ROMA. Vetri frantumati, porte che si aprono senza richiudersi, rumori sinistri e pareti che vibrano. Sembra una casa stregata da film dell’orrore, ma sono semplicemente le condizioni in cui versano molti mezzi Atac che circolano per le strade di Roma. Una situazione imbarazzante per una delle capitali d’Europa, anche alla luce degli stipendi dei manager Atac che pesano sulle casse dell’azienda romana circa 5.5 milioni di euro. Ma non sono solo questi i problemi del trasporto pubblico romano. Nel calderone bisogna anche aggiungere i forti ritardi, gli abbonamenti farlocchi, il traffico – chi taglia la strada, le macchine in doppia fila – oppure chi sfregia gli autobus con scritte o graffiti, chi sale senza biglietto, chi sale in condizioni improbabili, chi minaccia i lavoratori Atac e così via. Di tutto e di più a discapito di chi ogni giorno è costretto a prendere i mezzi pubblici.
Manca del tutto “il senso civico” dice Marco (nome di fantasia), un autista Atac. Le porte rotte, le macchine in doppia fila “sono solo la norma”, spiega rassegnato aggiungendo che “la mattina quando inizio il turno mi faccio il segno della croce perché non so mai che mezzo mi capita o chi posso incontrare”, lasciando intendere un grave problema di sicurezza. Infatti, nonostante esista un regolamento a bordo degli autobus – quando c’è –, nessuno lo rispetta.
“Più di una volta io stesso ha provato a farlo rispettare”, spiega l’autista, ma è pericoloso perché “se ad esempio faccio scendere una persona ‘imbarazzante’, c’è il rischio che la corsa dopo si presenta con altre persone, minacciandomi”. Insomma, non c’è nessun tipo di tutela o sicurezza, né verso i lavoratori né verso i cittadini che usufruiscono del trasporto pubblico della Capitale. Il succo del discorso, in sostanza, è che gli autisti dovrebbero condurre i mezzi, mentre i controllori dovrebbero controllare e far rispettare il regolamento. Ma è complicato perché questi ultimi non sono onnipresenti, anzi difficilmente si vedono salire sui mezzi. Perlopiù rimangono a terra a fare circoletto fra di loro.
Anche se, sottolineano due controllori, “noi non possiamo avere occhi ed orecchie ovunque e la nostra azienda ci lascia spesso soli: siamo quasi inermi dinnanzi” a chi non vuole rispettare il regolamento. Ma non tutto può essere ricondotto alla sola maleducazione di alcuni cittadini. C’è, infatti, un disservizio così palese a causa di “una grossa mancanza di fondi generata dalla cattiva gestione e soprattutto dalla mancanza di coscienza civile da parte di chi prende i mezzi” pubblici, denunciano i due controllori, evidenziando che “su un autobus può capitare chiunque, dallo studente impertinente che si rifiuta di pagare il biglietto fino a chi ti circonda rivendicando la forza della sua banda, minacciandoti”.
L’ex ministro ai trasporti Antonio Di Pietro, interrogato da Progetto Italia News, spezza però una lancia in favore dei lavoratori Atac. “Non è una questione di buona volontà o di nullafacenza – afferma Di Pietro – il punto è che la mancanza dei fondi crea impossibilità di lavorare”. Il primo problema “risiede nell’alto tasso di corruzione e in una mentalità votata al compromesso piuttosto che agli accordi ufficiali”. Per potenziare, e dunque ottimizzare, il trasporto pubblico locale bisognerebbe “migliorare la gestione dei fondi, avere una lente più aperta da parte della magistratura e maggiore sorveglianza da parte della politica, investendo maggiormente nel servizio pubblico e tralasciando quelle che sono problematiche secondarie”. Tutte cose che però nessuno fa o vuole fare, preferendo mantenere lo status quo. Ed è ovvio: perché cambiare un sistema che garantisce agli oltre 50 dirigenti dai 70 ai 200 mila euro all’anno (cifre osservabili sul sito dell’Atac) senza far niente? Ci sarà da rimboccarsi le maniche.
Alessandro Moschini
Luigi Viscardi