L’aula del Senato ha votato la fiducia sul dl Elezioni, che ora è legge: presenti in 162, 158 i voti favorevoli, nessun contrario o astenuto. Assente l’opposizione, come già accaduto ieri nel voto poi annullato per mancanza del numero legale.
Il decreto legge si riferisce alle consultazioni elettorali del 2020, e accorpa in un’unica tornata comunali, regionali, suppletive e referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari rinviando il voto in autunno.
L’Assemblea ha dato l’ok definitivo al provvedimento, il testo era già stato approvato dalla Camera.
Alla proclamazione del risultato, nell’Aula è risuonato uno scrosciante applauso proveniente dai banchi della maggioranza, gli unici occupati nell’emiciclo.
L’annullamento del voto di ieri ha pochi precedenti nella storia parlamentare italiana, l’ultimo nel 1989.
Erano presenti in Aula 149 parlamentari, ma l’asticella del numero legale sembra essere quella di 150 presenze. E su questo la presidenza di Palazzo Madama ha fatto le verifiche riscontrando un errore nel computo dei congedi. Un errore definito tecnico che comporta una nuova votazione. Un precedente simile risale ad una seduta del 1989.
‘Sono profondamente amareggiata di quanto accaduto, non c’ero io ma mi assumo le mie responsabilità. C’è stato un errore non imputabile a nessuno. Ho appreso ieri sera alle 20,45 che c’era stato questo problema. Mi si può dire tutto ma che si imputi alla Presidenza un errore informatico mi pare eccessivo. Chiedo scusa ma non posso rimproverarmi nulla’, afferma la Presidente del Senato Elisabetta Casellati: ‘Poi se mancava una maggioranza non è attribuibile alla Presidenza’.
Le opposizioni, dopo il primo voto, erano da subito sulle barricate, lamentando la mancanza del numero legale. Hanno insistito per una verifica, da cui è risultato che i presenti erano ‘solo’ 149, dei quali 147 a favore della fiducia e 2 contrari (Emma Bonino e Matteo Richetti), mentre la minoranza aveva disertato il voto. Maggioranza insufficiente, insomma. Così il Senato, oggi, ci ha riprovato dopo aver richiamato in aula i parlamentari. E la fiducia è stata approvata.
La destra di Salvini e della Meloni organizza agguati, ma poi opta per il weekend lungo. Una scommessa sulla pelle del Paese, che umilia ancora una volta il Senato. La notizia invece è che la maggioranza regge e si distingue per senso di responsabilità’, afferma il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci.
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Soddisfatto per il pericolo scampato il premier Giuseppe Conte, che prima dell’inizio della seduta ha chiamato i capigruppo di maggioranza per complimentarsi: ‘Quando ieri sera sono stato avvertito che in Senato sareste stati richiamati a votare alle 9,30, ho pensato ‘mission impossible’. Invece chapeau, se ci siete tutti, siete stati davvero bravi’.
Anche oggi le opposizioni hanno disertato il voto. Remake della strategia messa in campo ieri nel tentativo, riuscito solo in parte, di certificare la frana dei giallorossi a palazzo Madama. In occasione del primo voto di fiducia, avvenuto nel pomeriggio inoltrato, le numerose assenze fra i banchi della maggioranza avevano infatti spinto il centrodestra a tentare il blitz. Sventato a prima vista per un soffio, dal momento che a caldo gli uffici avevano ritenuto i numeri sufficienti per validare la seduta. Solo a tarda sera ci si è resi conto dell’errore tecnico che ha comportato l’annullamento della votazione e il bis di stamattina.
Parole pesantissime, accolte da La Russa con una richiesta di ‘pubbliche scuse’ da parte di Taverna perché quando ho chiesto la sostituzione nessuno sapeva che saremmo usciti dall’aula. Scuse che la grillina ha subito offerto per chiudere l’incidente, mentre la Casellati ribadiva: ‘Non è colpa di Taverna se il conteggio dei voti si è rivelato sbagiato’. - Forte replica del capogruppo leghista Massimiliano Romeo: ‘Non hanno piu’ i numeri, la maggioranza è allo sbando. Nemmeno con la chiamata alle armi di oggi – compresi i senatori a vita – arrivano alla maggioranza assoluta di 161. Conte smetta i panni del regnante, esca dai palazzi in cui si è trincerato e prenda atto che la sua esperienza di governo è finita’.
- Il Dl doveva essere convertito in legge entro oggi.