Al Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei appartengono gli eurodeputati eletti con il Partito dei Conservatori e Riformisti Europei, ma anche alcuni esponenti del Movimento Politico Cristiano Europeo nonché europarlamentari non appartenenti ad alcun partito europeo. A seguito delle elezioni europee del 2019 è il sesto gruppo più numeroso dei sette in Eurocamera. Nel corso della IX legislatura accoglie altri deputati fino a contare, a ottobre 2023, 66 europarlamentari provenienti da 16 Stati membri.
Giorgia Meloni ha ringraziato il Consiglio per la fiducia e ha accettato di proseguire il suo impegno alla guida dei conservatori, ponendosi come orizzonte le prossime elezioni europee. Nel corso dell’incontro, coordinato dal Segretario Generale, Antonio Giordano, il Consiglio ha indicato Gila Gamliel, Ministro per l’intelligence del governo israeliano e responsabile per gli affari esteri del Likud, quale Vicepresidente aggiunto in rappresentanza dei partiti extra Ue partner di Ecr.
Particolare attenzione è stata dedicata ai prossimi appuntamenti elettorali in Spagna e Polonia ma anche ai temi chiave dell’agenda politica europea. La destra italiana, che alla prossime europee punta a rafforzare in maniera consistente la propria pattuglia all’Europarlamento, lavora insieme ai partner europei, impegnati ciascuno per la propria parte a irrobustire la famiglia conservatrice. Si guarda anche a un suo allargamento, a partire proprio dall’Irlanda, con diversi parlamentari coinvolti nei lavori del convegno di Ecr.
“È molto importante per noi che la famiglia conservatrice si organizzi al meglio anche in Irlanda, per dare voce a tutti quei cittadini che vogliono un’Europa meno burocratica e più capace di affrontare le sfide del futuro. E serve una forte azione politica conservatrice anche qui per dare voce soprattutto alle aree rurali e a chi produce ciò che è necessario per il sostentamento della propria nazione e di tutta Europa”, ha detto il capodelegazione di FdI-Ecr al Parlamento europeo Carlo Fidanza. “Agricoltori, allevatori e pescatori rischiano di pagare un prezzo altissimo alle follie ideologiche che hanno animato il Green Deal dell’Unione europea, che penalizza i produttori con obiettivi di riduzione delle emissioni che non potranno che diminuire la produzione di cibo. Una minore produzione di cibo che non potrà che essere sostituita nel medio periodo con maggiori importazioni da paesi che non rispettano le nostre norme di sostenibilità e di qualità, oppure con prodotti di laboratorio sui quali non abbiamo alcuna certezza. Non è il nostro modello”. “In questi 4 anni e mezzo abbiamo combattuto aspre battaglie per difendere il nostro modello di agricoltura. E ancora di più – ha concluso Fidanza – dovremo farlo dopo le prossime elezioni nelle quali contiamo di avere a Bruxelles un Ecr sempre più forte”.
Con quattro sessioni di lavoro, 20 parlamentari da tutta Europa, 16 rappresentanze di diversi Stati, con protagonisti il commissario Ue all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, e il ministro italiano, Francesco Lollobrigida, moderati dal deputato di FdI e segretario generale di Ecr, Antonio Giordano, sono i numeri di “Tradizione e innovazione: un futuro conservatore per gli agricoltori europei”, convegno organizzato a Kilkenny, in Irlanda, dall’Ecr.
Importante il contributo dei parlamentari italiani di FdI, relatori in ciascuno dei quattro panel dedicati ad approfondimenti tecnici e politici sulle maggiori sfide che si pongono per un’agricoltura moderna, che sappia conciliare l’innovazione con la tutela della tradizione. Intervenendo alla sessione sulla Green economy, il presidente della Commissione Ambiente e Attività produttive della Camera, Mauro Rotelli, ha parlato della “indagine conoscitiva sulla produzione di energia nucleare” già in cantiere in Commissione per riaprire, “spero già prima della fine dell’anno”, il dibattito italiano sul tema. “Contemporaneamente – ha aggiunto Rotelli – c’è anche la proposta sulla logistica per il deposito delle scorie nucleari, che noi non abbiamo ancora fatto e dobbiamo fare, altrimenti andiamo in infrazione e sono due cose strettamente collegate”. Sul tema, ha spiegato il presidente della Commissione Ambiente, c’è “una proposta di legge, già incardinata nella nostra Commissione, a prima firma Molinari”, ma è possibile che ci sia un intervento “del governo”.
Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura del Senato, nel corso del dibattito su “Una soluzione conservatrice per politiche pragmatiche e sostenibili per l’allevamento”, ha avvertito che fra le molte sfide che l’agricoltura dovrà affrontare “nel giro di pochissimi anni” c’è quella di “riuscire a dar da mangiare a 10 miliardi di persone”. “Lo si farà – ha chiarito – solo producendo di più e producendo meglio. Non è smettere di produrre o abbandonarsi al cibo sintetico o ai grilli la soluzione di questo problema. È, invece – ha sottolineato De Carlo – riuscire a attraverso la tecnologia, la scienza, la tecnica e soprattutto tanta ricerca a produrre di più, meglio e nel rispetto dell’ambiente”.
Si è soffermata poi sul ruolo sempre più di primo piano che i Conservatori hanno e avranno in Europa Ylenja Lucaselli, capogruppo di FdI in Commissione Bilancio a Montecitorio. “Inevitabilmente diventerà centrale, non soltanto per i numeri di tutti i gruppi parlamentari che hanno deciso di entrare a far parte di questa famiglia politica, ma anche perché quello che diciamo da tanto tempo è oggi un’esigenza trasversale e comune a tutte le nazioni europee: fare in modo che l’Europa si occupi dei temi veramente importanti e centrali per le singole nazioni mantenendo però la libertà per i singoli Stati di decidere autonomamente sulle proprie specificità”, ha spiegato la parlamentare, intervenuta al panel sulla riforma delle politiche agricole europee. “Il gruppo dei Conservatori guarda al futuro con ottimismo, pensando però ad un nuovo modello di Europa che sino a questo momento purtroppo evidentemente ha fallito sotto tantissimi profili”, ha proseguito, sottolineando che “lo abbiamo visto durante l’inizio del conflitto in Ucraina, lo abbiamo visto anche adesso nei confronti di quello che sta accadendo in Israele. Un’Europa che va separata – ha avvertito Lucaselli – non avrà mai la forza necessaria né per riprendere autorevolezza al di fuori dei propri confini né per imporre regole all’interno dei suoi confini”.
Del fatto che il futuro dell’Europa “è conservatore” si è detto certo anche il presidente della Commissione Finanze della Camera, Marco Osnato. “Noi ci auguriamo che, partendo dall’Italia, i risultati arrivino e che questo entusiasmo proveniente dall’Italia coinvolga altri Stati membri”, ha detto nel corso della sessione su “Un’alternativa conservatrice per il futuro degli agricoltori europei”. “Noi – ha aggiunto – crediamo che l’Europa debba ritrovare un suo ruolo nel futuro, perché lo ha perso in questi anni rispetto ad altre dinamiche nella geopolitica internazionale. Ha una difficoltà chiara rispetto ad altre realtà perché non ha materie prime, non ha un mercato interno particolarmente ampio, non ha una difesa comune e neanche una politica estera consolidata per gli Stati membri. Come si può ritrovare un ruolo all’interno dello scacchiere internazionale? Lo si può ritrovare perché alcune forze politiche, quelle conservatrici, hanno una idea di tradizione, di valori, anche se vogliamo di spiritualità, molto più forte che permettono di avere basi molto più solide sulle quali costruire l’Europa senza pregiudicare le peculiarità degli Stati membri”.
Anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, intervenuto allo stesso panel, ha manifestato la convinzione che “il miracolo italiano sia a portata di mano “anche a Strasburgo e a Bruxelles”.
Anche un voto in più delle politiche, a un anno dal voto e con due guerre e la crisi economica nel mezzo, sarebbe un successo, sono convinti gli esponenti del partito italiano. E certo, il ragionamento ricorrente, un impegno in prima personadi Meloni porterebbe a Fdi “almeno due-tre punti in più”. Che farebbero comodo. Ma la leader starebbe ancora riflettendo suipro e i contro di una candidatura mentre è in carica come premier, scelta per cui aveva optato a suo tempo Silvio Berlusconi, ancora intenzionato a farlo fino all’ultimo, peraltro, secondo il racconto della compagna Marta Fascina.
