Mario Draghi sta tracciando i nuovi confini tra l’esecutivo che guida e i partiti che lo sostengono. Sembra quasi che il governo sia staccato dalle sorti del Parlamento, ma non è così. In realtà questo apparente distacco tra il Premier e la maggioranza che lo sostiene dipende dalle circostanze eccezionali che hanno portato alla formazione di un esecutivo di unità nazionale. Draghi sta solo riscrivendo le regole e ridefinendo gli ambiti senza più sconfinamenti, come è accaduto negli ultimi 20 anni. Questo rappresenta un’occasione di rinnovamento, di cambiamento, che trascinerà positivamente anche le forze politiche. I partiti devono capire che questa fase rappresenta un’opportunità unica, per evitare ulteriori futuri rischi per il Paese. Fino ad oggi, nonostante qualche scaramuccia dovuta più ad un modo come un altro di rimarcare la propria appartenenza, le forze in campo sembrano essersi comportate bene. Se riescono a mantenere questa consapevolezza, sicuramente scaturiranno vantaggi per tutti. In primo luogo per il Paese che ha bisogno di essere ricostruito ed ammodernato in quanto ad infrastrutture e servizi, ma anche come sistema politico che deve liberarsi dal canto illusorio delle sirene elettoralistiche e dalla demagogia congenita; solo così potranno riacquistare quella visione dello Stato, che è l’humus di cui ogni partito dovrebbe nutrirsi quotidianamente. Molte affermazioni di Draghi vanno lette come richiamo alle forze politiche, agli organi Costituzionali, di fare ciascuno la propria parte, senza sovrapporre i piani e le competenze. Qualcuno a tutti i costi e non si capisce il perché, cerca di vedere nell’esecutivo una sorta di laboratorio sperimentale che dovrebbe portare ad una progressiva separazione tra chi decide e chi come il Parlamento e i partiti dovrebbero solo assecondare queste scelte. Sarebbe un rischio destinato al fallimento con la conseguenza di alimentare nuovi e vecchi populismi che hanno di fatto confinato la politica in un angolo, senza risolvere nessun problema. Quanto sta avvenendo in questi mesi racconta di un Paese che per la prima volta, dopo la caduta del muro di Berlino, cerca di capire dove sta quel punto di equilibrio di cui è stato sempre orfano. L’autorevolezza di Mario Draghi, la sua esperienza, i suoi rapporti internazionali, la stima di cui gode nelle Cancellerie occidentali e non, possono aiutare e facilitare questa ricerca e così mettere in condizione l’Italia di costruirlo e di non subirlo, come è sempre avvenuto dal dopo guerra ad oggi. Gli scontri che nel passato hanno segnato la vita delle forze politiche e del sistema paese in generale, non aiutano nessuno, né nel governo né nei suoi interlocutori. Prendere coscienza di ciò, non significa arrendersi, ma rivendicare il proprio ruolo politico e sociale.
Andrea Viscardi