Draghi vedrà Putin. Zelensky cede su 4 punti

I negoziati tra Ucraina e Russia sono pronti a ripartire. Dopo una battuta d’arresto preoccupante, i colloqui sono infatti ricominciati a Istanbul, in Turchia, proprio ieri, 28 marzo, e andranno avanti fino al 30 marzo. Il presidente turco Erdogan tenta ancora una volta di porsi come mediatore del conflitto. “Un cessate il fuoco è necessario al più presto possibile” ha detto in una telefonata a Putin, secondo quanto riporta l’agenzia turca Anadolu.

Sovranità ed integrità territoriale continuano ad essere le priorità di Kiev, ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un nuovo video diffuso nella notte sulla sua pagina Facebook. “Le nostre priorità nei negoziati sono note: la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina sono fuori dubbio”, ha affermato il leader ucraino. “Sono d’obbligo garanzie di sicurezza efficaci. Ovviamente, il nostro obiettivo è la pace e il ritorno alla vita normale nel nostro Paese il prima possibile”.

I 4 punti su Zelensky è pronto a fare un compromesso

Anche se sembra probabile che dovrà cedere sul Donbass e accettare lo status neutrale e non nucleare. In un’intervista al giornale russo indipendente Meduza, l’ex comico ora diventato presidente ha indicato i punti su cui potrebbe essere raggiunto un accordo con Mosca per porre fine alla guerra. L’intervista è stata pubblicata dopo che l’autorità russa per i media Roskomnadzor l’aveva vietato alle maggiori testate, come Novaya Gazeta e Kommersant.

“Vogliamo ridurre il più possibile il numero delle vittime, la durata della guerra, vogliamo che le truppe si ritirino nelle posizioni precedenti all’attacco”, ha detto Zelensky, offrendo però un compromesso sulla difficile questione del Donbass. “Non ci siederemo per niente al tavolo se tutto quello di cui vogliono parlare è demilitarizzazione o denazificazione, per sono cose incomprensibili”, chiarisce, sottolineando comunque di non essere contrari ai colloqui con i russi, “concesso che ci siano risultati”.

Zelensky accoglie l’idea che sia impossibile obbligare la Russia a liberare totalmente i territori ucraini, perché questo porterebbe la Terza guerra mondiale (“Lo comprendo perfettamente”), ma rilancia dicendo alle truppe russe: “Tornino dove tutto è iniziato e cerchiamo di risolvere la difficile questione del Donbass”.

Si dice anche pronto ad accordi per il riconoscimento della lingua russa in Ucraina e a un nuovo scambio di prigionieri, dopo quello già avvenuto il 24 marzo: si starebbero già preparando le liste con i nominativi. Riassumendo, dunque, Kiev accetterebbe almeno queste 4 condizioni, a quanto si apprende:

neutralità

status di Paese non nucleare

riconoscimento influenza russa sul Donbass

riconoscimento lingua russa in Ucraina.

Zelensky contro l’Occidente, Russia arranca

Ma prosegue l’attacco di Zelensky all’Occidente, responsabile a suo avviso di stare a guardare e fare troppo poco, di non avere “coraggio”. “Giocano a ping-pong“, ha chiosato in un nuovo video. “L’Ucraina ha bisogno solo dell’1% degli aerei della NATO e dell’1% dei carri armati, non chiederemmo di più. Abbiamo già aspettato 31 giorni. Chi è in carica nella comunità euroatlantica: c’è ancora Mosca a causa delle intimidazioni?”.

Ma Mosca arranca sempre di più e in tutta l’Ucraina si registra un “evidente calo dell’intensità” con cui le truppe si spostano. Le carenze logistiche dell’esercito russo si fanno sentire sempre di più. Putin avrebbe persino ritirato parte delle sue forze dalla regione di Kiev a causa delle “significative perdite” subite. A riferirlo è stato lo Stato Maggiore ucraino, precisando anche che due battaglioni russi si sono ritirati in Bielorussia

“I russi dicono di essere interessati alla pace, ma non lo sono. Cercano di dare questa idea all’Occidente per evitare nuove sanzioni. Sicuramente noi non cederemo nessun territorio, questo è fuori dal tavolo” ha dichiarato è stato Alexander Rodnyansky, consigliere del presidente ucraino Zelensky e negoziatore per l’Ucraina, ospite di Lilli Gruber a “Otto e mezzo” su La7, arrivato nei giorni scorsi a Berlino per chiedere maggiore sostegno da parte dell’Europa e degli Stati Uniti.

