Al G7 di Elmau, Germania, si è parlato di sviluppo, come sempre, ma al centro del summit questa volta non poteva non esserci il vero nodo che interessa i grandi della Terra: l’energia, soprattutto a fronte della guerra di Putin, delle stangate sulle bollette e di un cambiamento climatico sempre più devastante, che non lascia scampo.
La siccità e le crisi idrica di queste settimane non sono che la punta di un iceberg pronto a disintegrarsi.
L’agenda delle riunioni delle 7 più grandi economie del mondo è dominata dalla questione del cosiddetto price cap, il tetto al prezzo del petrolio russo. Il premier italiano Mario Draghi insiste sulla linea dura che sostiene da mesi anche a livello europeo.
E ha ripetuto che imporre un tetto al prezzo dei combustibili ha un obiettivo geopolitico, oltre che economico e sociale: sarebbe infatti in grado di ridurre i finanziamenti a Mosca e contrasterebbe direttamente una delle cause principali dell’inflazione.
Draghi ha spiegato in maniera chiara e semplice che quella che sta affrontando ora l’Europa non è un’inflazione provocata dal sistema economico Ue dall’interno, ma un’inflazione importata, prodotta proprio dai rincari dell’energia. Rincari che, se non vengono limitati rapidamente, si espandono a catena ad atri settori e portano a batoste da cui poi è difficile riprendersi, proprio come sta accadendo per il gas.
Draghi è perentorio e cerca di convincere i 7 a imboccare la “via italiana”. Gli strumenti ci sono, e sono quelli che lui stesso sta provando a utilizzare da tempo: vanno mitigati i rincari dell’energia, compensate le famiglie e le imprese in difficoltà, tassati i profitti straordinari fatti dalle imprese.
E quando finalmente i prezzi dell’energia caleranno, bisognerà evitare il ritorno alla dipendenza dai combustibili fossili russi. Questo un punto essenziale della “linea Draghi”. Va spezzato adesso e qui il legame energetico con la Russia di Putin, “per sempre”.
La sponda è quella data dagli Stati Uniti, che vuole il price cup al petrolio, con l’apertura della Germania e il via libera della Francia.
Draghi ha anche sottolineato che occorre “accelerare” gli sforzi sulla sicurezza alimentare, sbloccando le esportazioni di grano dall’Ucraina “molto prima di metà settembre”, quando arriverà il nuovo raccolto. Il premier ha ribadito anche il sostegno agli sforzi di mediazione che sta facendo l’Onu.
Bisogna evitare a tutti i costi, avverte ancora il premier, gli errori commessi dopo la crisi del 2008. E la questione non è puramente energetico-economica, ma anche fortemente politica. La crisi energetica va disinnescata anche per evitare un ritorno del populismo.
Le elezioni in Francia, con il netto balzo in avanti di Rassemblement National, hanno restituito un risultato plastico e in questo senso inequivocabile.
Diverso l’atteggiamento italiano, dove ai ballottaggi delle elezioni amministrative di domenica 26 giugno è stata schiacciante la vittoria del centrosinistra e altrettanto palese il sonoro cappotto del centrodestra, con il disastroso ritorno dell’alleanza Salvini-Meloni-Berlusconi.
Draghi fa anche un ulteriore passo in avanti. È abbastanza chiaro, prosegue, che nella situazione attuale avremo bisogni a breve termine che richiederanno ingenti investimenti nelle infrastrutture del gas nei Paesi in via di sviluppo e altrove, ma dobbiamo assicurarci che possano essere convertiti per trasportare idrogeno, “quindi questo è un modo per conciliare le esigenze a breve termine con le esigenze climatiche a lungo termine”.
Inoltre, molti Paesi in via di sviluppo e un continente, l’Africa, sono particolarmente adatti per investimenti nelle energie rinnovabili. È qui, ammonisce ancora il Presidente del Consiglio, “che mi aspetto che tutti i nostri Paesi finanzino, identifichino e progettino molti progetti di investimento in questo settore”.
Questo gruppo di Paesi del G7, ricorda ancora, è stato il più grande finanziatore nell’assistenza a progetti di investimento nei Paesi in via di sviluppo. “Dobbiamo fare di più e vogliamo anche essere, in questo sforzo, ampiamente riconosciuti nei partenariati con i Paesi in via di sviluppo”.
Le banche multilaterali di sviluppo, e in particolare la Banca mondiale, saranno ulteriormente mobilitate, insieme al settore privato. Ancora una volta, “deve” essere intrapreso un ampio sforzo di partenariato con i Paesi in via di sviluppo.
Oltre all’energia, l’altro tema caldo è quella della salute. Draghi torna sui vaccini. Ancora una volta questo gruppo di Paesi, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone, è stato di gran lunga il più grande donatore di vaccini.
“Continueremo molte iniziative in questo campo, ma ora è chiaro che è necessario di più, in particolare per consentire ai paesi africani e ad altri paesi di produrre i vaccini sulla propria terra in modo che i vaccini possano essere prontamente disponibili per la loro popolazione”.
Oggi un collegamento video con il presidente ucraino Zelensky aprirà la seconda giornata di lavori del G7. Il leader ucraino, invitato da Olaf Scholz, chiederà consegne più rapide di armi pesanti, quelle promesse dall’occidente stesso.
La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha commentato alla Zdf che “abbiamo parlato del tetto al prezzo del petrolio. Ne abbiamo discusso insieme e al momento gli esperti lavorano ai dettagli. E questo è giusto, perché non può essere che Putin venda il petrolio davvero a prezzi molto cari sul mercato mondiale e riempia le sue casse per la guerra, mentre i Paesi in via di sviluppo finiscono in ginocchio”.
Il mondo – prosegue von der Leyen – deve esser pronto a dire che non siamo più disposti a pagare prezzi astronomici e avremo un tetto al prezzo e tutti devono partecipare: “Garantiremo che si paghi in modo onesto ma non al punto da riempire le casse di Putin”.
Alla domanda su come veda il G20 di novembre, se sarà invitato anche il presidente russo Vladimir Putin, la presidente della Commissione europea ha invitato a pensare molto bene se si vuole paralizzare il G20: “Io non sono per questa opzione”. E ha spiegato: “A mio avviso dobbiamo dire a Putin cosa pensiamo di lui e del suo modo di agire, guardandolo in faccia. Il G20 è troppo importante per i Paesi in via di sviluppo per lasciarcelo rovinare ancora da Putin”.