Editoria e Anzaldi (Iv): “Le tv saccheggiano la stampa, almeno paghino”

Per il mondo dell’editoria – e la pandemia sta dando il colpo di grazia – la crisi è drammatica. Meno copie vendute, lettori in fuga verso il web free e i social, e pubblicità in continua frenata. A questo si aggiunga il dissesto della professione giornalistica e il collasso dell’Inpgi, istituto di previdenza alle prese con un passivo da brividi. Come uscirne? Un’idea sul tavolo l’ha appena lanciata il deputato Michele Anzaldi (Italia Viva). Il 2 marzo scorso ha presentato una proposta di legge alla Camera per modificare la legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di opere protette dal diritto d’autore. Un testo che vuole considerare tra le opere protette anche gli articoli giornalistici includendoli automaticamente tra le opere per le quali è previsto il pagamento alla Siae per l’apposizione del contrassegno sull’opera a richiesta dell’autore. Non solo, nel testo si prevede anche che le attività riguardanti opere giornalistiche pubblicate su quotidiani o riviste, ove effettuate da emittenti radiofoniche e televisive, sono consentite esclusivamente previo versamento ad un apposito Fondo per la tutela del giornalismo di una somma forfettaria, il cui importo è definito mediante apposito tariffario adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base di accordi tra la Siae e le associazioni di categoria interessate.

“Tutte le tv – ha premesso il deputato di Italia Viva – dovrebbero pagare per l’utilizzo degli articoli, è chiaro che la differenza la faranno sia il fatturato dei broadcaster sia il numero di Testate giornalistiche e di programmi d’informazione che hanno in pancia. Ma lo scopo della mia iniziativa non è decidere in solitudine con quali dettagli farcire questa proposta di legge. Il mio è uno spunto di lavoro che deve mettere intorno al tavolo il governo, i partiti, i sindacati, l’Ordine professionale e tutti i soggetti coinvolti. Non mi interessa metterci il cappello ma aggiornare una legge sul diritto d’autore ampiamente superata dagli eventi”. Facciamo un esempio? “È cambiato il mondo e non solo per l’avvento del web. Adesso tutti in tv – anche come linea editoriale – vogliono arrivare dopo. Saccheggiano i giornali, non rischiano querele e non faticano. Ma almeno paghino…”. Quindi il modello è quello della musica? “Nessuno si lamenta di pagare la Siae, tv e radio lo facciano anche con gli articolo dei giornalisti”. Dove andrebbero questi soldi e come verrebbero divisi? “Questo lo deciderebbe il Tesoro in accordo con l’Ordine dei giornalisti. Ma è evidente che questi soldi – ha concluso Anzaldi – potrebbero servire ad esempio per ripianare l’Inpgi. Ma distribuiti alle Testate potrebbero anche evitare i licenziamenti, incentivare assunzioni e combattere il precariato nelle redazioni”. Un modo per spenderli si trova, prima bisogna incassarli…

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