“Abbiamo bisogno di armi offensive per riconquistare i territori occupati. E poi abbiamo bisogno che l’Unione europea ci aiuti dando fine ai flussi di denaro verso la Russia per acquistarne il gas”, ha proseguito. “Da una parte la Russia partecipa ai negoziati di pace, dall’altra prepara un’escalation militare. C’è un’alta probabilità che i negoziati di pace falliscano. Per non farli fallire, dovete mettere la Russia nelle condizioni che non possa proseguire la guerra”.

Ciò che l’Ucraina è disposta ad accettare al limite, come abbiamo visto, è la neutralità. “E’ impossibile convivere fianco a fianco con questo regime dittatoriale, perché sarebbe una costante minaccia alla pace e alla prosperità”, ha aggiunto. L’obiettivo del governo ucraino è fermare la guerra: “Noi non parliamo di cambiamento di regime, anche se è probabile che le due cose corrispondano perché Putin si é messo in un angolo”.

La domanda che si fa sempre più insistente a questo punto è se la guerra della Russia contro l’Ucraina possa arrivare in Italia. A lanciare l’allarme, per nulla velato, è proprio lo stesso Rodnyansky.

“Con l’escalation della guerra il regime russo ha rivelato la sua vera natura di regime dittatoriale che vede la guerra come unica soluzione, quindi chi dice che non bisogna inviare armi all’Ucraina deve capire che in questo momento questo significa solo che un giorno ci sarà la guerra in Italia“. Parole durissime quelle pronunciate da Rodnyansky, che hanno fatto scattare l’allerta massima nel nostro Paese.

Anche il premier Mario Draghi sta giocando una partita caldissima, e sin dall’inizio dell’invasione russa ha mostrato di essere sempre in prima linea in Europa. “Noi stiamo cercando la pace, io la sto cercando veramente. Gli altri leader europei, francesi e tedeschi in particolare la stanno cercando” ha detto Draghi, che in questi giorni ha annunciato che parlerà direttamente con Putin.

“Avrò anche io colloqui con Putin” ha rivelato durante la conferenza stampa a Bruxelles dopo il Consiglio europeo. “Non siamo in guerra perché si segue un destino bellico, si vuole la pace prima di tutto”, ha ribadito il capo del governo. E “il modo migliore per dimostrare di volere la pace è cessare le ostilità e sedersi al tavolo. Se non si fa questo, vuol dire che si spera di guadagnare terreno”.

Putin non vuole la pace, almeno adesso, sottolinea Draghi. “Non c’è stata ancora nessuna manifestazione di un cessate il fuoco. Anche durante le riunioni con gli ucraini il fuoco non è cessato, i bombardamenti sono continuati”. E in effetti l’offensiva di Mosca non si è fermata nemmeno durante i vari round di negoziati con Kiev. Come sappiamo, Putin ha scelto di violare sistematicamente qualunque diritto sancito dalle convenzioni internazionali: ha bombardato scuole, ospedali, teatri, ha ucciso civili, donne e bambini e non si è fermato davanti a nulla. Per ora.

Draghi si dice però certo che “ad un certo punto sicuramente” Putin “verrà ad un tavolo di pace, speriamo che arrivi prima della distruzione totale dell’Ucraina, prima che avvenga quello che è avvenuto quando l’Unione Sovietica invase la Polonia, l’Ungheria, la Cecoslovacchia. Gli sforzi non hanno prodotto niente ma sono necessari comunque. Il giorno in cui questa volontà cambierà noi saremo lì per iniziare il processo di pace insieme agli altri alleati”

E’ arrivato nella tarda serata di sabato 26 marzo il nuovo appello di Zelensky all’Occidente. Il presidente ucraino ha chiesto a Unione Europea e Stati Uniti di intervenire il prima possibile per cercare di salvare Mariupol.

