A ogni tornata elettorale la Lega, alleata con il centrodestra, si afferma come la forza trainante del Paese. Il prossimo anno sono previste elezioni regionali e europee con sistemi di voto, a turno unico nel primo caso, proporzionale nel secondo, che aumentano di fatto la concorrenza fra Lega e M5s.
Di fronte a questo visibile rischio i pentastellati si sono mossi sui vitalizi dove la questione approda al piano nobile di Montecitorio, con il presidente della Camera Fico che è pronto a dare una sforbiciata a più di 1200 assegni che ricevono gli ex parlamentari. Parliamo di un risparmio di una ventina di milioni di euro, atto fortemente simbolico che non basta per far esultare gli italiani, Di Maio, dal lato suo, vuol fare – oltre al decreto dignità – il reddito di cittadinanza: ‘Serve subito, perché è un’emergenza sociale: Non è dare soldi a qualcuno per starsene sul divano. Ma è dire con franchezza: hai perso il lavoro ora ti è richiesto un percorso per riqualificarti ed essere reinserito in nuovi settori. Ecco perché non basterà formarsi, cercare attivamente un’occupazione. In cambio del reddito minimo, dai al tuo sindaco ogni settimana 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità’.
In pratica torniamo ai lavori socialmente utili (LSU) rivisitati e rigenerati sotto le ‘cinque stelle’. Misura provvisoria di lavoro divenuti, in alcune aree del Paese, una vera e propria condizione professionale.
Uno stato giuridico stabilizzato da decenni, sempre eguale a se stesso, compreso il fatto che gli interessati hanno sempre evitato con cura di svolgere qualsiasi attività formativa che venisse loro proposta o anche di accettare percorsi di inserimento nel mercato del lavoro privato, essendo la posizione degli LSU divenuta ormai una sorta di ultimo girone dell’impiego nelle pubbliche amministrazioni.
Per il reddito di cittadinanza è utile partire da una definizione tecnica tra chi ‘ha perso il lavoro’ e si chiama ”disoccupato’, da non confondere con quanti il lavoro non lo hanno ancora sperimentato, i quali vengono definiti ‘inoccupati’.
A tutela dei disoccupati (involontari, ai sensi dell’art. 38 della Costituzione) esiste, da molti decenni, una indennità che, da ultimo ha preso il nome di Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) e che, tutto sommato, è più conveniente del reddito di cittadinanza.
L’ammontare dell’assegno, graduato in funzione del profilo di occupabilità, è spendibile presso i Centri per l’impiego o presso i soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive del lavoro. Nelle prime esperienze di politiche attive, messe in atto dall’Anpal, è emerso che i lavoratori disoccupati preferiscono centellinare fino all’ultimo giorno di durata il regime Naspi, prima di rimettersi in gioco attraverso un percorso di riqualificazione accompagnato dal relativo assegno. Ma che cosa è scritto, in proposito del reddito ‘grillino’, nel contratto giallo-verde?
Ecco qua:
La misura si configura come uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno; l’ammontare dell’erogazione è stabilito in base alla soglia di rischio di povertà calcolata sia per il reddito che per il patrimonio. L’ammontare è fissato in 780,00 Euro mensili per persona singola, parametrato sulla base della scala OCSE per nuclei familiari più numerosi‘.
Versare in condizione di bisogno è sicuramente un concetto molto più ampio dell’essere disoccupato. Infatti, il profilo dei beneficiari viene descritto dal comma 2 dell’articolo 1 dell’ AS 1148, la pietra miliare dell’iniziativa pentastellata, nei seguenti termini:
Il reddito di cittadinanza è finalizzato a contrastare la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a garantire il diritto al lavoro, la libera scelta del lavoro, nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche finalizzate al sostegno economico e all’inserimento sociale di tutti i soggetti in pericolo di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.
Partendo da questa premessa siamo legittimati a pensare che per ragione di costi il reddito di cittadinanza sarà ridimensionato per quanto riguarda i destinatari. Ovvero sarà rivolto solo ai disoccupati e non agli inoccupati nonché, come integrazione fino a 780 euro mensili, ai lavoratori con retribuzione inferiore.
Ma a che cosa servirebbe se fosse così? A prendere il posto della Naspi? Siamo propensi a credere che il neo ministro abbia le idee confuse in materia di diritto del lavoro. E soprattutto non conosca neppure la legislazione vigente.
Esempio:
Le regole della Naspi
Requisiti d’accesso: status di disoccupato; almeno 3 settimane di versamenti contributivi nei 4 anni precedenti la disoccupazione; almeno 30 giorni di lavoro effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Calcolo e misura della prestazione: la Naspi è rapportata alla somma degli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata x 4,33 (per rapportarla a mese)
• se il reddito mensile di riferimento (RMM) è = o < a 1.195 euro ( nel 2015) l’indennità è pari al 75%
• se RMM è > di 1.195 euro, la prestazione è pari al 75% di tale importo + il 25% della differenza tra RMM e 1.195 euro
• massimale mensile: 1.300 euro (rivalutabili)
• décalage: -3% mensile dal IV mese (Aspi: -15% dopo 6 mesi che si somma a -15% dopo 12 mesi)
Esempio di calcolo:
• Retribuzione mensile di riferimento (RMM):
• 1.600 euro lordi
• a) 1.195,00 x 75% = 896,25 euro
• b) 405,00 (1.650-1.195) x 25% = 101,25 euro
• Totale Naspi (che non è sottoposta a prelievo contributivo ex art. 26 l. n. 41/1986):
• 896,25 + 101,25 = 997,50 euro
• La contribuzione figurativa è rapportata alla RMM entro un limite pari a 1,4 l’importo massimo mensile della Naspi per l’anno in corso.
Durata:
• l’indennità è concessa mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle oggetto di contribuzione negli ultimi 4 anni (quindi per un max di 2 anni);
Condizionalità:
• Permanenza dello stato di disoccupazione.
• Regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti.