Quirinale' Palace switched-off for the initiative called "M'illumino di meno" (lit. Iluminate less), as a campaign of awareness on energy consumption, in Rome, Italy, 23 February 2018. ANSA/ PRESS OFFICE QUIRINALE/ FRANCESCO AMMENDOLA +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++

Elezioni: dal governo di scopo a quello del presidente

 Il barometro del primo giorno di consultazioni del Presidente della Repubblica sul governo non consente ancora di poter prevedere il sereno sulla strada della formazione di un esecutivo. Né passi avanti arrivano in vista degli incontri clou di domani tra Sergio Mattarella e i partiti che potrebbero dare vita ad una maggioranza.

L’incrocio di veti paralizza il dialogo tra le forze potenzialmente in grado di esprimere un esecutivo nonostante lo sforzo mostrato dai 5 Stelle di presentarsi al Colle, come chiesto dal Capo dello Stato, con una proposta di accordo in grado di tracciare almeno una soluzione percorribile.

Il ‘dicktat’ posto da Di Maio su Fi e sul Cavaliere blocca quel segnale che avrebbe potuto da subito agevolare il dialogo tra il M5s e la Lega sulla scorta della sottoscrizione di un contratto di programma alla tedesca.

Non solo i forzisti ma anche il Carroccio devono fare muro difendendo il nome di Silvio Berlusconi. Quest’ultimo non può che confermare la sua presenza alla guida della delegazione azzurra che salirà al Quirinale.

‘Scorporare la Lega da Fi per renderla subalterna al M5S è un sogno irrealizzabile’,  taglia corto il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani che giudica puerili e antidemocratici gli attacchi del leader M5s a Berlusconi e conferma: non sarò io a salire al Colle.  E parla di richiesta di tradimenti inaccettabili anche il capogruppo della Lega a Montecitorio, Giancarlo Giorgetti che avverte: ‘veti e pregiudizi portano solo di nuovo a votare”. Conferma tuttavia come prioritario il dialogo con il M5s anche se a partire dal programma del centrodestra. Ed è ottimista: siamo in una fase nuova, dagli esiti imprevedibili.

‘Speriamo di poter incontrare il prima possibile i due partiti per capire quali siano le loro proposte, e per capire con chi si possa iniziare a scrivere questo contratto, scrive in un post Luigi Di Maio,  poi mettiamolo in pratica. Vogliamo metterci subito al lavoro per far partire la Terza Repubblica che deve essere e sarà la Repubblica dei cittadini.

Si continua a trattare sottotraccia. Su più temi e su più fronti, anche quello delle nomine. Il leader M5s mantiene dritta la barra sulla sua proposta ma smorza i toni. Continua a proporre il suo ‘contratto’ di governo anche al Pd pur sapendo che in questa fase resta un’ipotesi irrealizzabile, sollecita dem e Carroccio a decidere da che parte stare e invita Salvini a scegliere se rimanere ancorato al passato e a Silvio Berlusconi, un uomo,  dice scegliendo con cura parole non offensive , che ha già avuto la possibilità di cambiare l’Italia ma non lo ha fatto.

Ma chiede anche di fare presto a vedere le controparti: ‘Speriamo di poter incontrare il prima possibile i due partiti, per metterci subito al lavoro. Il secondo forno aperto con il Pd però non si scalda. Il veto posto su Matteo Renzi non può che irrigidire il partito. Il renziano Ettore Rosato avverte: ‘Di Maio si rivolge al Pd per aumentare il potere contrattuale con la Lega. E’ un teatrino e non una premessa per un incontro. Ma un esponente della minoranza come Francesco Boccia non chiude: è ancora troppo presto per dare una risposta al M5s ma allo stesso modo blocca chi nel Pd guarda alla nascita del governo dei perdenti. I partiti vincenti, invece, continuano intanto ad accordarsi in Parlamento dando in modo plastico una dimostrazione che un asse tra 5 stelle e centrodestra è possibile. Dopo le intese sulle presidenze e sugli uffici di presidenza di Camera e Senato Forza Italia ha votato un 5 Stelle alla Presidenza della Commissione speciale di palazzo Madama. ‘Abbiamo votato per Vito Crimi (M5s) presidente secondo gli accordi presi e loro hanno votato come vice presidente il nostro Giacomo Caliendo, spiega il senatore azzurro Lucio Malan.

Governo tecnico, di scopo, di minoranza, del presidente. Sono molte le formule e le sfumature che vengono citate, anche dai protagonisti politici, dato che le urne hanno consegnato un Parlamento senza una chiara maggioranza.  Diverse sono le vie percorribili per il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Qualora emergesse una difficoltà a dare vita ad una maggioranza stabile, il presidente della Repubblica potrebbe scegliere di dare a un ‘esploratore’ ad esempio uno dei presidenti delle Camere,  il compito di lavorare per facilitare l’emergere di una soluzione di governo. Lo stesso ‘esploratore’ potrebbe ricevere in un secondo momento l’incarico di formare un governo.

Una seconda ipotesi è quella in cui sia lo stesso presidente a scendere in campo in questo ruolo di mediazione per un ‘Governo del presidente’. E’ ciò che avvenne per Napolitano con il governo di Enrico Letta.

Un governo che era anche delle ‘Large intese’,  sostenuto (fino alla ricomposizione di Forza Italia) da forze politiche storicamente in contrasto tra di loro: Pd, Pdl, Sc e Udc. Le larghe intese per ora, almeno sulla carta, escluse da tutti, si potrebbero realizzare nel caso di una intesa per un governo Pd-Fi, M5s-Lega-Fdi o ancora Pd-M5s-LeU.

Altra ipotesi, forse più complessa, è quella alla quale sembrerebbe alludere il MoVimento Cinquestelle quando si dice pronto a un confronto a partire dal giorno dopo le elezioni, quella cioé di un ‘Governo di minoranza’, con le alleanze (variabili) che vengono trovate provvedimento per provvedimento. Questo tipo di governo, frequente nei Paesi nordici ma anche in Spagna, è secondo diversi costituzionalisti complicato dall’obbligatorietà, che non c’è in tutti i Paesi, del passaggio della fiducia in Parlamento dopo la nomina del capo del governo.

Oltre allo scioglimento diretto delle Camere, c’è l’ipotesi, poi, molto citata in questi giorni, di un ‘Governo di scopo’ con l’obiettivo della modifica della legge elettorale.

Altra formula possibile è quella del ‘Governo tecnico’,  come avvenne nel caso del governo Monti, ovvero dell’incarico a una personalità esterna.

Il capo dello Stato, una volta terminate le consultazioni, potrà inoltre scegliere se dare un ‘Pre-incarico’ a qualcuno, come avvenne nel caso di Pier Luigi Bersani, per verificare la possibilità di formare un governo ma prima dell’incarico vero e proprio. Oppure un ‘Incarico pieno’ che consente all’incaricato di presentare la lista dei ministri e poi provare a ottenere la fiducia.

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