigionieri di guerra li passiamo per le armi, esattamente come fa l’esercito somalo quando cattura un soldato di Al Shabaab. Prima di giustiziare i prigionieri, le truppe di Mogadiscio li torturano per farli parlare, per estorcere tutte le informazioni possibili sulle nostre postazioni strategiche o sulla struttura di comando del nostro gruppo.

Ma i nostri soldati sono addestrati anche a soffrire, perciò molti muoiono sotto tortura senza rivelare nulla. Noi invece non dobbiamo torturare nessuno, perché sappiamo tutto, avendo a Mogadiscio infiltrato i nostri uomini in ogni istituzione, ministero, partito politico e perfino nell’esercito somalo”.

In realtà l’immagine di Silvia Romano che, lasciandosi alle spalle 535 giorni d’incubo, scende dall’aereo con indosso un jilbab verde è forse il maggior successo propagandistico degli Al Shabaab somali. Come ha scritto Domenico Quirico, l’inviato della Stampa che ha vissuto di persona l’esperienza del sequestro, in quell’abito verde – il colore dell’Islam – che la cooperante «non ha voluto lasciare dietro, c’è il mondo dell’islamismo radicale con i suoi codici le sue parole d’ordine i territori segreti l’incubo dei predicatori che sanno ispirare l’animo alla follia,  la sua manovalanza e suoi gerarchi».

Perché la vicenda di Silvia Romano, e il suo esito, danno ad Al Shabaab un riconoscimento fin qui mai ottenuto. L’immagine di una ragazza occidentale, sorridente dopo aver passato 18 mesi in ostaggio, che dichiara di essersi convertita senza costrizione e che anzi fa sapere di essere stata trattata bene dai suoi carcerieri, conferisce al gruppo jihadista somalo una falsa immagine,  quasi compassionevole.

In chiusura c’è da dire che al  vaglio dei pm di Milano, che indagano sugli insulti e sulle minacce a Silvia Romano, c’è anche un post di Vittorio Sgarbi, il quale ha scritto che la giovane ‘va arrestata’ per ‘concorso esterno in associazione terroristica’.

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