Un presunto dossieraggio abusivo su politici, manager e persone esposte nel cuore della procura nazionale Antimafia. È su questa ipotesi che lavora da mesi la procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone: l’indagine è attualmente in pieno svolgimento ed è seguita personalmente dal capo della procura umbra. Lo scrivono La Repubblica, Il Corriere della Sera e La Verità. Secondo i tre quotidiani sotto inchiesta è finito un maresciallo della Guardia di Finanza, per molto tempo in servizio alla Direzione nazionale antimafia. L’investigatore è accusato di accesso abusivo a sistemi informatici: per gli inquirenti ha compiuto centinaia di ricerche sul sistema delle forze dell’ordine, scaricando illecitamente notizie relative ai conti correnti e alle transazioni finanziarie di centinaia di personaggi noti, politici di primo piano, giornalisti e imprenditori. Si tratta delle Segnalazioni di operazioni sospette, i cosiddetti Sos, cioè le transazioni anomale che le banche e gli operatori finanziari hanno il dovere di comunicare alla Unità di informazione finanziaria (Uif) di Banca d’Italia per approfondimenti. Via Nazionale deve trasmettere per legge quelle segnalazioni sia al Nucleo Valutario della Guardia di Finanza che alla procura nazionale Antimafia, che procedono alle indagini.
L’inchiesta nasce nell’autunno scorso, quando il quotidiano Domani pubblica un articolo in cui svela che tra il 2018 e il 2021 il neo-ministro della Difesa Guido Crosetto ha percepito quasi due milioni di compensi da Leonardo, la società parastatale che si occupa di armamenti, grazie alla sua attività di consulente o intermediario attraverso le aziende di cui faceva parte prima di entrare al governo. Guadagni leciti dietro i quali però, sosteneva il giornale, emergeva un conflitto d’interessi con il nuovo incarico. Crosetto ha replicato annunciando querele e depositando un esposto alla Procura di Roma. “A seguito della pubblicazione di miei dati personali e non pubblici, accessibili solo da parte di persone autorizzate, ho deciso di sporgere una querela alla procura di Roma per capire come fossero stati recuperati”, spiega il ministro al quotidiano Repubblica.
Considerato il possibile coinvolgimento, pure come parti lese, di magistrati in servizio all’Antimafia e dunque a Roma, l’indagine è stata trasmessa da piazzale Clodio a Perugia, procura competente per le toghe capitoline. L’ufficio inquirente guidato da Cantone ha ricostruito i percorsi di trasmissione delle Sos, finite appunto al Valutario, alla Dna, alla Direzione investigativa antimafia e in alcuni casi anche ai Servizi. Nel frattempo in via Giulia il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo ha modificato le procedure: alla guida del Servizio segnalazioni di operazioni sospette adesso ci sono ben tre magistrati. Il finanziere, invece, è stato trasferito.
La Procura di Perugia indaga su un possibile caso di dossieraggio nei confronti di politici e altri personaggi in vista, emerso dopo la denuncia di Guido Crosetto a seguito di un articolo del Domani che riportava dati sensibili del ministro e accessibili solo a “persone autorizzate”. Nel registro degli indagati è finito un ufficiale della Guardia di Finanza, a lungo in forze alla Direzione nazionale antimafia. L’ipotesi di reato è “accesso abusivo a sistemi informatici”, ma tutto fa pensare che si possa trattare solo della punta di un iceberg.
A piazzale Clodio la pm Antonia Giammaria ordina i primi accertamenti e si scopre che in effetti, nei giorni precedenti alla pubblicazione dell’articolo su Crosetto, dalla banca dati dell’Antimafia era stata compiuta una ricerca proprio sul ministro della Difesa. Ma non solo: sempre dai terminali di via Giulia risultano anche altre centinaia di ricerche simili, tutte compiute dal finanziere sotto inchiesta. Scattano le perquisizioni e gli interrogatori: il militare nega, spiegando che il suo lavoro consiste proprio nell’interrogare il sistema informatico delle forze dell’ordine. Solo che quelle ricerche non erano state richieste da un superiore e neanche sono poi finite in una relazione stilata dallo stesso finanziere. Perché quindi l’investigatore faceva quelle interrogazioni al sistema informatico? L’indagato ha tentato di scaricare le responsabilità sull’organizzazione dell’ufficio, che all’epoca era guidato dall’ex procuratore di Bari, Antonio Laudati. Gli inquirenti, però, non sono rimasti convinti da questa giustificazione. Va sottolineato che le Sos sono transazioni apparentemente sospette (bonifici dall’estero, strani scambi di denaro) ma che potrebbero essere lecite. Spetta poi alla polizia giudiziaria effettuare gli approfondimenti. Quei documenti, invece, in alcuni casi sono finiti sui giornali prima che alle procure.