“E’ impossibile salvare la città senza altri tank e aerei – ha detto il leader di Kiev – noi non possiamo abbattere i missili russi con fucili e mitragliatrici. Sono in stretto contatto con i nostri soldati che sono a Mariupol e servono ulteriori mezzi. Vorrei che coloro che stanno decidendo già da un mese se darci degli aerei avessero almeno l’1% del coraggio delle persone che stanno difendendo la città“.

Il presidente ucraino ha ribadito che “l’Ucraina deve essere ascoltata. Ma se non volete farlo almeno sentite le esplosioni che avvengono vicino al confine polacco. Oppure state aspettando che arrivino i carri russi?“.

“I carri armati e gli aerei sono a disposizione dei nostri partner – ha aggiunto Zelensky – ma semplicemente si stanno ricoprendo di polvere. Tutto questo serve per la libertà dell’Europa e non solo dell’Ucraina“.

Diciamo che questo ennesimo appello potrebbe cadere ancora una volta nel vuoto. Da parte dell’Unione Europea, infatti, non c’è nessuna intenzione di entrare in campo in prima persona contro la Russia e, soprattutto, dare dei mezzi all’Ucraina potrebbe portare ad un vero e proprio confronto diretto con Mosca.

Da qui il no alla richiesta di Zelensky, che in futuro sarà chiamato molto probabilmente a sedersi ad un tavolo per mettere la parola fine a questo conflitto.

Dovrebbe arrivare in settimana, forse già giovedì, il via libera del governo Draghi al DEF, il Documento di Economia e Finanza, quello contenente le politiche economiche e finanziarie decise dal Governo. Un DEF che sicuramente dovrà tener conto della guerra in Ucraina che ha sconvolto politica e mercati.

In tal senso, secondo le prime indiscrezioni, si registrerà il dimezzamento delle previsioni di crescita economica per il 2022 ipotizzate qualche mese fa, passando dal 4,2% nello scenario tendenziale al 3% nelle previsioni più ottimistiche, forse anche al 2%.

Per quanto riguarda le misure, queste saranno molto mirate e la portata non sarà molto ampia. In primo luogo, le più discusse, le spese militari. Il premier Mario Draghi ha detto di voler raggiungere l’obiettivo di portare le spese militari al 2% del Pil, dall’attuale 1,6%, un cambio che vuol dire passare da 26 miliardi a 35-38 miliardi.

Molti però i malumori all’interno del Parlamento. Il leader M5S Giuseppe Conte ha già fatto sapere che se sarà confermato al vertice del Movimento si opporrà.

«Noi diciamo no a un incremento massiccio delle spese militari a carico del bilancio dello Stato. Di fronte all’instabilità di questo conflitto non si può rispondere con una reazione emotiva e alcune spinte a un riarmo indiscriminato.

Anche Matteo Salvini ha operato una svolta nelle sue dichiarazioni, anche sulle armi.

“Non mi sembra assolutamente, nell’ambito delle forze politiche che sostengono il governo, che ci sia il rischio di un atteggiamento filo-putiniano. Noi la collocazione euroatlantica non la discutiamo” così Giuseppe Conte a In mezz’ora In Più, precisando che il M5S non vuole una crisi di governo, ma l’esecutivo “non ci deve mettere davanti al fatto compiuto di un incremento consistente delle spese militari”.

Ma non solo spese militari. Nel DEF dovrebbero entrare anche nuove misure per aiutare famiglie e imprese contro il caro energia. Come riporta Il Sole 24 Ore, “una volta acquisito con il Def il nuovo scenario programmatico e i target aggiornati di finanza pubblica si deciderà se e in che misura ricorrere nuovamente all’arma del maggior deficit.

Le risorse andranno a finanziare sostegni e garanzie sui prestiti mirati per settori più colpiti da caro-energia e sanzioni, dall’acciaio alla ceramica, ma anche tessile, alimentare e vetro”.

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