Domenica delle Palme di sangue e di morte in Egitto. I kamikaze dell’Isis hanno fatto strage di cristiani copti in due chiese: a Tanta, a nord del Cairo, e ad Alessandria, lasciando sul terreno almeno 47 morti e 126 feriti. Un massacro che ha fatto ripiombare l’Egitto militarizzato di al Sisi nell’incubo terrorismo del Califfato nero a tre settimane dalla visita del Papa e in una giornata fortemente simbolica per tutto il mondo cristiano. Erano in duemila nella chiesa Mar Girgis di Tanta, sul delta del Nilo, a seguire le celebrazioni quando, in un attimo, si è scatenato l’inferno.
In un giorno che per i cattolici dovrebbe essere caratterizzato dalla serenità, il terrorismo fa strage in un lungo simbolo, a Tanta. Una esplosione nella Chiesa copta Mar Girgirs, almeno venticinque morti (ma il bilancio potrebbe essere più grave, con alcuni media che inizialmente hanno parlato di una quarantina di persone uccise). Numerosi i feriti, una settantina.Il luogo dell’attentato è stato circondato dalle forze di sicurezza. Tanta è una città a nord del Cairo, famosa per i suoi dolci utilizzati soprattutto in una festa. I copti in Egitto sono il 10 per cento della popolazione.
Il Cairo si è svegliata con visibili effetti dello Stato di emergenza decretato ieri sera dal presidente Abdel Fattah Al Sisi dopo le bombe. I pendolari stamattina hanno fare una lunga deviazione per aggirare il ponte ‘6 Ottobre’ chiuso al traffico. A Zamalek, il già superprotetto l’isolotto sul Nilo, ‘centro del centro’ della città, una trafficata via che passa davanti alla chiesa copta della Vergine Maria stamattina era chiusa. Anche altrove si notano misure di sicurezza rafforzate davanti a hotel, edifici pubblici e alla centralissima piazza Tahrir. Militari con passamontagna sono vicini all’ambasciata britannica, sempre molto protetta anche con sbarramenti in cemento ma raramente in maniera così appariscente. La Presidenza della repubblica ha annunciato un lutto nazionale di tre giorni, riferisce sempre Al Ahram.
Un’esplosione vicino all’altare ha squassato l’edificio e divelto i banchi. Al posto dei fedeli in preghiera, decine di corpi senza vita – 27 – sul pavimento bianco macchiato di sangue e, intorno, i lamenti dei feriti. In un primo momento si è pensato a una bomba azionata a distanza, ma dopo il ritrovamento dei resti dilaniati di un uomo si è fatta strada l’ipotesi di un kamikaze. Erano le 10 del mattino e mentre il bilancio delle vittime saliva e cominciavano ad arrivare le prime reazioni inorridite, la notizia di un secondo attacco: questa volta ad Alessandria, ‘capitale’ della chiesa copta, sul sagrato della chiesa di San Marco. Quando il terrorista si è trovato davanti gli addetti alla sicurezza è tornato indietro, si è avvicinato al metal detector e si è fatto esplodere nei pressi dell’entrata. Almeno 18 i morti e una quarantina i feriti.
Il patriarca copto Tawadros II, capo di otto milioni di cristiani egiziani, aveva appena finito di celebrare la messa. Secondo alcune fonti, aveva lasciato la chiesa, secondo altre si trovava ancora all’interno. E’ lui, oltre al presidente al Sisi e al grande imam di al-Azhar, Ahmed al Tayyib, che papa Francesco incontrerà nella prossima visita in Egitto, il 28 e 29 aprile, nella prosecuzione di quel dialogo cominciato nel 1973 con il primo incontro, dopo 15 secoli, tra Paolo VI e l’allora patriarca Shenuda III. Ed è a lui che il pontefice si è rivolto durante l’Angelus, quando è stato informato del primo attentato.
E Israele ha chiuso con effetto immediato il valico di confine di Taba con l’Egitto per timore di possibili attacchi contro israeliani dopo gli attentati di ieri. Gli israeliani non potranno così passare la frontiera, che resterà chiusa fino alla fine della settimana di Pasqua ebraica, e sono stati invitati a rientrare immediatamente in patria qualora si trovassero nella penisola del Sinai.
Il momento dell’esplosione davanti alla chiesa di San Marco ad Alessandria
Al mio fratello papa Tawadros II e a tutta la nazione egiziana, ha detto Francesco, esprimo il mio profondo cordoglio, sono vicino ai familiari e alla comunità, il Signore converta i cuori delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi.
Parole di pace attraverso il Mediterraneo seguite, a stretto giro, dalle parole di odio dell’Isis rimbalzate attraverso l’Amaq, l’agenzia dello Stato islamico, che ha rivendicato gli attacchi alle chiese. Un problema grosso per al Sisi, che vede ancora una volta rimessa in discussione dai fatti quella sicurezza che aveva ripetutamente garantito agli egiziani al prezzo, alto, di una militarizzazione del Paese.
E contro i vertici del Cairo, nonostante l’arresto di due persone che sembrano coinvolte nell’attacco a Tanta, è esplosa l’ira della gente davanti alla chiesa: ‘Il governo non ci protegge’, hanno urlato di fronte all’imponente barriera di forze di sicurezza arrivate troppo tardi, sebbene fossero riuscite a disinnescare due ordigni esplosivi nella moschea Sidi Abdel Rahim di Tanta. Sisi in serata ha ordinato il dispiegamento di unità speciali dell’esercito per garantire la sicurezza nei luoghi più sensibili dell’Egitto, ha riferito l’agenzia Mena citando il portavoce presidenziale, l’ambasciatore Alaa Youssef. Tanto più che gli attentatori sono egiziani, come ha tenuto a precisare l’Isis ancora una volta attraverso l’Amaq. Il nome di ‘battaglia’ dell’attentatore di Alessandria è Abu al-Baraa al-Masri (l’egiziano) quello di Tanta, Abu Isaac al-Masri.
Il presidente egiziano, comunque, ha incassato la solidarietà dei paesi europei, dall’Italia alla Germania, alla Francia, e degli Usa, della Turchia e quella ‘bipartisan’ di Israele e Palestina.