A nove mesi dalla caduta del regime di Hosni Mubarak, gli egiziani sono chiamati alle urne per eleggere i rappresentati della Camera bassa. Dopo le elezioni in Tunisia e Marocco, l’Egitto è il terzo Paese a rinnovare i propri rappresentanti politici dopo la “primavera araba” che ha attraversato tutto il Nord- Africa e parte del Medio Oriente. Circa 45 sono i milioni di elettori che dovranno scegliere i 508 nuovi deputati. Oltre 50 i partiti politici in lizza, insieme a migliaia di candidati che concorrono come forze indipendenti. Alle 8 del mattino ora locale, le7 inItalia, sono cominciate le operazioni di voto. Si tratta solo della prima tappa di un lungo iter elettorale che si protrarrà per i prossimi quattro mesi, fino al marzo 2012. Al voto le principali città dell’Egitto, tra cui Il Cairo, Alessandria, Assiut, Port Said e Luxor.
Sin dalle prime ore di questa mattina si sono formate lunghe code davanti a tutti i seggi. Ma più della notevole affluenza, a colpire la stampa internazionale è stata la massiccia presenza femminile, che nelle scorse elezioni, di fatto, non ha avuto alcuna possibilità di influenzare il panorama politico nazionale. I giorni scorsi hanno visto una nuova ondata di manifestazioni in piazza Tahrir, in cui sono morte almeno 41 persone e altre 3000 sono state ferite. Gli attivisti chiedevano la destituzione del potere militare e l’avvento di un governo civile. Le proteste hanno costretto il consiglio militare a promettere un esecutivo civile entro luglio, dopo il voto per il rinnovo del Parlamento e le elezioni presidenziali. I deputati eletti avranno il compito di nominare una commissione incaricata di redigere una nuova Costituzione, una tappa decisiva nella delicata transizione del Paese verso la democrazia promessa dopo la rivolta popolare. Si tratta, questo, di un test importante, a seguito delle manifestazioni del febbraio scorso. Sul banco di prova viene messa la capacità degli egiziani di scegliere democraticamente i propri rappresentanti, dopo decenni di imposizioni da parte del regime del rais. Durante il governo di Mubarak, le elezioni venivano truccate e il suo schieramento, il Partito nazionale democratico, otteneva ogni volta una schiacciante maggioranza in Parlamento. Dopo la caduta del rais, sono nati molti partiti politici. Tuttavia, in questi primi mesi del post- Mubarak, non si è verificato ancora alcun cambiamento significativo nello scenario politico egiziano. L’esercito è stato più concentrato a conservare il potere e i propri privilegi che a favorire una trasformazione democratica. Per queste ragioni la frustrazione popolare si è espressa, la scorsa settimana, in una serie di sanguinose proteste. Difficili sono le previsioni sui risultati. Si crede che a raccogliere la maggioranza dei consensi saranno i Fratelli Musulmani, banditi sotto Mubarak. Ma ci si attende anche che islamisti, partiti laici e gruppi rappresentativi del vecchio regime riescano ad ottenere seggi, con la prospettiva di un parlamento altamente frammentato e ideologicamente diviso. Violenze e crisi politica stanno dunque offuscando il grande appuntamento democratico nel Paese più popoloso del mondo arabo.
Maria Teresa Nunziata