Due sorelle e il dramma dell’esistenza

Barbara Lalle incontra Giancarlo Moretti, autore e regista di “I miei giorni migliori” al suo esordio al Teatro Trastevere di Roma dal 25 al 28 maggio,  spettacolo che vedrà in scena come interpreti le attrici Giovanna Cappuccio e Ornella Lorenzano, con scene e costumi di Paola Salomon.

Perché “I miei giorni migliori”? un titolo che indubbiamente incuriosisce…

Daniela, una delle due sorelle protagoniste della vicenda, fa venire la sorella Paola a casa sua  per comunicarle una importante scelta di vita e le chiede di condividerla con lei. Saranno i suoi giorni migliori, le dice, ma provengono da una profonda  sofferenza e questo destabilizza Paola che è all’oscuro di tutto. Sono due personalità diverse, opposte, in conflitto e la scelta di Daniela è per Paolo assurda,  incomprensibile.  Ciò che per una è “ritrovarsi” per l’altra è  “perdersi” .  Quindi, mi domando, ciò che è meglio per qualcuno lo è anche per altri? Cosa definisce il bene…il male…il piacere…la sofferenza…e soprattutto la comprensione profonda, intima dell’animo altrui, esiste oppure è solo una falsa illusione?. È questo il piano dello spettacolo. E’ un terreno in cui, in fondo, ognuno di noi, inconsciamente, si muove quotidianamente.

Lo spettacolo affronta una tematica attuale nella nostra società, quello dell’allontanamento volontario, la sparizione. Come mai questo argomento?

Quando dentro di noi si accumulano disperazioni profonde occorre avere gli strumenti per affrontarle e risolverle. Ma non tutti li hanno. Il carattere, il vissuto, le patologie psichiche possono farci crollare la terra sotto i piedi, spingerci nell’ossessione, nelle fobie e in quel momento chi di noi non ha lmeno per una volta pensato o detto anche solo per assurdo…vorrei sparire. Ecco, c’è chi lo fa. E li vediamo ogni giorno agli angoli delle strade, mischiati ai senza tetto, ai barboni, agli emarginati, ai reietti. Ma loro sono diversi. Sono esuli, dal mondo, dagli affetti, dalla vita, da se stessi. Hanno scelto di “non essere” e svaniscono, e nessuno li ritroverà mai più.  La sparizione fisica è emblematica di tante sparizioni emotive che punteggiano l’esistenza in questa nostra società così dura, competitiva, distratta.

Affrontare tematiche di questo tipo è una cifra della sua drammaturgia oppure è uno spettacolo isolato, speciale?

In effetti nei miei lavori mi ritrovo spesso ad affrontare il rapporto tra l’individuo e la società nell’ottica della fragilità dell’animo, e spesso le protagoniste delle mie storie sono delle donne. Chissà, forse  sono attratto da tutto ciò che non viene detto ma vissuto e il mondo femminile ha una profondità sua tutta speciale, unica. In fondo il teatro dovrebbe far apparire quello che non si vede piuttosto che mostrare ciò che già è davanti agli occhi di tutti, dare voce a chi ha più da dire ma pochi che prestano ascolto a queste parole. Mi piacerebbe che qualcosa di questo possa arrivare allo spettatore, ma a teatro è sempre una sfida, e ognuno nel buio della sala ha un suo vissuto, le sue resistenze le sue scoperte, i suoi sorrisi le sue lacrime, nascoste.

Interpreti di questo spettacolo sono due attrici con cui lavora spesso, c’è un’affinità particolare?

Giovanna Cappuccio ed Ornella Lorenzano rappresentano quello che ogni autore e regista vorrebbe dai suoi attori: sensibilità, coraggio, forza, capacità di ascolto, umanità. Con loro ho condiviso molte delle mie sfide teatrali più difficili e ne siamo usciti vincitori. Questo testo l’ho scritto per averle per la prima volta  insieme protagoniste assolute in scena. Daniela e Paola sono due personaggi estremamente complessi e loro li vivono intensamente come una seconda pelle. Sì, in questi spettacoli non ci si può nascondere dietro al mestiere,  occorre dare tutto, bisogna essere capaci di soffrire e gioire fino all’ultima stilla di sudore, e loro ne sono capaci.

Barbara Lalle

               

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