Dietro il Governo del cambiamento si cela solo pura e semplice continuità

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” Chi pronuncia questa frase è Tancredi nipote del principe di Salina che è il Gattopardo e che da il nome al celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Giornalisticamente potremo adattare quella frase con “Tutto cambia perché nulla cambi”. E’ proprio così se ci riferiamo all’attuale governo, almeno in questi primi mesi.Come il governo Renzi, anche il governo sostenuto da Lega e 5 Stelle, ha iniziato annunciando provvedimenti simbolici contro la cosiddetta casta. Allora si facevano passare come lotta agli sprechi, provvedimenti di scarso impatto sul sistema economico, quali la rottamazione delle auto blu, la riduzione del numero dei parlamentari, ora si fa lo stesso con il taglio ai vitalizi o con la smobilitazione dell’aereo presidenziale voluto da Renzi. Come tutti i governi precedenti anche questo preferisce lottizzare la Rai, nominare amici di provata fedeltà politica nei posti chiave dello Stato, in barba alla competenza e professionalità. Quanto ai migranti, il flusso è diminuito soprattutto grazie agli accordi fatti dal Ministro Minniti, con la Libia e con tutti gli organismi internazionali preposti, anche se va riconosciuto l’impegno da subito profuso da Matteo Salvini. Ma è sulla politica economica che la continuità con il passato è perfettamente allineata. Gli 80 euro di Renzi, a sentir il Ministro dell’Economia Tria, sono confermati, il decreto dignità apporta ben pochi benefici per i le imprese e per i lavoratori, anzi rischia di far riprendere i licenziamenti, oltre ad avere scatenato l’opposizione di Confindustria. Come per il passato piccoli e insignificanti provvedimenti: un po’ di alleggerimento di tasse sulle imprese, un rafforzamento del reddito di inclusione fatto passare per reddito di cittadinanza, qualche taglio alle spese denominato’ taglio agli sprechi’. E infine il debito pubblico. I governi di Renzi e Gentiloni, si sono ben guardati dal ridurre il rapporto deficit-pil, nonostante la ripresa, preferendo chiedere anno dopo anno l’aumento del margine di flessibilità, per continuare a spendere in deficit. Esattamente quello che intende fare il governo giallo-verde, che vuole andare a Bruxelles a chiedere qualche concessione in materia di spesa pubblica e di investimenti.Il tutto sembra confermato dal Ministro Tria. Alla fine ci ritroveremo con una manovra di una trentina di miliardi con qualche spostamento in tema di allocazione di risorse e di costi.Se è cosi nulla sembra essere cambiato. Ma così non va affatto bene. Il fatto che il governo, grazie al ruolo assunto da Tria, si muova con prudenza e gradualità, non può che rassicurarci, d’altra parte non si possono ignorare i segnali di allarme che arrivano dai mercati finanziari, che sono tutti negativi: capitali in fuga dall’Italia, delocalizzazioni delle imprese verso Paesi dell’Est Europa, spread dei titoli di stato in crescente aumento. E tale aumento non è solo verso la Germania, ma anche verso la Spagna, Portogallo e persino verso la Grecia. Non era mai accaduto accaduto che i titoli di Stato fossero i più cari dell’Eurozona, dopo la Grecia. Così si spiega la prudenza di Tria. Oggi questo è il vero pericolo, rispetto al quale le forze politiche avrebbero il dovere di vigilare, senza guardare al proprio tornaconto elettorale.Anche sul rischio di un forte aumento dello spread la continuità con il passato è impressionante. Un altro segno di continuità tra le forze politiche degli ultimi cinquant’anni è che si sono sempre trovate alleate nel non contrastare il debito pubblico.

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