Dune Buggy: storia, caratteristiche tecniche e prezzi

Con il termine ‘dune buggy‘ si identifica un particolare tipo di auto, destinata prevalentemente all’utilizzo su sabbia, sia in spiaggia che nel deserto (e per tanto ascrivibile alla categoria delle off-road). A differenza dei ‘sandrail‘, vengono realizzati (anche) in serie a partire dalla meccanica di un modello già esistente.

 La nascita di quelle che vengono chiamate anche ‘beach buggy‘ avviene negli Stati Uniti, tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta. In quel periodo esplode la moda delle auto da spiaggia, di pari passo con quella delle moto hot rod; i primissimi modelli erano auto di serie equipaggiate con ruote maggiorate e private dei pannelli della carrozzeria. Nel 1958, Pete Beirning della cittadina di Oceano (California) costruisce il primo modello di dune buggy derivato da un Volkswagen Maggiolino (chiamato ‘Bug’ in inglese), modificando la carrozzeria ed accorciando lo chassis. I tempi per l’avvio di una vera e propria produzione di serie sono ormai maturi: ad inaugurare il filone delle beach buggy è la EMPI, un’azienda che commercializza accessori aftermarket per modelli Volkswagen, con la ‘Sportster‘. Si trattava di una buggy di serie venduta sotto forma di kit assemblabile, i cui componenti erano un’intelaiatura tubolare e fogli di lamiera per la carrozzeria, così da ridurre il peso complessivo della vettura. La Sportster è di ispirazione per un secondo modello di serie, più leggero grazie all’impiego dell’alluminio: la ‘Burro‘, disegnata e costruita da Hilder Thompson. Pare che sia stato proprio questo modello ad ispirare Bruce Meyers, il ‘padre’ delle più famose dune buggy dell’epoca ovvero le Meyers Manx. Meyers, con un passato da costruttore di barche alle spalle, pensava di poter costruire un’auto più leggera e dal design più rifinito ed accattivante rispetto ai due modelli precedenti. Nel 1964 costruisce i primi dodici esemplari di ‘Monocoques‘, con pianale in fibra di vetro al posto di quello di produzione Volkswagen; della Casa tedesca resta il motore, alloggiato sullo chassis che forma un tutt’uno con la carrozzeria. Ad ogni modo, queste auto risultano troppo costose da produrre e costringono Meyers a ripiegare sui pianali accorciati del Maggiolino, riuscendo a fabbricare circa 6.000 kit Manx; nel frattempo, la EMPI lancia la propria produzione di carrozzerie in fibra di vetro. Il fenomeno delle dune buggy resiste fino alla fine del decennio. Dopo il boom del 1969, le nuove leggi federali del 1970 (che proibiscono di avere il motore scoperto e impongono parafanghi chiusi sulle ruote) rendono la produzione di dune buggy omologabili sempre più difficoltosa; la Meyers Manx chiude i battenti nel 1971. In Italia, i primi kit per l’assemblaggio di una dune buggy compaiono nel 1968; a fare da apripista è la Puma, un’azienda di Roma seguita dalla All Cars di Mario Zodiaco. Quest’ultimo proverà poi ad far partire una produzione di serie fondando la Zodiaco srl ma senza successo: dopo aver raggiunto un accordo con la Giannini Automobili S.p.A., viene aperto uno stabilimento a Pianoro, poi chiuso nel 1974. Gli altri marchi produttori di dune buggy in Italia furono la ATL, la MOMO, la Greppi SNC e la Hot Car.

A rendere più conosciuto le piccole auto da spiaggia ha contribuito anche il film “…altrimenti ci arrabbiamo!” del 1974 che ha per protagonista Bud Spencer e Terence Hill; i due celebri attori impersonano un meccanico ed un camionista che, dopo aver vinto a pari merito una gara di rally cross, ricevono un premio una dune buggy Puma di colore rosso con capote gialla. Oltre ad essere il filo conduttore della trama, la dune buggy dà anche il titolo dell’altrettanto celebre colonna sonora del film firmata dagli Oliver Onions.

Questo tipo di auto possiede alcune caratteristiche peculiari. Dal punto di vista estetico, le dune buggy si presentano piuttosto essenziali: la carrozzeria si limita al cofano ed ai passaruota e le scelte di design sono sempre votate alla praticità anziché all’eleganza. Sul fronte tecnico e meccanico, invece, le buggy montano ruote più grandi e ampie rispetto ai modelli di serie (ed in proporzione alle proprie dimensioni). Ovviamente, la presenza di pneumatici maggiorati è resa necessaria dall’impiego off-road e dalla necessità di solcare fondi sabbiosi in maniera sicura ed efficace. Per ottimizzare le prestazioni, la vettura è quantomai scarna: le poche parti di carrozzeria (quasi sempre una scocca singola di vetroresina) in genere sono alloggiate su di un telaio tubolare, connesso direttamente allo chassis, che può essere chiuso da una capote leggera. L’abitacolo può essere omologato per una capacità massima di due o quattro posti mentre la massa a vuoto si aggira sulla mezza tonnellata. Per quanto concerne il motore, come detto si trattava di unità prodotte dalla Volkswagen; la ‘Squalo’ della Autozodiaco montava un 4 cilindri da 1.2 litri in grado di sviluppare 41 CV di potenza e di superare i 140 km/h di velocità massima (con un consumo di carburante di 7 litri ogni 100 km); secondo una brochure dell’epoca, la Squalo raggiungeva i 100 km/h da fermo in 17.8 secondi. Il mercato dell’usato Per chi vuole acquistare un modello di dune buggy usata, internet è forse l’unico strumento davvero utile per reperire i (non tantissimi) esemplari ancora in circolazione. Per un modello in buone condizioni il prezzo base si attesta tra i 6.000 ed i 9.000 euro; per i più esigenti, vi sono anche dune buggy in vendita in condizioni pari al nuovo grazie ad un ampio e costoso restauro che vengono proposti a prezzi ben oltre i 20.000 euro.

Dati i costi, e l’ambito di utilizzo piuttosto limitato, è anche possibile optare per un’altra soluzione per godersi un’auto così particolare senza spendere troppo: le dune buggy a noleggio. Alcuni autonoleggi hanno all’interno del proprio parco auto anche questo genere di opzione, disponibile per matrimoni o alti eventi: le tariffe variano in base alla singola azienda ma per avere a disposizione l’auto per un’intera giornata si spendono in genere alcune centinaia di euro.

 

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