‘Qui bisogna fare squadra. Chi non la pensa così è fuori’ è il monito lanciato da Conte dall’Eurochocolate di Perugia nel tentativo di sedare gli scontri nella maggioranza sulla manovra. Per quanto Palazzo Chigi avesse poi cercato di rubricare l’exploit come un discorso di carattere generale, i destinatari del messaggio sono chiari.
Da una parte Luigi Di Maio, sempre più attento al ‘popolo delle partite Iva’, che chiede di non toccare il regime forfettario, di essere meno rigidi su limiti al contante e pos e tiene duro sulla battaglia per il carcere ai grandi evasori. Dall’altra Matteo Renzi, che dal palco della Leopolda insiste sulla cancellazione di Quota 100, che per M5s non si tocca. Tutti temi che verranno affrontati nel vertice di maggioranza convocato oggi prima di un Consiglio dei ministri che, sulla carta, dovrebbe occuparsi delle aree terremotate.
Di Maio, intervistato da Rainews a Matera, va subito al punto: ‘Se va casa il Movimento è chiaro che è difficile che possa esistere ancora una coalizione di governo, anzi, quasi impossibile, mi auguro che nei prossimi giorni queste dichiarazioni possano essere chiarite. Sono soddisfatto che sia stato convocato il vertice di maggioranza oggi e potremo discutere di questo ma devo dire anche che i toni di queste ore mi meravigliano, mi sorprendono e ci addolorano come Movimento 5 stelle, ma non è il tema del Movimento, toni del tipo ‘O si fa così o si va a casa’ fanno del male anche al Paese ed al governo perché in politica si ascolta e si prendono in considerazione le proposte della prima forza politica che regge questo governo che è il Movimento. Secondo me non c’e’ nessun ultimatum, contro-ultimatum, credo soltanto che bisogna fare in modo che in questo governo ci sia meno nervosismo meno prese di posizione dure e mettere al centro le persone e non le proprie opinioni, mi auguro che nei prossimi giorni queste questioni possano essere chiarite e queste dichiarazioni possano essere chiarite, lasciatemi dire che per noi adesso l’obiettivo è aiutare gli imprenditori, le partite Iva e i commercianti e fare una vera lotta agli evasori, piccoli e grandi, solo che in Italia per anni si sono utilizzati strumenti per perseguire i piccoli che non hanno raggiunto gli obiettivi e si sono totalmente ignorati gli strumenti per i grandi che sono ad esempio il carcere ai grandi evasori e la confisca’.
Matteo Renzi, dal palco della Leopolda, delinea l’orizzonte della legislatura – fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato nel 2022 – e lancia la sua controproposta basata sulla spending review per ottenere una retromarcia sulle microtasse. I giallorossi, insomma, sono a un passo dallo sbando se nel vertice di maggioranza, che dovrebbe vedere Conte riunire a Palazzo Chigi i capidelegazione nel pomeriggio di oggi prima del Consiglio dei ministri, non si riuscirà a trovare una soluzione. Le posizioni, però, sono ancora lontane: Alfonso Bonafede annuncia che l’intesa di massima sul pacchetto per il carcere agli evasori, con la punibilità che scatterebbe dalla soglia dei 100mila euro. Ma i Dem e pure Leu, fanno filtrare che la sintesi è ancora da trovare. E le misure, insistono da Italia Viva, vanno discusse puntualmente prima che arrivi un via libera. Anche perché, resta il ragionamento, non è affatto detto che il decreto legge sia lo strumento adatto. Si vedrà in Cdm, ammette lo stesso Bonafede, anche se formalmente né la manovra né il decreto fiscale hanno bisogno di un nuovo passaggio in Consiglio dei ministri.
Renzi dal palco afferma: ‘Caro presidente, se vuoi combattere l’evasione fiscale e chiedi alla forze politiche se sono d’accordo, ti faccio conoscere il luogo da cui sono nate le misure che hanno fatto recuperare 15 miliardi di evasione. Sono nate su questo palco e se hai cambiato idea rispetto allo scorso anno, siamo felici di lavorare con te’. E respinge le accuse di voler rottamare ‘il treno della legislatura che arriva al 2023 e ha il compito di decidere il capo dello Stato: ‘Chi vuole scendere prima può farlo. Noi invece intendiamo garantire al Paese un’alternativa al bullismo istituzionale’.
Il tema sarà probabilmente sul tavolo del vertice, insieme agli altri nodi posti dai 5 Stelle: la stretta sulle partite Iva, che non vanno toccate, e le multe per chi non accetta il Pos che, sostiene il Movimento, non si possono introdurre senza prima aver abbassato le commissioni. Nessun ultimatum, cerca di smorzare i toni Di Maio, dicendosi “fiducioso” che dal vertice uscirà un’intesa. Ma l’accordo politico, fanno notare negli altri partiti della maggioranza, già si era trovato nella lunga notte del varo della manovra. Altro è discutere i dettagli tecnici, come ha ripetuto più volte anche il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Non si può, insomma, stravolgere l’impianto che incontra il favore anche del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Da ‘condividere’, dice Visco dagli Usa, gli obiettivi di spinta alla crescita attraverso il taglio delle tasse ‘sui fattori di produzione’ e il calo del debito. Mentre il leader della Cgil, Maurizio Landini, punta il dito contro chi vorrebbe allentare la lotta all’evasione o rinviare il taglio delle tasse sul lavoro: ‘Il governo ha preso degli impegni, se non li mantiene i sindacati sono pronti alla piazza’.
I testi, comunque, ancora non sono chiusi, né del decreto fiscale né, tantomeno, della manovra. C’è il partito di Renzi che preme per evitare nuove tasse, dalla sugar tax all’aumento della cedolare secca. E il tetto al contante ancora oggetto di tira e molla. Da ricomporre, oltre alle distanze tra gli alleati, anche quella tra Di Maio e Conte. Il capo politico M5S ha incassato come un ‘duro colpo, che ha fatto molto male’ le parole del premier. Tra i due ci sarebbe stato un primo momento di chiarimento ma ancora non sufficiente a ristabilire un feeling ormai perso da tempo. Conte pubblicamente tace oggi. Per il Pd la posizione resta quella emersa negli ultimi giorni: senza fiducia la scommessa giallorossa può anche fermarsi qui. E l’alternativa, unica, sarebbe il ritorno alle urne.