Pasquale Striano, il tenente della Gdf al centro dell’inchiesta di Perugia sui presunti accessi abusivi a informazioni riservate della procura nazionale antimafia, dalle pagine de “La Verità” afferma che il dossier sulla Lega “è stato chiesto ufficialmente. L’input arrivava dalla Banca d’Italia tramite delle omologhe straniere”, come ad esempio l’Agenzia di informazione finanziaria di San Marino.
L’indicazione è arrivata solo dal Monte Titano? chiede il quotidiano di Maurizio Belpietro. “Solo da lì… ma era bella grossa eh? Lì dentro c’era ‘sto mondo e quell’altro. Pure la storia dell’ex sottosegretario Armando Siri”. risponde Striano. Siri all’epoca era accusato di corruzione in un’inchiesta dell’Antimafia e protagonista nel filone sammarinese di una vicenda che nel 2019 ebbe ampia eco mediatica per due mutui ottenuti dalla BAC e definiti “sospetti”.
L’ufficiale sostiene poi di aver fatto “tre appunti su Berlusconi. Tre o quattro”. E anche questi “mi sono stati tutti chiesti. E non dai giornalisti. Non li ho fatti perché ho letto gli articoli del “Domani”. Li ho realizzati perché me li chiedeva il procuratore”. Secondo il quotidiano “il procuratore di cui parla è soprattutto Laudati. Ma in un caso è Melillo”.
Secondo il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, Pasquale Striano sarebbe la persona che ha effettuato di gran lunga il numero maggiore di accessi illeciti alle banche dati riservate non solo della Direzione nazionale antimafia, ma anche di altri organi di polizia. Durante la sua audizione alla commissione parlamentare Antimafia, Cantone ha fornito i numeri relativi a questa cospicua ricerca di informazioni sensibili su più di mille tra politici, imprenditori, dirigenti della pubblica amministrazione, sportivi e anche gente comune: oltre 7.000 accessi a varie banche dati, 33.528 file scaricati.
“Apprendo dalla stampa di questa notizia che, se confermata, sarebbe gravissima”, commenta il Segretario e membro del CCR Federico Pedini Amati – “Anche perché – aggiunge – bisognerebbe capire perché è stata chiesta questa informativa da San Marino. In ogni caso occorre fare piena luce sulla vicenda. Mi auguro venga smentita quanto prima”.
Il pm Antonio Laudati, tirato per la giacchetta dal suo sottoposto Pasquale Striano e investito del ruolo di capo spione, non ci sta a chiudere la sua carriera di magistrato come l’uomo che ordinava i dossieraggi da passare alla stampa per attaccare i politici del momento. D’altronde, tra i numerosi elementi a sostegno dei capi d’accusa e le rivelazioni del luogotenente della Finanza responsabile delle diverse migliaia di accessi abusivi alle banche dati, Laudati è pronto a rispondere alle contestazioni e a chiarire tutti gli aspetti su cui il procuratore Raffaele Cantone fonda l’inchiesta umbra. Ormai il magistrato ha ben chiaro il percorso difensivo da seguire, in un’indagine che si sta allargando non solo agli accertamenti investigativi sulla mostruosa mole di dati raccolti illegalmente nella cabina di regia del gruppo Segnalazioni operazioni sospette, culminate nel dossier Colle su Berlusconi, ma che potrebbe travolgere gli equilibri nell’Antimafia, oltre ad avere ripercussioni estere molto pesanti, con il nuovo fascicolo sugli spioni aperto in Vaticano per scovare i mandanti del dossieraggio sulla Santa Sede.
Laudati sarebbe pronto ad intestarsi parte della responsabilità sugli accessi abusivi come presupposto necessario, seppure borderline, allo sviluppo di alcune investigazioni per il contrasto alla criminalità organizzata nel sistema economico e finanziario del Paese. L’altra parte, però, il magistrato la rispedirebbe al mittente, la Direzione nazionale Antimafia, che sarebbe stata a conoscenza del lavoro del pm, il quale è fermamente convinto di non aver operato alcun abuso. Il resto è tutta opera di Striano, che avrebbe setacciato le banche dati e inviato documenti riservati agli amici giornalisti.
Laudati intende rimarcare l’aspetto fondamentale che avrebbe poi portato alla luce il verminaio del dossieraggio, ovvero una sua relazione di servizio del novembre 2022, che smentiva gli accertamenti in via Giulia sul ministro Guido Crosetto e portava a galla le intromissioni nei database del Nucleo di polizia valutaria delle Fiamme Gialle, tutte riconducibili a Striano. Insomma, i dossier disposti da Laudati sarebbero condivisi con i vertici della Dna, quelli illeciti sarebbero di esclusiva iniziativa del finanziere, che invece sostiene di aver eseguito gli ordini dei suoi superiori.