Nonostante abbia incassato per ben due volte consecutive il voto di fiducia al Senato nel giro di pochi giorni – prima quello di giovedì scorso sul decreto Aiuti (con l’astensione del Movimento 5 Stelle che ha innescato la crisi) e poi quello che ha ufficializzato l’insanabile spaccatura nella maggioranza di governo – l’esperienza di Mario Draghi a Palazzo Chigi volge a grandi passi verso una conclusione accelerata. La conferma è arrivata quando l’ormai ex premier ha annunciato ai Deputati della Camera l’intenzione di salire al Quirinale per parlare con Sergio Mattarella.
Durante il colloquio con il Capo dello Stato, l’ex governatore della Bce ha ribadito la propria volontà di dimettersi dalla carica di presidente del Consiglio: una richiesta che il Colle ha rispedito al mittente una settimana fa, ma solo in parte la seconda. Infatti Draghi e la sua compagine di ministri rimarranno in carica per i cosiddetti “affari correnti” fino alle prossime elezioni: una tornata elettorale anticipata rispetto alla naturale fine della legislatura, un voto che – stando a quanto recita l’articolo numero 61 della nostra Carta costituzionale – si dovrebbe tenere tra fine settembre e inizio ottobre, ossia tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere che Mattarella sta annunciando al Paese fissando la data del voto il 25 settembre.
La fine del governo Draghi e la nuova prospettiva del voto anticipato: come si presentano i partiti all’appuntamento elettorale
E così l’attenzione degli italiani è già proiettata sulla campagna elettorale che ci accompagnerà alle urne. Ad oggi – tra gli isterismi del centrodestra di governo, il marasma del cosiddetto campo largo Pd-M5S e un nuovo partito di centro ancora tutto da inventare – lo scenario è quanto mai caotico, ma c’è una donna che i sondaggi danno in costante ascesa da molti mesi a questa parte: si tratta di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, unica figura politica dell’attuale Parlamento che può rivendicare un ruolo di sola e costante opposizione in tutti questi 4 anni, mentre i suoi alleati d’area si accollavano governi dalle composizioni più fantasiose.
Quasi tutti i sondaggi circolati nel corso dell’anno descrivono FdI come il primo partito nelle intenzioni di voto degli italiani, con una forbice di preferenze che varierebbe tra il 20 e il 25 per cento, mentre la leader di partito raccoglierebbe un gradimento personale che raggiungerebbe quote anche ben più alte, accreditandosi come punto di riferimento politico per oltre un terzo degli elettori (nell’ultima settimana il dato si attesta al 36 per cento).
Tante incognite sulle macerie del governo Draghi: Fratelli d’Italia è davvero il primo partito del Paese?
E così sono in molti a vederla già nelle vesti di prima presidente del Consiglio donna nella storia della Repubblica italiana. Nessuna prima di lei ha ricoperto neppure per un giorno questa carica che – nonostante nella Costituzione sia solamente la quarta, alle spalle delle presidenze della Repubblica, del Senato e della Camera – è da sempre il perno attorno a cui ruota l’agire della nostra politica. A sfiorare per poche ore l’ottenimento di un posto altrettanto prestigioso, quello del Capo dello Stato, è stata di recente Elisabetta Belloni (direttrice generale del Dipartimento delle informazioni sulla sicurezza), che a inizio anno fu ad un passo dal salire al Quirinale prima della riconferma di Mattarella.
Ed è proprio a lei che Giorgia Meloni pensa di rivolgersi per entrare a fare parte del governo che intende formare per i prossimi cinque anni. Al vertice dei Servizi Segreti italiani dal 2021 – quando proprio Mario Draghi la nominò al posto di Gennaro Vecchione, segnando il primo punto di discontinuità con il precedente esecutivo di Giuseppe Conte – Belloni è una diplomatica e funzionaria di lungo corso, ha rappresentato l’Italia in molte cancellerie internazionali e più di recente presso l’Unione europea: una figura che la leader della destra vedrebbe bene come titolare della Farnesina.
Ma la lista dei potenziali ministri che Giorgia Meloni andrebbe a nominare una volta insediata a Palazzo Chigi comprende altri nomi anche ben più conosciuti, a cominciare da uno che il dicastero dell’Economia lo ha già occupato oltre 10 anni fa e che lei vorrebbe riconfermare proprio in via XX settembre: parliamo di Giulio Tremonti, già figura cardine dei quattro governi di Silvio Berlusconi ed illustre docente finanza internazionale presso l’università Link Campus di Roma. Una scelta che quindi raccoglierebbe il gradimento anche di Forza Italia e della Lega.
Gli altri ritratti spendibili per la leader di Fratelli d’Italia sono tutti personaggi ritenuti di “alto profilo” e che – nella sua concezione – metterebbero proprio gli alleati di Centrodestra nella situazione di non potersi opporre. Uno di questi è il professor Carlo Nordio, magistrato di lungo corso e anche lui già candidato della coalizione alle elezioni del Presidente della Repubblica, che andrebbe ad occupare il ministero della Giustizia.
Pure per lo scranno degli Interni l’ipotesi più accreditata è una di quelle molto vicine al Carroccio: parliamo di Matteo Piantedosi, prefetto di Roma ed ex capo di gabinetto di quel Matteo Salvini che in tutti questi mesi ha continuato imperterrito a chiedere le dimissioni dell’attuale ministra in carica Luciana Lamorgese. Il segretario della Lega avrebbe dunque gioco facile nell’accettare un cambio di passo così marcato in una posizione – quella del Viminale – a lui tanto cara per le battaglie storiche del suo partito, a partire dalla questione dell’immigrazione.
Gli altri identikit sul tavolo di Giorgia Meloni sono quelli del sociologo Luca Ricolfi (che lei vedrebbe bene come titolare del Lavoro o dello Sviluppo Economico) e Domenico Siniscalco, anche lui già ministro indipendente dei governi Berlusconi II e III, che verrebbe proposto per gli Affari Europei. Ma ci sono anche alcuni fedelissimi come Guido Corsetto – tra i fondatori di FdI e suo grande amico personale, che riceverebbe una delega ritenuta di fondamentale importanza come quella della Difesa – e Francesco Lollobrigida, attuale capogruppo dei Deputati alla Camera, che Meloni vedrebbe bene a curare i Rapporti con il Parlamento.