Di Maio, i Cinque Stelle e i voltagabbana

Luigi Di Maio,  di cui rimbalzano in rete i video nei quali giurava, spergiurava il contrario di quello che ha fatto. Quello stesso Di Maio che chiedeva in un video accorato l’espulsione dal Parlamento per chi cambiava casacca.

Era già tutto previsto. Bastava soffermarsi sulla grafia delle cronache parlamentari nelle quali MoVimento è scritto sempre e comunque, con maniacale accortezza, con la V maiuscola. Per scoprire l’indizio che portava al sicario della creatura di Grillo e Casaleggio, bastava concentrarsi su quella V maiuscola che doveva simboleggiare il popolo del Vaffa Day. Quella V maiuscola che doveva celebrare la V per vendetta di un fumetto divenuto un film di cassetta. Quella stessa V maiuscola che i più eruditi leggevano come una trasposizione del cinque a numero romano, in omaggio alle cinque stelle del MoVimento.

In realtà, come ha certificato per ultimo Di Maio annunciando l’addio al MoVimento all’hotel Bernini Bristol  era la V di voltagabbana.

”Moltissimi consiglieri regionali e comunali passeranno con Luigi”,  Enrica Sabatini, socia dell’Associazione Rousseau e compagna di Davide Casaleggio, commentando la scissione di Luigi Di Maio: ‘Proprio perché nel partito di Conte non c’è spazio per la periferia. Ha pensato che col suo ruolo di ex premier potesse costruire un’organizzazione ma il controllo non l’ha mai avuto e il primo errore è stato proprio tagliare Rousseau: così facendo ha tagliato i rapporti con quella periferia che ora Di Maio utilizza. In vista delle elezioni contano i voti sui territori, conta la gente che fa campagna elettorale’. Il danno per il M5S è stato «anche economico: Di Maio toglie a Conte forza in Parlamento, forza sui territori e in periferia, e gli toglie potere economico. Tutti gli asset di una organizzazione».

Sul contenzioso economico tra M5S e Rousseau, Sabatini aggiunge: «Noi abbiamo fatto un sollecito e stiamo aspettando. Abbiamo scritto a Conte e al tesoriere». In merito al ruolo di Beppe Grillo, l’autrice del libro Lady Rousseau poi osserva: «Beppe sconta il fatto di non aver agito nel momento giusto. Se avesse fatto il voto per un organo collegiale, seguendo l’iter che bisognava seguire dopo gli Stati generali, si sarebbe creato un altro percorso della storia».

Dopo lo strappo di Luigi Di Maio, che con oltre sessanta eletti ha lasciato il M5S per fondare i nuovi gruppi “Insieme per il Futuro”, è in forte difficoltà. Sul tappeto non ci solo affondi e veleni, l’addio di Di Maio e dei cosiddetti “dimaiani” finirà per gravare anche sulle casse del M5S. Con un “salasso” che dovrebbe superare i due milioni di euro per i mesi che mancano da qui alla fine della legislatura.

Per ogni eletto la Camera versa 52.000 euro l’anno ma poiché mancano circa 9 mesi alla fine della legislatura, i 52.000 euro scendono a circa 39mila”. Che moltiplicati per i 61 eletti pronti a seguire Di Maio si traducono in un “tesoretto” di oltre 2.3 milioni di euro.

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