Dopo il 4 dicembre sulla politica dell’Ue regnerà una calma piatta

Dopo il referendum italiano in Europa regnerà una grande calma per almeno due anni, il tempo occorrente per le elezioni in Francia e in Germania. I temi politici che saranno affrontati avranno carattere eminentemente domestici, mentre quelli europei entreranno in una sorta di apnea programmata.Questo non vuol dire che il vecchio continente avrà risolto i suoi problemi, al contrario saranno rimandati.Tra questi: l’inevitabile cancellazione del debito greco, la precaria situazione del Portogallo, considerato il Paese più debole dell’UE,non si parlerà più di completare l’unione bancaria, né di riscrivere le regole dei bilanci pubblici che vengono, ormai, considerate superate.In questi due anni, apparentemente si sopiranno i contrasti tra i governi dei singoli stati e l’Ue, le banche non falliranno, anzi saranno salvate con il denaro pubblico. Questo periodo di virtuale calma si concluderà nel 2019 con l’uscita definitiva del Regno Unito dall’Ue e poi ci sarà da scegliere il successore di Mari Draghi alla guida della BCE. In Italia ci auguriamo che in questo lasso di tempo non ci dimenticheremo del futuro dell’UE e dell’unione monetaria. Sarebbe un errore strategico che inevitabilmente vedrebbe svilire il nostro ruolo in Europa.Ma bisogna riconoscere che il nostro Paese non è il solo a mettere da parte i temi europei per motivi elettorali, lo fanno anche Francia e Germania. La differenza, e non è poca, risiede nelle burocrazie efficienti e preparate che nei momenti in cui temi politici nazionali prevalgono su quelli europei si dedicano a confezionare regole pronte all’uso per i futuri governi nazionali. Non saranno, certamente, le burocrazie a decidere, ma quando si aprirà la discussione sui temi politici europei, le alternative sulle quali raggiungere un accordo saranno già state individuate e le relative regole già scritte.Quindi per l’Italia farsi trovare impreparati all’appuntamento vorrebbe dire essere costretti a scegliere in un paniere preparato da altri ed essere poi costretti a ricorre al solito veto dell’ultimo momento. Non sarebbe certo una buona strategia negoziale.Un tema precipuo da tenere sempre bene in vista è il futuro dell’unione monetaria. Nel 2019 l’euro compirà 20 anni, un periodo ancora relativamente breve perché possa essere considerato irreversibile. L’euro per sopravvivere ha bisogno di una discontinuità politica, ma non è auspicabile una soluzione che vede la Germania egemone.Un’unione monetaria con al centro un Paese il cui surplus commerciale sfiora il 10% del reddito è troppo sbilanciata e lo è soprattutto perché alcuni Paesi della periferia, tra cui il nostro, hanno perso molto di competitività rispetto a Germania e Francia e non si capisce come faranno a riequilibrare tale situazione. Berlino e Parigi avrebbero in programma di lasciare le periferie al loro destino e limitare l’unione monetaria a Germania e Francia, più pochi Paesi satelliti. Quindi in questi prossimi due anni di calma sui temi politici europei, l’Italia non deve perdere di vista questi problemi e lasciare che gli altri studino e preparino le regole da imporci. Se così facessimo nel 2019 potremmo trovarci non ad abbandonare le istituzioni europee, ma sicuramente ci potremmo trovare fuori da questa sorta di cerchio magico che in silenzio, ma non tanto, si sta costruendo.

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