Questa è la direzione numero 31 dal gennaio 2014: è stata riunita in tutti i passaggi chiave. Abbiamo scelto la democrazia interna e non i caminetti dei big o presunti tale. Lo avevamo promesso nelle primarie e l’impegno congressuale vale più dei mal di pancia dei leader, quindi parliamo qui. Tra le stime del governo e le stime del Fmi, che non è un covo di pericolosi comunisti, si possono fare valutazioni ma che si aprano discussioni sui quotidiani per due giorni fa scattare un sorriso, anche perchè le stesse voci preoccupate non si levarono quando nel 2012-2013 la crescita era del meno due per cento. Dal meno due siamo passati al più 1, che non è ancora sufficiente, ma è chiaro che la direzione è tornata giusta. Oggi in Italia ci sono diritti in più, ma anche tasse in meno. L’ultima volta che a livello nazionale si è aumentata la pressione fiscale è stata ottobre 2013 quando si è fatta aumentare l’aliquota Iva, c’era il governo precedente. Da quel momento niente più tasse aumentate in Italia. Battiamo i pugni non per un trafiletto sui giornali ma per cambiare la direzione di marcia in Ue. Lo abbiamo fatto ma non quanto avremmo voluto per la debolezza strutturale dei nostri compagni di viaggio socialisti che lo hanno fatto a giorni alterni’. Renzi dà quindi una lettura tutta politica delle mosse della sua sinistra, sostenendo che legge elettorale e riforme non c’entrano nulla nel merito, ma che l’obiettivo di Bersani e D’Alema sia quello di far vincere il no e riprendersi il partito ed, in alternativa con la vittoria del sì, prepararsi ad una scissione. La minoranza dà invece una lettura diametralmente opposta: ‘Non ha mai voluto aprire una trattativa seria sulla legge elettorale sennò invece di fare chiacchiere l’avrebbe presentata in Parlamento. E lì aperto il confronto. Continuerà a fare finta di aprire sapendo che siamo al 10 ottobre e il tempo per una trattativa seria, prima del referendum, è scaduto’. Il referendum è un punto centrale dell’incontro ed è lì che si gioca la tattica dei due schieramenti in direzione. Un sondaggio del solito Piepoli dice che l’elettorato del centrosinistra è al 35 per cento contrario alla riforma. In pratica, ed a detta del sondaggio, la sinistra Pd può portare tre milioni di voti sul ‘No’. Ovvero, la differenza tra vincere o perdere il referendum. Renzi deve essere visto come quello che non ascolta, e per il premier la sinistra del Pd vuole far saltare tutto. La direzione è tutta qui. Bersani e Speranza, afferma Renzi, vogliono far saltare tutto. Cercano solo pretesti per rompere, per farmi perdere il referendum. Se uno dice no il giorno prima della direzione significa che non ha mai voluto trattare davvero. Il premier, per vedere chi dice di no, si dice disponibile a cambiare alcuni punti della riforma, ballottaggio compreso. Intanto nella sua e-news ha ricordato le sue tappe in giro per l’Italia dell’ultima settimana tra aziende e sociale: ‘Questa Italia è l’Italia per la quale tutte le mattine proviamo a fare del nostro meglio. Non l’Italia del litigio permanente, quasi fossimo un incrocio tra un talk-show petulante e una telenovela stancante. L’Italia di chi ci crede e si mette in gioco. Si fa un gran parlare in queste ore di questioni tecniche e autoreferenziali al mondo politico romano. A Napoli e Bari illustreremo Industria 4.0, come promesso qualche settimana fa, perché l’Italia non può permettersi la deindustrializzazione del Mezzogiorno’.
Cocis