La candidatura, sostiene chi vorrebbe vedere Meloni scritto sulla scheda, sarebbe galvanizzante per la stessa premier, chevive ancora “la luna di miele”, come ha dimostrato il “bagno difolla” di qualche settimana fa a Coldiretti, si ricorda nei capannelli. Anche se aprirebbe il problema della rappresentanza delle donne, per l’alternanza prevista anche dalle regole per le europee, visto che solo l’1% di chi si reca alle urne, sottolinea un esperto dei meccanismi elettorali, esprime le tre preferenze. Ma la candidatura, il controcanto di chi è più cauto, esporrebbe ancora di più la premier al tour de force della campagna elettorale, mentre è impegnata su un fronte internazionale sempre più incandescente e sull’attività di governo. Ma anche alle “strumentalizzazioni” e alle “polemiche”.
La scelta – che tra l’altro potrebbe mettere a confronto direttoi leader del centrodestra, visto il sistema proporzionale, se optassero per la candidatura anche Matteo Salvini e Antonio Tajani – potrebbe arrivare “a gennaio”, dicono da Fdi, e comunque non prima di avere chiuso la manovra. In ogni caso, il pensiero comune, scavallate “discretamente” le europee “si arriva fino a fine legislatura”.
“Durante questi anni abbiamo dovuto combattere in ogni sede per difendere un modello di cultura che passa per l’agricoltura, l’agroalimentare e la pesca da un’Europa che ha vissuto di alcune certezze dimenticando che il modello green passa per il miglioramento dell’ambiente. La desertificazione non tutela l’ambiente, lo peggiora”, ha ricordato Lollobrigida, tornando sul tema della funzione regolatrice dell’uomo e dell’agricoltura e ricordando che “negli ultimi 30 anni abbiamo perso il 30% delle aziende agricole e il 35% della marineria. Serve una alleanza col mondo produttivo, per questo presentiamo un documento, a cui ha già aderito l’Austria, che prefigura un mondo agricolo con funzioni di bio-regolatore. Un custode dell’ambiente e della biodiversità animale che tuttavia dovrà avere il coraggio di ridurre quegli animali, dal granchio blu ai cinghiali, che hanno superato il limite di presenza”. Sugli obiettivi della riduzione della chimica in campo, per Lollobrigida, “riduzione sì degli agrofarmaci, ma compatibilmente con gli obiettivi di produzione e di redditività. Accanto a questo servono investimenti in ricerca e l’Italia è all’avanguardia sulle tecnologie avanzate. Per lo sviluppo – ha sottolineato ancora il ministro – bisogna partire dalle soluzioni alternative e innovative e non dalle mere posizioni politiche. Se pensiamo di ridurre i nostri consumi di suolo, domani dovremmo acquistare derrate agricole da Paesi che non rispettano i vincoli e i parametri qualitativi che invece imponiamo ai nostri contadini”.
Lollobrigida, auspicando un ripensamento dell’Irlanda sulle etichette che criminalizzano il vino, ha ricordato che “dal 16 novembre l’Italia sarà la prima nazione libera dal cibo sintetico”. Lunedì, infatti, alla Camera inizia la discussione sulle carni sintetiche con l’ultimo passaggio parlamentare della legge che “porterà all’approvazione definitiva della nostra norma che impedirà la produzione, l’importazione e la commercializzazione di prodotti realizzati in laboratorio”. “L’Italia ha scelto di essere la prima nazione libera da cibo sintetico e – ha sottolineato Lollobrigida – vuole essere di esempio su come si possa normare. Abbiamo scelto il principio di precauzione, ma ci sono anche altre ragioni che ci spingono a contrastare in maniera ferma la tutele dell’ambiente senza agricoltura. L’elemento della qualità del cibo è fondante, e non può essere d’accordo su una società divisa in due, con cibo di qualità prodotto solo per una elite di ricchi, nella convinzione – ha concluso il ministro – che tutti debbano essere in grado di mangiare bene”.
La “carne sintetica non è carne, il latte sintetico non è latte, io difendo il prodotto naturale e usare il nome del prodotto naturale per quello sintetico secondo me non è un passo nella giusta direzione”, ha detto anche Wojciechowski, spiegando che “la posizione della Commissione non è quella di ridurre la produzione di carne o gli allevamenti, basta guardare le misure a favore degli allevamenti nei piani strategici Pac, come per esempio il sostegno al benessere animale, cui dedichiamo oltre 6 miliardi di euro”. “Io proteggo molto fortemente i prodotti naturali, il sistema di etichettatura non dipende da me, ma cerco ci proteggere la tradizione”, ha concluso il Commissario Ue.