Matteo Renzi apre la direzione del Pd in cui oggetto di discussione è stata la forma partito, anche a seguito dei dati, poi smentiti, che dicevano che il Pd stava perdendo iscritti. Il segretario apre con queste parole: “Oggi non facciamo conclusioni, o comunque saranno conclusioni che alimentano la discussione. Perchè risolvere le questioni della forma partito con una sola direzione probabilmente è insufficiente. In un partito del 41% non si può pensare di non ascoltare chi la pensa diversamente, ma non possiamo diventare né un comitato elettorale né un club di anarchici e filosofi. Aprirei la discussione su come si sta nel partito senza imporre o proporre alcunché ma cercando un punto di soluzione. Possiamo immaginare anche un passaggio assembleare, o un gruppo di lavoro, non ho problemi sulle forme. Il Pd deve avere gli strumenti elettorali per affermarsi e in tal senso è meglio il premio alla lista che non il premio alla coalizione. Il Pd è un partito che vince per fare una legge elettorale in cui sia chiaro chi vince. Un passaggio chiave per l’Italia perché non c’è mai stata una legge elettorale che rendesse chiaro chi fosse il vincitore, né con il Mattarellum, né con il Porcellum. Avere una legge elettorale che consegni un vincitore , sperando di essere noi, è possibile solo con il ballottaggio. E’ un grande risultato cui abbiamo lavorato anni sotto diversi segretari: Bersani, Veltroni, Franceschini. Il combinato disposto tra primarie e esperienza amministrativa ha in alcuni casi prodotto pasticci. Io difendo le primarie, ma senza adeguata preparazione qualcuno dei nostri si è arreso. Il tema esiste, ma formazione politica significa studio, discussione e capacità di ascolto. In molti casi si sceglie con le primarie. In altri, sceglie il gruppo dirigente”. Renzi immagina un partito a vocazione maggioritaria, di sinistra ma trasversale ad ideologie e classi sociali, che in teoria dovrebbe convincere tutti i dem. In realtà la minoranza, anche se divisa, accusa il leader di scarso coinvolgimento e di solipsismo. Gianni Cuperlo è fortemente polemico, in particolar modo quando sigla: “Del partito di ieri non rimpiango nulla, dobbiamo cambiare molto, se non tutto, ma il tema non è come stare sui social network ma quale idea della democrazia abbiamo e quale tensione morale la politica deve alimentare. A me sembrano assenti o appaltati ad altri anche se poi ci si rincuora da sondaggi e share”. Cuperlo intravede una deriva verso un Pd aggregazione di correnti gelose custodi di spazi di poteri. Alfredo D’Attorre della minoranza Pd, chiede a Renzi che cos’è la Leopolda. Pongo una questione a Renzi, dice: “Ti chiedo qui, da questa tribuna, cos’è la Leopolda? Renzi, a mio avviso, farebbe bene a pensare al partito” Lo stesso Cuperlo chiede lo scopo della Leopolda: “Leggo che dietro c’è una fondazione che ha raccolto 2 milioni di euro, di cui 300 mila serviranno per il prossimo week end. Se tu costruisci e rafforzi un partito parallelo, scegli un particolare modello di partito che si porterà appresso gli altri vagoni e noi non andremo verso un partito comunità ma verso una confederazione. Renzi risponde prontamente, invitando tutti a visitare la Leopolda, affinchè possano capire bene di che cosa si parla e di che cosa si tratta. La Leopolda è la manifestazione che nel prossimo fine settimana, e nella sua quinta edizione, accoglierà i fedelissimi del premier a Firenze. Renzi risponde in bilico tra il serio ed il faceto: “Prendo un impegno: mai e poi mai ci sarà la strutturazione di un’organizzazione parallela sul territorio da parte mia”. Poi sdrammatizza: “Sta Leopolda..ragazzi..veniteci. Non sabato, ho capito che avete altro da fare…ma..ve la racconto in 30 secondi. Questa drammatizzazione della Leopolda è stata non dico un autogol, non mi permetterei, ma avete perso di vista quello che è. La Leopolda è una vecchia stazione ferroviaria nel cuore di Firenze, dove ci sono persone che parlano di politica”. Chiude poi il suo intervento: “Io immagino libertà di coscienza non solo su materie eticamente sensibili, ma anche sulle riforme costituzionali. Non espelleremo mai chi fa battaglie serie sulle riforme. Ma dobbiamo darci regole sui voti di fiducia e decidere qual è il punto dove una comunità sta o non sta”. Così fissa i paletti sui margini di manovra dei parlamentari Dem nelle votazioni. “Se non ci siamo noi l’alternativa è la piazza talvolta xenofoba, il populismo e la demagogia, non è una comunità di anime più rispettosa della democrazia interna, ma la vittoria di un fenomeno populista e demagogico che rischia di inclinare le regole del gioco. Questa comunità è l’unica speranza perché l’Italia esca dalla palude, questo ci impone un surplus di responsabilità. Stiamo attraversando una stagione densa di una domanda di politica. Tutto ha una velocità doppia rispetto al normale. Questo porta a una prima pista di riflessione: come stiamo dentro una comunità internazionale di fronte alle grandi crisi internazionali. Che fa un partito sulla politica internazionale? Discute o legge gli editoriali? La destra non si è unita per anni su valori ideologici ma su una persona. Quello che è accaduto a Milano con la manifestazione della Lega e di Casapound dimostra che si cerca per la prima volta un terreno ideologico di incontro. E’ la destra che prova a mettere radici culturali e tenta di fondare un’ideologia in linea con larga parte della destra europea e che è stata fermata finora da Grillo e da noi. Sul lavoro sono state fatte considerazioni che dobbiamo risolvere anche rispetto all’ultima direzione: il partito discute, dialoga, ma è evidente che se nella legge di stabilità mettiamo le risorse per la riforma e dal primo gennaio deve partire una nuova procedura, deve essere chiaro come funziona il sistema”. Così Matteo Renzi parlando del Jobs act, attualmente all’esame della Camera. Questo è un Parlamento che da 18 mesi è bloccato, nei quorum costituzionali è messo in difficoltà da un blocco che dice ‘no’ a tutto, ma è in corso un costante sgretolamento di questo blocco. Poi ancora: “Napolitano ha sfidato il Parlamento che è in una situazione di stallo, e di cui anche noi siamo corresponsabili, sui giudici della Consulta. “Il presupposto di questa legislatura è che si arrivi al 2018”, accennando poi ai rilevanti compiti che il Parlamento avrà davanti.
Cocis