‘Io faccio un passo indietro, Salvini fa un passo indietro, ma c’è un altro che deve fare un passo indietro’, riferendosi a Silvio Berlusconi, dice il capo politico M5S Luigi Di Maio a ‘1/2h In Più’ su Rai3, spiegando di avere parlato a Salvini di questa possibilità un po’ di tempo fa e ricordando che il dialogo con Salvini non è andato avanti perché c’è il tema del centrodestra.
‘Le confermo che insieme a Salvini possiamo scegliere un presidente del Consiglio che non sia io e che non sia Salvini, visto che è disponibile anche lui. Scegliamo una persona politica, l’ultimo dei problemi, se della Lega o del M5s. Scegliamo una personalità che possa rappresentare le due forze’, dice Di Maio. Anche un tecnico? ‘Purché sia una personalità in grado di gradire e comprendere il momento storico: questa è la differenza con i tecnici’.
La manomissione delle parole dovrebbe essere una riflessione sull’uso dei termini, sulla loro funzione, sul valore che essi hanno nella costruzione delle storie di ciascuno di noi, tanto da essere pilastri della nostra vita etica e civile ma, purtroppo non è così. Le fondamenta, come accade in tal caso, vengono logorate dall’abuso e dalla manipolazione dei significati. Vengono manomesse, smontate e rimontate, privandole, quindi, del loro significato originario.
Sono privi della loro intima sostanza perché logorati dal ‘politichese’, dal linguaggio giornalistico e da ogni forma di espressione che procede per luoghi comuni e frasi fatte. Per Luigi Di Maio si assiste al crollo della fiducia degli italiani nei suoi confronti, senza dimenticare che la nascita di un governo ‘di tregua’ potrebbe confinare i Cinquestelle all’opposizione e fare scattare a breve termine la tagliola del limite del ‘doppio mandato’.
Di Maio il ‘sovraesposto’ che invade tv, giornali e web attraverso l’abito di cartapesta del ‘rivoluzionario in cravatta’ che diffonde massimalismo di provincia ambendo al massimo slancio istituzionale. Il presunto premier è stato sconfessato da Grillo sull’Europa scontrandosi, di fatto e di diritto, con una effimera celebrità. Il suo abito istituzionale non ha riscontrato il gradimento della base, dello zoccolo duro del Movimento, e del vertice rappresentato, alla fine della fiera, da Grillo e Casaleggio.
Per Nicola Piepoli la fiducia dell’elettorato in Di Maio è diminuita di quattro punti percentuali in solo 10 giorni, dal 43% di fine aprile al 39% di oggi. Secondo altri sondaggisti è crollata di otto punti percentuali, ovvero, dal 45% al 37%.
Gli errori commessi sono chiari: l’apertura del ‘forno’ con il Pd, sancito con il ritorno in campo di Matteo Renzi, e l’impossibilità, a seguito di questo, di chiedere le elezioni a giugno. Ergo, governicchio con i grillini all’opposizione. In termini pugilistici: uno-due e ‘tappeto’.
In ultimo il ‘la pagherete’ con riferimento al Pd, stile e terminologia consona ad un ‘bibitaro’ ma non a un presunto premier, che minaccia, con l’espressione usata, di scatenare le piazze contro il ‘governo di tregua’.
Pancia e testa del Movimento lo hanno ridimensionato, così come ha fatto l’elettorato e la rete, che in fin dei conti è particolarmente ‘sgranata…’.
Roberto Cristiano