Continua lo scontro a distanza tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio sul caso Siri. Il leader del M5S non molla di un centimetro e chiede subito la testa del sottosegretario della Lega.”La cosa importante in questo momento è rimuovere quel sottosegretario che secondo me getta delle ombre su tutto il governo. Per farlo spero non si debba arrivare in Consiglio dei Ministri” spiega il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico nelle sue interviste televisive e radiofoniche. E aggiunge, a completezza del suo ragionamento, per colpire l’alleato di governo. “Io dico a Salvini, è bello fare il forte con i deboli, ma questo è il momento del coraggio”. “Qui la questione non è l’inchiesta in sé ma il fatto che un sottosegretario abbia tentato di favorire un singolo con un emendamento. E’ la classica storia italiana. Il tema è quell’atteggiamento da casta per il quale siccome sei al governo ti senti in grado di favorire il singolo”.
Immediata la replica di Salvini. “I processi in Italia si fanno in tribunale e non in piazza. Funziona così in democrazia”, dice in un primo momento. Poi arriva una sorta di ultimatum. “Gli amici dell’M5s pesino le parole. Se dall’opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. La mia parola è una e questo governo va avanti cinque anni, basta che la smettano di chiacchierare. Mi dicono ‘tiri fuori le palle’? Ricevo buste con proiettili per il mio impegno contro la mafia. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. È l’ultimo avviso”.
Non proprio una dialettica tipica di due alleati di Governo. La decisione su Siri, comunque, sembra essere definitiva: il sottosegretario deve lasciare, è la richiesta definitiva del presidente del consiglio Conte. Si cerca solo di evitare il voto sul sottosegretario nel prossimo consiglio dei ministri in programma per mercoledì. Il M5S ha la maggioranza dei ministri nell’esecutivo gialloverde e quindi l’esito del voto è scontato: Siri continuerà a fare il semplice senatore. Ma alla conta nessuno ci vuole arrivare, soprattutto Di Maio, perché i risvolti politici alla vigilia delle elezioni europee potrebbero essere dirompente. Tanto che il capo politico ripete di non voler “arrivare al voto ma in ogni caso la spaccatura è già evidente sul caso Siri perché sulla corruzione ci sono delle sensibilità differenti”. “Il contratto di governo ha ancora da attuare un sacco di leggi importanti a meno che non sia la Lega a chiedere una crisi di governo dopo un eventuale voto in Cdm”.
La posta in gioco è alta e la resa dei conti avverrà a fine maggio, dopo il voto delle elezioni europee. Tra poche settimane si capirà se Siri sarà solo una parentesi o, assieme al voto, l’espediente per far cadere l’esecutivo.