È partito l’evasometro, lo strumento dell’Agenzia delle Entrate per stanare gli evasori fiscali. Già utilizzato per le aziende, ora verrà impiegato anche per i privati cittadini.
L’evasometro è partito all’inizio di agosto in maniera sostanzialmente soft e va ad aggiungersi ad altri strumenti come il redditometro, sospeso lo scorso anno dal Decreto dignità ma ancora in vigore per gli anni arretrati fino al 2015, proprio per individuare i furbetti. In realtà l’evasometro non è uno strumento nuovo: è stato introdotto dal governo Monti nel 2012 con il nome di risparmiometro, ma per renderlo operativo ci sono voluti sette anni. Con questo strumento, e grazie anche alla fattura elettronica e allo scontrino elettronico si conta di recuperare tra i 10 e i 15 miliardi.
Il meccanismo dell’evasometro si basa su un algoritmo che incrocia i movimenti bancari dei contribuenti con i redditi comunicati al fisco. Si ipotizza che sia in grado di scovare gli evasori in maniera selettiva e con margini di errore modesti. Chi esegue i controlli ha a disposizione un ampio database con le comunicazioni bancarie e altri dati utili che possono così essere incrociati con i 730 dei contribuenti e i nomi di chi è ritenuto a rischio evasione. In caso di spese eccessive rispetto a quanto dichiarato, scattano ulteriori verifiche della Guardia di Finanza. Spetta poi a chi di dovere spiegare le presunte anomalie, fornendo la documentazione necessaria ovvero “dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nonché avviare, in caso di accertamento, il procedimento per adesione”.
I fattori considerati per valutare il rischio evasione sono: le giacenze medie sul conto corrente, i flussi mensili in entrata e uscita, i saldi iniziali e i saldi finali dell’anno. Se l’algoritmo segnalerà scostamenti rilevanti e non giustificabili rispetto alla dichiarazione dei redditi, scatteranno le verifiche. Spetterà poi ai contribuenti fornire le prove documentali per giustificare eventuali anomalie.